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DI STATO SI MUORE ANCORA! BASTA TSO CON LE FORZE DELL’ORDINE!

  • June 22, 2018 6:52 pm

DI STATO SI MUORE ANCORA! BASTA TSO CON LE FORZE DELL’ORDINE!

Di pochi giorni fa è la notizia della morte di Jefferson Tomalà, un giovane 21enne di origini ecuadoriane, ucciso nel corso di un intervento effettuato dalle forze di polizia nella sua abitazione a Genova, a seguito di una chiamata da parte della madre del ragazzo, la quale ha chiesto aiuto perché Jefferson minacciava di togliersi la vita.  Non è chiaro se le forze dell’ordine fossero intenzionate a contattare i medici per valutare la possibilità di un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio); quel che è certo è che l’unica ambulanza arrivata sul posto ha potuto solo raccogliere la sua salma, perché un agente della polizia ha esploso contro Jefferson ben cinque colpi. Infatti gli agenti, una volta intervenuti, hanno spruzzato sul viso di Jefferson dello spray urticante: comprensibilmente questo gesto, anziché calmarlo, lo ha agitato; con il coltello che prima impugnava minacciando di uccidersi, Jefferson ha allora ferito un poliziotto e per questo viene ammazzato, colpito più volte, ad altezza d’uomo, davanti alla madre, in una stanza in cui erano presenti 8 persone e in cui magari sarebbe stato possibile operare in modo diverso per tutelare il poliziotto ferito senza sparare ripetutamente a Jefferson. Il Ministro dell’interno si è dichiarato “vicino al poliziotto” che ha ucciso Jefferson, il quale avrebbe “fatto il suo dovere”; il capo della Polizia Gabrielli ha anche annunciato che presto i poliziotti avranno in dotazione i Taser (le pistole elettriche).

La morte di Jefferson –  perché, anche in assenza camici, è pur sempre la morte di una persona che aveva bisogno di calma e supporto, avvenuta per mano di persone che esercitano il proprio potere con forza e coercizione – ci ricorda ancora una volta quella di Mauro Guerra, ucciso con uno sparo da parte un carabiniere il 29 luglio 2015 a Carmignano di Sant’Urbano mentre cercava di fuggire per sottrarsi a un TSO, e quella di Andrea Soldi, strangolato su una panchina di piazzale Umbria dalle forze dell’ordine durante un TSO, il 5 agosto del 2015 a Torino. Per la morte di Andrea, si è concluso poche settimane fa il processo; sono stati condannati a un anno e otto mesi per omicidio colposo i tre vigili autori della cattura (Enri Botturi, Stefano Del Monaco e Manuel Vair) e lo psichiatra Pier Carlo Della Porta dell’Asl che ha richiesto il TSO Poco più di un anno e mezzo per aver ucciso un uomo. Basta fare un confronto con le pene di oltre 4 anni  che lo stesso tribunale ha inflitto ad alcuni imputati NO TAV che si opposero alla distruzione di un territorio per un progetto inutile quanto oneroso. La psichiatria da anni teneva sotto stretto controllo Andrea, assoggettandolo alle sue cure tramite depot (la puntura intramuscolo bisettimanale o mensile). Tante volte Andrea aveva cercato di liberarsi da questa trappola, di riprendere in mano la propria vita e le proprie scelte: per questo aveva subito una decina di trattamenti obbligatori, fino all’ultimo che l’ha portato alla morte.

Il regime terapeutico imposto dal TSO ha una durata di 7 giorni e può essere effettuato solo all’interno di reparti psichiatrici di ospedali pubblici. Deve essere disposto con provvedimento del Sindaco del Comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da uno psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il Sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio, il quale deve notificare il provvedimento e decidere se convalidarlo o meno entro 48 ore. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il TSO sia rinnovato oltre i 7 giorni. La legge stabilisce che il ricovero coatto può essere eseguito solo se sussistono contemporaneamente tre condizioni: l’individuo presenta alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, l’individuo rifiuta la terapia psichiatrica, l’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero.

Subito ci troviamo di fronte ad un problema: chi determina lo “stato di necessità” e l’urgenza dell’intervento terapeutico? E in che modo si dimostra che il ricovero ospedaliero è l’unica soluzione possibile? Risulta evidente che le condizioni di attuazione di un TSO rimandano, di fatto, al giudizio esclusivo ed arbitrario di uno psichiatra, giudizio al quale il Sindaco, che dovrebbe insieme al Giudice Tutelare agire da garante del paziente, di norma non si oppone.
Per la persona coinvolta l’unica possibilità di sottrarsi al TSO sta nell’accettazione della terapia al fine di far decadere una delle tre condizioni, ma è frequente che il provvedimento sia mantenuto anche se il paziente non rifiuta la terapia. Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato.
Molto spesso prima arriva l’ ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico e poi viene fatto partire il provvedimento. La funzione dell’ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio) è generalmente quella di portare la persona in reparto, dove sarà poi trattenuta in regime di TSV o TSO secondo la propria accondiscendenza agli psichiatri.
Il paziente talvolta non viene informato di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario); oppure può accadere che persone che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO.
A volte vengono negate le visite all’interno del reparto e viene impedito di comunicare con l’esterno a chi è ricoverato nonostante la legge 180 preveda che chi è sottoposto a TSO “ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno”.

