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DISEGNI e SCRITTE MURARIE sull’INTONACO del REPARTO di PSICHIATRIA di PISA

  • April 28, 2021 3:59 pm

Disegni e scritte murali sull’intonaco del muro del reparto di psichiatria SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa donato dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

In seguito alla ristrutturazione del reparto di psichiatria dellOspedale santa Chiara di Pisa è stato rimosso, e gettato nellimmondizia, lintonaco che andava a rivestire le pareti della stanza ricreativadove è permesso fumare (fig. 1-7). Lintonaco, la cui superficie è rivestita in lineolum, è stato trovato, recuperato e donato al collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud.

È stato staccato dal muro a luglio 2020. L’attuale SPDC ha aperto nel 2013 ma non sappiamo quantificare con precisione a quali anni risalgano le scritte. Ipotizziamo che il muro sia stato scritto e cancellato più volte, e che queste scritte arrivate a noi possano avere all’incirca tre o quattro anni; vi sono riportate delle date del 2016 e del 2017.

L’intonaco va inserirsi nel contesto dell’Arte Ir-ritata, che raccoglie in sè linguaggi e manifestazioni espressivi prodotti da persone che si trovano costrette e obbligate in contesti istituzionali di reclusione, mortificanti e afflittivi (il carcere, un reparto o un istituto psichiatrico ecc).

Per dirla con le parole di Antonin Artaud, a cui il collettivo si inspira, l’atto creativo rappresenta per l’autore una risorsa vitale e per la società il documento significativo di una relazione non acquiescente a una condizione mortificante.1

Il primo pezzo di intonaco esaminato è alto 1,91m e largo 1, 90m (fig.1-5); presenta vari scarabocchi, messaggi, poesie, citazioni, scritte e diversi disegni. Ci sono anche delle frasi d’amore, alcune date, delle richieste d’aiuto e delle imprecazioni. Su un lato c’è scritto di colore verde “vorrei ma non posso” a cui è stato aggiunto successivamente in nero “uscire”. C’è la citazione “ti scrivo questa lettera perché non so parlare, perdona la calligrafia da prima elementare né mi stupisco se provo ancora un’emozione ma la colpa è della mia mano che non smette di tremare”.2 C’è un disegno raffigurante un alieno con un palloncino con scritto: “ when i was a kid i always hoped the alien who found my ballons was happy” (traduzione: da bambino speravo sempre che l’alieno che trovava i miei palloncini fosse felice “), altri disegni presenti sono tre facce, una mucca con dei fiori e degli occhi.

Il secondo pezzo d’intonaco rinvenuto è largo 5,80 m e alto 1,91 (fig.6-7) ed è segnato solo nella parte superiore, pensiamo che sotto c’erano le panchine sulle quali gli internati potevano sedersi. Anche in questo ci sono disegni, molto belli, di persone, visi di donna, di bambine, di pesci, di uccelli, oltre che scritte con invocazioni, offese, motti, imprecazioni, citazioni, poesie, slogan, graffiti e molti scarabocchi. Abbiamo notato che nessuno di questi si sovrappone agli altri, nessuna scritta va a coprire un’altra, alcune scritte sono state aggiunte vicino ad altre, dando ulteriore valore alle prime. Ci sono richieste di aiuto e di uscire, di non essere obbligati a prendere psicofarmaci e di non essere considerati cartelle cliniche ma persone. Ci sono invocazioni alla libertà, slogan e scritte politiche come “stop omofobia” e anche scritte da stadio.

