Archives for June, 2014

ROMA: dom 29/06/14 INCONTRO APERTO con gli AUTORI di Sensibili Alle Foglie

  • June 24, 2014 10:42 am

Incontro aperto a tutti con gli autori e i soci di Sensibili alle foglie
Domenica 29 giugno 2014 – Roma, via Giulia 71 – dalle ore 10 alle 18

Proponiamo questo momento di incontro per mettere in relazione i soci della cooperativa, le autrici e gli autori, le realtà interessate, intorno ai temi sociali che caratterizzano la nostra editoria.

Parleremo di:

Carcere– dai minorili ai giudiziari, dalla custodia attenuata all’Alta Sicurezza – con Stefania Trinchero, Maria Grazia Greco, Rosa Vieni, Liliana Cerqueni, Anna Nacci (Beppe Battaglia e altri dell’Associazione Liberarsi)

Razzismo verso gli immigrati con particolare attenzione ai Centri di Identificazione ed Espulsione con Davide Cadeddu, Dario Vicari

Ospedali Psichiatrici Giudiziari– con Franco Maranta, Adolfo Ferraro

Resistenza alle dittature in Argentina e in Cile – con Riccardo Verrocchi, (Alessandro Alessandria, Urbano)

Persecuzioni delle minoranze etniche e incontro con le altre culture– con Marcella Guidoni, Vania Mancini

La psichiatrizzazione e i suoi metodi, con una particolare attenzione per il Tso e l’Elettroshock
con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

Storie di vita che mettono in luce i pregiudizi sociali e la tendenza ad emarginare le differenze– con Simona Musolino, Sandro Cominardi, Enrico Zorzato

Lo scambio salute lavoro nell’attuale contesto sociale – con Renato Curcio

L’esperienza dei Medici senza camice nell’istituzione medica – con Nicola Valentino e altri dell’Università popolare Medici senza camice

La psicologia del profondo e l’egualitarismo – con Sergio Starace

L’implicazione nell’analisi istituzionale – con Leonardo Montecchi e altri della Scuola Bleger

I cambiamenti del servizio sociale nell’Italia dal dopoguerra ad oggi – con Milena Cortigiani e Maria Stefani

La scrittura come mezzo per conoscere se stessi – con Marilina Veca, Giuseppe Donato, Jessie James

Sarà anche un bel momento per conoscerci e scambiarci punti di vista su questi temi.
Naturalmente saranno disponibili tutti i titoli del nostro catalogo.
Vi aspettiamo numerosi

Sensibili alle foglie soc. coop. arl
www.sensibiliallefoglie.it
www.libreriasensibiliallefoglie.com
tel 0173742417

 

SAB 28 GIUGNO LABORATORIO ESPRESSIVO GLOBALITA’ DEI LINGUAGGI

  • June 23, 2014 6:31 pm

laboratorio artaud 28 giugno_0001

PERCORSI ESPRESSIVI DI AUTO AIUTO NELLA GLOBALITA’ DEI LINGUAGGI

SABATO 28 GIUGNO ORE 10
c/o lo Spazio di Documentazione del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
in via S.Lorenzo 38 a Pisa

il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud promuove una serie di incontri espressivi di auto aiuto nella Globalità dei Linguaggi e nella trasformazione dei 4 elementi.
In modo da esprimere le proprie emozioni e i propri stati d’animo attraverso forme artistiche, in modo da condividere stati emotivi che possono rappresentare delle barriere personali e sociali.
Il laboratorio ha il fine di avviare percorsi di autoconoscenza ed autoconsapevolezza,  in cui i membri del gruppo possono relazionarsi tra loro in maniera paritaria,  senza schemi gerarchici, attraverso la condivisione delle esperienze con il gruppo e nel gruppo, una condivisione libera in un ambiente non giudicante.

per adesioni, info e contatti:

335 7002669
antipsichiatriapisa@inventati.org

PONTEDERA GIOVEDì 12 GIUGNO presentazione “ELETTROSHOCK” c/o centro Poliedro

  • June 9, 2014 10:22 am

pontedera 12 giugno webPONTEDERA giovedì 12 giugno
c/o Centro Poliedro piazza Berlinguer
ore 21 presentazione del libro

“ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive
e i racconti di chi le ha vissute.”

a cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Edizioni Sensibili Alle Foglie.

per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org

ELETTROSHOCK? STACCHIAMO LA SPINA!!

  • June 7, 2014 12:23 pm

ELETTROSHOCK? STACCHIAMO LA SPINA!!