Il TSO è usato, presso i CIM o i Centri Diurni, anche come strumento di ricatto quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione. Per questo ancora una volta diciamo NO ai TSO, perché i trattamenti sanitari non possono e non devono essere coercitivi e affinché nessuno più debba morire sotto le mani di forze dell’ordine al servizio degli psichiatri.

La nostra più sincera e  affettuosa solidarietà alla madre e alla famiglia di Jefferson.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669

 

ALTRI COMUNICATI di SOLIDARIETA’ con il COLLETTIVO

  • June 17, 2018 10:52 am

Sotto altri comunicati di solidarietà con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud che ci sono arrivati ultimamente:

Ci uniamo a tutte le realtà che hanno già espresso la loro solidarietà al collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, e ai due compagni sotto processo. Molto ci lega ai compagni e alle compagne del collettivo Artaud: difficile riassumerlo in poche righe di comunicato. Quello che qui ribadiamo è che il lavoro decennale, instancabile del collettivo Artaud è stato – ed è tutt’ora – per noi più di uno stimolo alla riflessione: è uno sguardo indispensabile che scava sotto l’apparente neutralità delle istituzioni mediche e psichiatriche, è un posizionamento quotidiano, concreto e politico. Sempre al vostro fianco, con tutta la solidarietà, la stima e l’affetto che ci legano a voi.Un abbraccio collettivo

 Ambulatorio Medico Popolare – Milano

 _______________________________________________________________________SOLIDARIETA’ DAI TUTTI PAZZE DEL BAROCCHIO SQUAT

Ci è giunta la notizia, divulgata dal collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, che due compagni facenti parte di esso sono stati denunciati con l’accusa di aver minacciato una persona rivoltasi a loro per uscire dalle maglie della cura psichiatrica, con un certificato da presentare al medico per evitare di ricevere un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Questa volta però il medico sopra citato, ergendosi a super eroe della legalità, ha deciso di riferire alla persona in questione che queste si stavano muovendo al di fuori della legge, e per questo motivo per due compagni a fine Maggio è iniziato il processo con l’accusa di violenza privata. Il paradigma tra legalità e illegalità non ci appartiene e riponiamo piena fiducia nei modi di agire e di autogestire la lotta alla psichiatria dei compagni e delle compagne di Pisa, con tutte le difficoltà che questa scelta comporta. Per questo motivo mandiamo tutta la nostra solidarietà ai due compagni imputati e a tutto il collettivo Antonin Artaud, ricordandoci sempre la loro vicinanza e partecipazione alle giornate di lotta che abbiamo attraversato nel 2015, quando la regione Piemonte aveva scelto proprio il Barocchio per realizzare una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Un’idea “geniale” sgomberare una casa occupata da 23 anni allora, 26 adesso, in un luogo di coercizione e detenzione psichiatrica. Grazie alla lotta e alla tenacia di tutte le persone che ci hanno sostenuto tutto ciò non è avvenuto e siamo ancora qui per resistere e lottare contro ogni prigione e gabbia, fisica e mentale, ben consapevoli che se non qui, lo Stato ha costruito e costruirà altrove le proprie strutture punitive (come nel caso della REMS “Anton Martin” ubicata nella struttura del Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese, contro la quale non sono mancate le proteste) e sempre dovrà scontrarsi con la nostra posizione. Di seguito il link del collettivo Artaud di Pisa https://artaudpisa.noblogs.org/

Barocchio Squat – 7 Giugno 2018 Grugliasco

_______________________________________________________________________Solidarietà ai compagni del Collettivo Antonin Artaud di Pisa, da anni impegnati nella lotta contro la psichiatria e che per la loro solidarietà alle sue vittime ora vengono accusati ingiustamente di
violenza privata. L’ennesimo tentativo di sgretolare la resistenza di chi si oppone agli abusi della psichiatria. Abbiamo avuto il piacere di conoscere il Collettivo Antonin Artaud durante la lotta contro la REMS di Grugliasco (che non fu mai realizzata) e nei percorsi ed incontri antipsichiatrici organizzati in
Torino e dintorni. Percorsi fondamentali per smascherare l’istituzione
manicomiale che, sotto altre spoglie, continua la repressione e
l’annullamento fisico e morale di coloro, uomini e donne, considerati
non idonei, non integrabili nella società, malati.
Scriviamo questo comunicato perchè sosteniamo il loro mettersi in
gioco, da anni, non solo nella critica radicale al sistema psichiatrico
ma anche nell’aiutare coloro che cercano di uscirne. La psichiatria non ci appartiene, il corpo e la mente sono nostri e nessuno può violarli.
Un abbraccio solidale.
Fenix Occupata – Torino
Mezcal Squat – Collegno