Varie sono le citazioni che ci hanno colpito: “la pazzia è relativa, chi stabilisce la normalità” di Charles Bukowski. Un altra citazione è: “un’ape non è impaurita da me, conosco la farfalla. Il grazioso popolo dei boschi mi riceve cordialmente, i ruscelli ridono più forte quando arrivo, più folle giocano le brezze, perché il tuo argento mi appanna la vista, perché oh giorno d’estate” tratta da una poesia di Emily Dickinson. Ci sono anche delle poesie di Baudelaire e di Walt Whitman, molte citazioni e disegni recano la firma Sil. Ipotizziamo che l’autore avesse potuto avere con sé uno strumento, forse il telefono, dove leggere e trovare queste citazioni. Sono citazioni colte tratte da poeti e scrittori famosi, come una voglia di ispirarsi alla poesia.

Nel complesso alcuni disegni sono molto ben fatti, tipo una “bambina fra le stelle” ben realizzata. C’è un disegno raffigurante quattro triangoli, simboli dei 4 elementi con sotto una specie di corpo in viola (fig.8). Nella teoria della Globalità dei linguaggi3, che riprende la simbologia di Goethe, il colore viola simboleggia l’urgenza di esprimersi.

Ci sono quattro occhi disegnati che sono sbarrati, cancellati, con delle x nere (fig.9), i quali crediamo possano prestarsi almeno a due, fra le varie, letture. La prima è che l’occhio possa simboleggiare il controllo, il fatto di essere osservati, controllati, di conseguenza la sua negazione, attraverso le croci, crediamo possa essere espressione di ribellione nei confronti del controllo, forse l’istituzione ospitante stessa. Dato che non è certo che gli occhi e le croci siano state realizzate dalla medesima mano, un’altra lettura possibile è che la cancellatura possa esprimere un atto di prepotenza, uno sgarbo; nella street art questa pratica è, appunto, detta crossing.

C’è una poesia che ci ha colpito molto sul tempo, sullo scorrere di esso; immaginiamo che in un reparto psichiatrico il tempo sia molto rallentato:

scorre il tempo, scorre come nuvole di ovatta, amalgamando di sorrisi corpi vuoti come gusci di noce, occhi persi nello sguardo sulla realtà scandita dal filo di fumo di quella sigaretta fuori il tempo” (fig.10).

Poesia in tedesco è dichtung, parola che significa appunto ingannare il tempo, attraverso la poesia si inganna il tempo.

Sulla questione delle sigarette troviamo una scritta un po’ più in alto rispetto alla poesia: “fammi fumare per favore!”. Occorre a questo punto aprire una piccola parentesi sulla gestione delle sigarette, un dispositivo che si ritrova spesso in luoghi come le istituzioni totali. Il tempo dentro al reparto di psichiatria è scandito da una sigaretta. La sigaretta serve a scandire il tempo, come dice la poesia, è l’unica cosa che scandisce il tempo. Ha un’ importanza fondamentale per le persone recluse, gli infermieri lo sanno bene e usano la sigaretta come punizione o come premio. Le sigarette sono gestite esclusivamente da loro. In alcune comunità terapeutiche psichiatriche o per tossicodipendenti se la persona si comporta bene le mantengono le sigarette che le spettano, ma se si comporta male, secondo lo staff che dirige queste comunità, per punizione gliele tolgono4. Ci sono persone che non fumano iniziano a fumare dentro il reparto, per poi smettere una volta uscite. Fumare in luoghi chiusi è un metodo contro la noia, come elemento di di socialità e per scandire il tempo. Quando siamo andati in quel reparto psichiatrico di Pisa abbiamo visto varie volte il rito della sigaretta: l’infermiera con in mano un pacchetto e davanti a lei, in fila come delle galline, tutti i pazienti in attesa, l’infermiera distribuisce ad ognuno una sigaretta e poi l’accende una per una e le persone vanno nella stanza fumatori (fig.11).

Registriamo una forte urgenza ad esprimersi, sentita da persone che, nonostante si trovino rinchiuse all’interno di un reparto psichiatrico, hanno una spinta, un bisogno a manifestare e condividere la propria esperienza ed esistenza, come per affermare “ci sono, sono vivo, esisto”. Consapevoli di stare attraversando un momento delicato della propria vita , un momento che richiede un guizzo creativo, una spinta alla creazione di una diversa e nuova narrazione di sé.5

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

1Valentino N.,L’Arte Ir-ritata, Sensibili alle Foglie, Roma, 2017

2Dalla canzone “Ti regalerò una rosa” di Simone Cristicchi

3 S. Guerra Lisi, G. Stefani, Globalità dei Linguaggi – Manuale di MusicArterapia, Carrocci Faber, Roma, 2006

4 N.Valentino, La Contessina (a cura di), Sensibili alle foglie, Roma, 2012

5 N. Valentino,L’Arte Ir-ritata, op. cit.

 

Ala (Trento): GLI UNICI ALIENI SONO I CARABINIERI

  • April 27, 2021 11:43 pm
riceviamo e pubblichiamo:
Ala (Trento): GLI UNICI ALIENI SONO I CARABINIERI
Ala (Trento), 9 aprile 2021: i carabinieri inseguono fin sotto casa un
uomo, reo di non essersi fermato a un posto di blocco. L’uomo reagisce e i carabinieri gli sparano. Così perde la vita Matteo Tenni, di 44 anni. La vicenda sarebbe già di per sé agghiacciante. Tuttavia, nello specifico, l’episodio è aggravato dal fatto di svolgersi in un paese di poche migliaia di abitanti, in cui le forze dell’ordine conoscevano bene l’uomo in questione e sapevano benissimo che era seguito dai servizi psichiatrici…

COMUNICATO: sui FATTI del REPARTO di PSICHIATRIA di LIVORNO

  • April 22, 2021 9:43 pm

<<Le nostre strade sono sconnesse,

I nostri figli ridotti in schiavitù ,

i nostri cuori senza amore.

Ho paura di restare.>>

Terra de Bandidos di Elena Casetto

Dopo aver appreso dalla stampa della morte di un paziente ricoverato nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Livorno, il collettivo Antonin Artaud di Pisa, attivo da quindici anni nell’ascolto e nella vicinanza nei confronti di chi ha subito e vissuto lo stigma della malattia mentale, che troppo spesso si traduce in abusi anche durante il proprio percorso terapeutico, esprime cordoglio e vicinanza alla famiglia e agli affetti più cari. Il nostro augurio è quello che su questa vicenda, di cui alcuni aspetti non sono affatto chiari, si possa fare luce quanto prima.

Abbiamo deciso di aprire questo nostro intervento partendo da un componimento poetico, già premiato, di Elena Casetto. Il 13 agosto 2019, nel reparto psichiatrico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è divampato un incendio di cui non si conoscono ancora le cause. Elena, che aveva 19 anni, è morta bruciata viva nel letto al quale era stata legata: la contenzione non le ha permesso di fuggire. Ad oggi per quel terribile evento sono indagati solo i due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale. Un identico episodio era già accaduto nel Manicomio Giudiziario di Pozzuoli, quando Antonia Bernardini morì per le ustioni riportate dopo l’incendio che l’aveva avvolta nel letto di contenzione al quale anche lei era stata legata ininterrottamente per 43 giorni. Il collettivo Antonin Artaud ha anche seguito la vicenda umana e giudiziaria del Maestro più alto del mondo: il 4 agosto del 2009 Francesco Mastrogiovanni è morto per edema polmonare dopo 4 giorni di contenzione, legato per più di 87 ore consecutive nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania in provincia di Salerno. Era ricoverato in TSO, trattamento sanitario obbligatorio che si è scoperto poi essere stato effettuato in maniera illegale e senza il rispetto delle procedure previste dalla legge 180. Mastrogiovanni, sedato e legato con delle fascette ai polsi e alle caviglie, è rimasto senza mangiare, senza bere e senza che nessuno gli parlasse o si preoccupasse delle sue condizioni di salute per tutto il tempo del ricovero. Il medico del reparto ha negato perfino alla nipote il diritto di fargli visita in ospedale. La Sentenza della Corte di Cassazione sul caso Mastrogiovanni ha definito l’uso della contenzione meccanica un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente.