SENTENZA PROCESSO SOLDI – COMUNICATO COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO MASTROGIOVANNI (TO)

  • June 1, 2018 4:50 pm

Si è concluso ieri il processo sulla morte di Andrea Soldi, l’uomo ucciso il 5 agosto del 2015 durante un TSO. Sono stati condannati a un anno e otto mesi per omicidio colposo i tre vigili autori della cattura ( Enri Botturi, Stefano Del Monaco e Manuel Vair) e lo psichiatra Pier Carlo Della Porta dell’Asl to2 che ha richiesto il TSO. È stato fissato un risarcimento, da definire in sede civile, di 220.000 euro al padre e di 75.000 euro alla sorella.

Non crediamo nei tribunali e nella giustizia dello Stato: in galera non vogliamo vederci nessuno. Non possiamo non constatare che il collegio, pur aumentando di due mesi la condanna rispetto alle richieste del Pm, ha comminato una pena risibile. Poco più di un anno e mezzo per aver ucciso un uomo. Basta fare un confronto con le pene di oltre 4 anni  che lo stesso tribunale ha inflitto ad alcuni imputati NO TAV che si opposero alla distruzione di un territorio per un progetto inutile quanto oneroso. 

Lo Stato assolve se stesso e condanna duramente chi lo contrasta! 

Quello stesso Stato per molti anni ha imposto il suo potere su Andrea, prima che le forze del (dis)ordine lo strangolassero sulla panchina di piazzale Umbria. La psichiatria da anni lo teneva sotto stretto controllo, assoggettandolo alle sue cure e drogandone corpo e mente per renderlo più mansueto. Tante volte Andrea aveva cercato di liberarsi da questa trappola, di riprendere in mano la propria vita e le proprie scelte: per questo aveva subito una decina di trattamenti obbligatori (TSO), fino all’ultimo che l’ha portato alla morte.

La maggior parte degli utenti psichiatrici sono pazienti (in)volontari dell’istituzione psichiatrica, come dimostrano i dati sul numero dei TSO effettuati. Della loro vita scandita dal SSN non parla mai nessuno, della prigionia vissuta all’interno dei repartini per periodi prolungati, dei continui ricatti, del degrado fisico dovuto ai farmaci, della sedazione, dell’infantilizzazione, della perdita del controllo sulla propria vita, sul proprio corpo e sul proprio pensiero, dell’invalidità indotta, dei lavori a 2euro/h concordati dai servizi.

Andrea è morto perché rifiutava le “cure”. Se pensiamo alla storia della psichiatria, costellata di atrocità, possiamo facilmente immaginare che in futuro la puntura di haldol, a cui cercava di sottrarsi,  verrà vista con lo stesso sdegno con cui oggi vediamo i vecchi manicomi, i manicomi criminali, la lobotomia, le terapie da shock. 

Ma al di là di una storia che si ripete e di un’istituzione totale che nel tempo è sempre riuscita a ripulirsi degli orrori perpetrati e a “riformarsi” senza cambiare la sostanza, resta il fatto che senza consenso ogni cura è una tortura, e che tutti debbano poter rifiutare le cure, se ritenute lesive della propria integrità psico-fisica o contrarie ai propri convincimenti. Tutti, quindi anche gli utenti psichiatrici. Perché, come Andrea, non sono “malati”, “schizofrenici”, ma esseri umani come noi, «perché la pazzia, amici miei, non esiste. Esiste soltanto nei riflessi onirici del sonno e in quel terrore che abbiamo tutti, inveterato, di perdere la nostra ragione» (Alda Merini)

Collettivo antipsichiatrico Francesco Mastrogiovanni – Torino

ALTRI COMUNICATI di SOLIDARIETA’ con il COLLETTIVO ARTAUD

  • June 1, 2018 4:40 pm

Sotto altri comunicati di solidarietà con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud che ci sono arrivati:

Un abbraccio di solidarietà e di stima affettuosa per il vostro infaticabile e indispensabile lavoro collettivo. Sono certo che ne uscirete come sempre a testa alta e con rafforzata determinazione.

Un caro saluto, Pino Pitasi

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Con queste poche righe esprimiamo la nostra solidarietà al collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud e ai due compagni coinvolti in quella che sembra una grande montatura giudiziaria volta a screditare l’attività svolta da anni dal collettivo con impegno, passione, coerenza e correttezza.