Possiamo testimoniare che nei reparti psichiatrici ospedalieri o SPDC (Servizi Psichiatrici Diagnosi e Cura) continua a prevalere un atteggiamento custodialistico e un impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali come l’obbligo di cura, le porte chiuse e le grate alle finestre, il sequestro dei beni personali, la limitazione e il controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini, il ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica.

Dunque, oggi nei reparti psichiatrici si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio).

La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica. Solo in 15 reparti viene praticata la terapia no restraint, la contenzione è stata abolita e le porte sono aperte.

Ricerche condotte in Europa hanno fatto emergere l’esistenza di un gran numero di reparti psichiatrici ospedalieri aperti, in contraddizione con quanto rilevato nel nostro Paese dove circa l’80% degli SPDC prevede porte d’ingresso chiuse a chiave e il ricorso quotidiano alla contenzione. Già nella metà dell’Ottocento lo psichiatra inglese Conolly sosteneva la necessità e la possibilità di una no restraint psychiatry, una psichiatria che non ricorre a mezzi di contenzione. Ancora oggi invece, contenzione meccanica e farmacologica sono praticate diffusamente nei reparti psichiatrici e nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. Denunciamo inoltre come l’impossibilità di fare visita alle persone ricoverate in ospedale a causa dell’emergenza sanitaria in corso abbia reso complicato poter verificare le condizioni di chi si trova in stato di degenza. Difficoltà che riguarda non solo i familiari e gli amici ma anche gli operatori e le strutture sanitarie stesse. Questo avviene quando proprio, anche a causa di tale situazione emergenziale, il ricorso al ricovero in reparto psichiatrico si è fatto più frequente. Ma in nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. Obbligare una persona al ricovero, limitarne la libertà personale per sottoporla a pratiche violente e dannose, costituisce, oltre che un intollerabile abuso, un’amara beffa: la logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive” a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio, purtroppo ancora assai diffuso e duro a morire, di una potenziale pericolosità della persona sofferente psicologicamente.

Nell’aprile del 2016 la Regione Toscana ha approvato una mozione in merito al divieto della pratica della contenzione negli SPDC regionali, che impegnava la Giunta Regionale “a provvedere a emanare disposizioni puntuali alle aziende sanitarie per il divieto di pratiche di contenzione meccanica” e “a promuovere buone pratiche attivando la commissione per il monitoraggio e l’eliminazione della contenzione meccanica, farmacologica, ambientale e delle cattive pratiche assistenziali”. Visto il protrarsi ancor oggi in Toscana delle pratiche di contenzione meccanica, non ci sembra che tale mozione sia stata applicata, e tuttavia ci si appella ai protocolli che ancora la prevedono ignorando quanto già conquistato in ambito di riconoscimento della dignità delle persone ricoverate.

Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia ovvio sottoporre le persone diagnosticate come malate mentali a mezzi coercitivi, che ciò sia nell’ordine delle cose, che corrisponda al loro stesso interesse. Forse chi condivide questa opinione non considera adeguatamente, sia in termini esistenziali che giuridici, il valore imprescindibile della libertà della persona. Valore tanto più rilevante quanto più attinente a libertà minime, elementari e naturali, come la libertà di movimento. Sappiamo, per le molte esperienze ormai fatte, che è possibile evitare la contenzione; occorre allora chiedersi perché la contenzione sia tuttora lecita, e soprattutto occorre superarla.

L’applicazione del TSO non autorizza in alcun modo il ricorso a pratiche di coercizione. C’è sempre un’alternativa, è possibile fare a meno della contenzione meccanica senza sostituirla con quella farmacologica o ambientale. Ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali e penitenziarie italiane. Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale coercitivo: TSO, obbligo di cura, elettroshock, contenzione. Il superamento e l’abolizione della contenzione e delle pratiche lesive della libertà personale è possibile.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

antipsichiatriapisa@inventati.org www.artaudpisa.noblogs.org

335 7002669 via San Lorenzo 38 Pisa

 

SOLIDARIETA’ A GIOVANNA!