Quello che ci lega è l’amicizia, il rispetto e la condivisione di idee e pratiche, il nostro essere posizionati a fianco di prigionieri, oppressi, “folli”, scomodi e disagiati. 

Il collettivo Artaud oltre ad impegnarsi nell’analisi critica dell’istituzione psichiatrica e nell’organizzazione di iniziative di controinformazione, fornisce  – tramite un telefono di ascolto e uno sportello – una rete di accoglienza  e un punto di riferimento per chi attraversa un periodo difficile, nonchè un aiuto concreto contro gli abusi e le violenze delle psichiatria, senza altro scopo che il sostegno alle persone finalizzato all’autodeterminazione e alla lotta contro potere e pregiudizi.

Siamo cert* dell’infondatezza delle accuse e della scrupolosità dell’agire dei nostri amici e compagni, e siamo altrettanto cert* che nessuna aula di tribunale potrà mettere in discussione le nostre pratiche e lotte.

Un abbraccio antipsichiatrico

Collettivo antipsichiatrico Francesco Mastrogiovanni  – Torino

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Scusandomi per il ritardo unisco la mia solidarietà a quella dei comunicati che ho appena letto. Questa vicenda ha sapori paradossali e testimonia quanto nessun impegno, o lotta nel sociale, sia privo di rischi e quanto la repressione possa avere risvolti inaspettati e insidiosi. Non saranno le denunce o le calunnie a fermare la nostra pratica critica al potere coercitivo della psichiatria, intesa come l’istituzione che esercita una delle forme di violenza più subdola e prettamente allineata agli intenti di ogni autoritarismo.

Chiara Gazzola

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XM24 AL FIANCO DEGLI ANTIPSICHIATRICI PISANI

Alla fine del mese di maggio è partito il processo che vede imputati alcuni attivisti del collettivo antipsichiatrico pisano “A. Artaud” e, ancora una volta, la macchina repressiva si scatenerà contro chi ha la sola colpa di stare accanto agli “ultimi“ nei percorsi quotidiani di liberazione. 

Una persona, rivoltasi al Collettivo per uscire dalle maglie della psichiatria, una volta a colloquio con i medici si convince o è convinta che sia il Collettivo a rappresentare una minaccia per la sua salute e, quindi, senza alcuna reale necessità ne denuncia i membri. In questo caso per violenza privata ma, al di là del reato specifico, ciò che è in discussione sono le pratiche politiche e sociali che caratterizzano l’azione antipsichiatrica dei collettivi nel territorio. E’ facile per le autorità, sempre numerose durante i colloqui, convincere chi chiede supporto ai Telefoni Viola che siano le pratiche di liberazione ad aggravarne lo stato e non le terapie inutili e dannose che vengono somministrate o i processi di deresponsabilizzazione che rendono i pazienti totalmente privi della capacità di gestione dei propri progetti e della propria vita.

Il collettivo antipsichiatrico pisano “A. Artaud” dispone di un telefono cellulare dedicato alle persone che hanno la necessità di confrontarsi sulle questioni psichiatriche o, semplicemente, avere dei consigli ed essere ascoltate. Il sostegno diretto, tramite lo sportello o il telefono, rappresenta un impegno preciso, di cui i membri si fanno carico per stare a fianco di chi subisce abusi e violazioni di quei fondamentali diritti inalienabili sanciti dalla stessa legislazione, per lo più inapplicata, quali il diritto di informazione riguardo ai trattamenti in corso, le loro conseguenze e i loro effetti collaterali, la libertà di scelta e tanti altri.

Da anni l’impegno antipsichiatrico consiste nell’osservazione e nell’analisi del ruolo sempre più pervasivo che viene riconosciuto alla psichiatria all’interno della società, ponendo particolare attenzione alle modalità e ai meccanismi attraverso i quali essa si espande sempre più capillarmente e trasversalmente. La battaglia per la difesa dei diritti umani, sistematicamente negati dall’istituzione psichiatrica, andrà avanti e i collettivi continueranno a lottare contro tutte le forme coercitive come il T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio) e per la chiusura delle REMS (Residenze Esecuzione Misure di Sicurezza).

I compagni del collettivo non saranno comunque soli: al banco degli imputati siederemo anche noi e tutte quelle che in questi anni hanno conosciuto la forza e la coerenza dei compagni dell’Artaud. Sempre al fianco di chi lotta contro i soprusi e le ingiustizie, contro l’apparato tecno-psichiatrico e i suoi sgherri di tribunale. Libertà per tutt*, sbarre per nessun*!

XM24 e Collettivo Antipsichiatrico AltreMenti – Bologna

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