  • April 18, 2021 9:16 pm
SOLIDARIETA’ A GIOVANNA! AVANTI NO TAV!
Il Collettivo Artaud esprime solidarietà e vicinanza a Giovanna, ferita da parte delle forze dell’ordine in Val di Susa. Apprendiamo infatti che Giovanna è stata colpita in pieno volto da uno dei lacrimogeni, sparati dalla polizia ad altezza uomo nei confronti degli attivisti No Tav. Riteniamo vergognoso il comportamento delle forze di polizia che, come denuncia il movimento No Tav, da anni perpetrano tali pratiche, in aperto contrasto con i diritti umani, nei confronti di chi si oppone ai cantieri dell’alta velocità. Auguriamo a Giovanna una pronta guarigione, sperando di poterla presto abbracciare.
il Collettivo Antonin Artaud
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
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articolo di Chiara Gazzola ” STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE” uscito sul numero di aprile di “Sicilia Libertaria”

  • April 10, 2021 10:10 am

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo di Chiara Gazzola dal titolo “STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE” uscito  numero di aprile 2021 di “Sicilia libertaria” .

 

STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE

“Salute mentale”, abuso concettuale in uno slalom di tesi utile a definirne la
carenza: le condizioni esistenziali che si discostano da un ipotetico equilibrio
psicofisico di adattamento alle difficoltà. Si evita così di scalfirne le cause,
poiché significherebbe puntare il dito alle iniquità sociali. E così non si guarda
il dito, né si considera cosa stia segnalando, ma lo si penalizza registrandolo
come “indicatore” (sintomo) di patologia.
I diversi approcci alla disciplina psichiatrica sembrano concordi nel definire la
salute come il risultato fra stile di vita, condizioni socio-ambientali e capacità
individuale di risposta a eventi esterni. Eppure non esiste protocollo sanitario
che prenda in considerazione questa complessità di fattori.
Se si rompe un tubo dell’acqua in una casa costruita su un terreno franoso, chi
trae vantaggio nell’aggiustare il tubo? La salute, intesa come un insieme di
risposte organiche, sensoriali e sociali, è quindi argomento di riflessioni
filosofiche o antropologiche ma, se la politica le sovrasta, qualsiasi squilibrio
rimane appannaggio esclusivo dell’industria farmacologica che non ha interesse
a rimuovere i divari sociali causa di tanti malesseri.
Nel frattempo la psichiatria si concentra sulla denominazione dei disturbi. Fatta
la diagnosi, esclusivamente attraverso un’osservazione clinica soggettiva e non
comprovata da test oggettivi, si passa alla cura.
E quale occasione più ghiotta della pandemia per “scoprire” nuove sindromi?
Le prime pubblicazioni in era covid individuavano risposte patologiche come
varianti del DSPT (disturbo da stress post traumatico).
Lo scorso agosto la rivista scientifica Brain, behavior and Immunity informava
che l’infiammazione da covid-19 è un fattore di rischio per la depressione.
L’ampia gamma di molecole antidepressive e ansiolitiche è una voce prevalente
del fatturato farmacologico: come avrebbe potuto l’invadenza del virus non
andare a braccetto con una delle “malattie” più diffuse al mondo?
Uno studio dell’Ospedale San Raffaele di Milano condotto su 402 pazienti
guariti dal covid afferma che il 56% manifesta disturbi psichici multipli: DSPT
28%, depressione 31%, ansia 42%, insonnia 40%, sintomi ossessivo-compulsivi
20%; le sindromi depressive compaiono più facilmente nelle donne e si ipotizza
che la maggiore vulnerabilità sia dovuta al “diverso funzionamento del sistema
immunitario nelle sue componenti innate e adattive”.
Il XII Congresso nazionale SINPF (società italiana di neuropsicofarmacologia),
stando ai report recenti di vari quotidiani, rileva che l’aumento dei disagi
psichici in era di pandemia stia attivando una vera e propria sindemia, un mix di
pericolo clinico e sociale dovuto alla paura del contagio, allo stress da
confinamento e alla crisi economica. Un contagio nel contagio? La probabilità
di sviluppare sintomi depressivi nei soggetti colpiti dal virus, o da lutti in famiglia, aumenterebbe di 5 volte e così si legittima la previsione di 800mila nuove pazienti, con un’aspettativa di incidenza fino al 32%! L’incremento di
vendite di psicofarmaci interesserebbe donne e adolescenti, in quanto categorie
maggiormente colpite da perdita di lavoro e di socialità.
Per l’OMS (organizzazione mondiale di sanità) “la tutela della salute mentale è
una priorità correlata alla pandemia in atto”, mostrandosi preoccupata per i
nuovi disturbi “erroneamente inclusi nei DSPT”. Nasce quindi l’esigenza di
nuove nomenclature per meglio definire uno “stress individuale/comunitario e
non convenzionale, sospeso, subacuto, perdurante e perturbante che può
evolvere in persistente”. Viene spiegato che le definizioni di “perturbante e non
convenzionale” descrivono una sofferenza che va a dissestare il futuro: la
percezione di furto del futuro come nuova condizione clinica! Uno stress che
attraversa varie fasi: la prima, incredulità e sottovalutazione difensiva; la
seconda, l’incredulità si trasforma in angoscia all’evidenza di malati e morti; la
terza, perdite affettive e insicurezza economica, riducendo la plasticità adattiva
e l’istinto di sopravvivenza, innescano la paura del fallimento. Ma l’OMS
individua anche un nuovo agente patogeno: la infodemia. Trattasi dell’eccesso
di informazioni e del rimbombo di commenti da cui siamo invasi. Altro
contagio nel contagio: le notizie a contenuto angosciante e contraddittorio
produrrebbero lesioni bisognose di cure da somministrare a chi ne soffre, non
certamente a chi alimenta questo giornalismo!
Uno studio condotto dall’Università di Oxford, e pubblicato da The lancet
psychiatry, afferma che a 90 giorni dal contagio da covid nel 20% dei casi
insorgono disturbi al sistema nervoso centrale e che i soggetti in cura
psichiatrica sono più esposti (65% dei casi) a contrarre il virus. Se ne deduce:
“queste evidenze stanno convincendo sempre di più i ricercatori che esiste una
stretta correlazione fra le malattie psichiche e il virus”.
L’IEUD (istituto europeo per il trattamento delle dipendenze) ha registrato, nel
primo semestre 2020, un aumento del 4% del consumo di benzodiazepine.
L’AIFA (agenzia italiana del farmaco) riporta che nel 2020 la vendita di
ansiolitici si è incrementata del 12%, dati definiti “allarmanti” in quanto non
corrispondono alle diagnosi stilate: gli psicofarmaci vengono definiti
“pericolosi se presi senza prescrizione medica”. Si individuano le cause dei
nuovi malesseri nel telelavoro, nella didattica a distanza, nelle restrizioni agli
spostamenti, nella paura del contagio, nella precarietà economica, nel rischio di
essere considerati “untori”.
Ecco innescata una spirale velenosa affinché la psichiatria possa continuare a
mettere le sue toppe mediche a problematiche sociali e ad accaparrarsi la facoltà
di diagnosi/cura/controllo, di produrre stigmi (questi sì, reali e persistenti!), di
annullare le dignità individuali e di farsi paladina di una salute mentale tanto
millantata, quanto svilita: uscire dal labirinto le sarebbe controproducente!

Chiara Gazzola