Negli ultimi anni è aumentato in Italia l’uso dell’elettroshock per i pazienti psichiatrici, ad oggi in Italia i presidi sanitari che praticano l’elettroshock sono 91 tra cliniche pubbliche e private; dieci anni fa erano 9. Nel 2008, un gruppo di psichiatri convinti sostenitori dei benefici della TEC rivolsero una petizione al Ministero della Salute affinché si aprisse «almeno» un istituto per la somministrazione dell’elettroshock per ogni milione di abitanti. Visto che le strutture che oggi eseguono la TEC sono novantuno, ora esiste un presidio attrezzato per effettuarla per ogni 500.000 abitanti. Ovvero il doppio dell’obiettivo che voleva essere raggiunto.
All’interno delle strutture sanitarie vengano fatte campagne di screening preventivi finalizzate all’incentivazione di tale terapia soprattutto per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum dove la TEC viene addirittura proposta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio o volontario che impieghi gli psicofarmaci.

Le modifiche nel trattamento (anestesia totale e farmaci miorilassanti che impediscono le contrazioni muscolari, in precedenza diffuse a tutto il corpo con la conseguente rottura di denti ed ossa) riescono solo a camuffare gli effetti esteriori dell’operazione rendendola forse più ammissibile da un punto di vista estetico, ma non cambiandone la sostanza: una scarica di corrente elettrica costante di 0,9 ampere sui lobi frontali o sull’emisfero cerebrale non dominante -TEC monolaterale- che provoca un’intensa crisi convulsiva durante la quale il cervello aumenta il suo metabolismo, il flusso e la pressione sanguigna. Tutto questo provoca un danneggiamento alla barriera emato-encefalica (la barriera di protezione contro le sostanze nocive) e all’equilibrio biochimico del nostro cervello (viene inibita la sintesi delle proteine e di RNA e aumenta notevolmente il livello di neuro-trasmettitori e di alcuni enzimi).
A seguito del trattamento si riscontrano molti e gravissimi effetti collaterali, quali gravi e ampie perdite di memoria, la rottura di vasi sanguigni cerebrali (micro emorragie cerebrali), regressione della capacità discorsiva, persistenti emicranie, problemi cardio-circolatori e riduzione della massa cerebrale (atrofia cerebrale).

La terapia elettroconvulsivante viene portata avanti da psichiatri di impronta organicista che, con i loro metodi autoritari, invasivi ed offensivi della dignità umana, compromettono seriamente la salute di milioni di persone, prima prescrivendo farmaci e poi, quando questi non producono nel paziente i risultati sperati, o meglio, quando non si sa più che pesci prendere, suggerendo l’elettroshock, che giova alla “cura” della depressione e della tristezza nella misura in cui provoca vuoti di memoria, apatia e demenza.

L’elettroshock è l’unico trattamento delle shock terapie, che prevede come cura una grave crisi convulsiva, mai dichiarato obsoleto. Anzi, si è cercato di modernizzarlo, sin dai primi anni.
È proprio relativamente all’attuale e globalizzato panorama d’impiego dell’elettroshock, poco trasparente e condiviso, che continuiamo a porci domande come queste:
Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non
viene dichiarato superato dalla storia?
È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa e legittima la sua applicazione?
Durante la sua applicazione pratica, si sta ancora immettendo corrente elettrica verso il cervello di un proprio simile oppure si effettua un intervento equiparato ad ogni altra operazione chirurgica peraltro senza usare bisturi? Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?
Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?

La validità scientifica del metodo ancora oggi non è provata e i meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G.B.Cassano, Manuale di Psichiatria).

Ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una tortura, una disumana violenza e un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche della psichiatria come il TSO (trattamento sanitario obbligatorio), l’elettroshock è un esempio se non l’icona della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
GIOVEDI 12 GIUGNO 2014

PRESENTAZIONE DEL LIBRO
“ ELETTROSHOCK.
La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute.”
EDIZIONI SENSIBILI ALLE FOGLIE

ORE 21 CENTRO POLIEDRO
PIAZZA BERLINGUER

PONTEDERA

 

per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org
335 7002669

OPPORSI AL TSO SI PUO’ E SI DEVE !

  • June 4, 2014 12:56 pm

riceviamo e volentieri pubblichiamo, su richiesta dell’autore,
il suo racconto dell’esperienza vissuta in un reparto di psichiatria.

OPPORSI AL TRATTATAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO SI PUO’ E SI DEVE
di Valerio Citi

La mia disavventura con la psichiatria comincia un maledetto giorno di dicembre del 2013 quando, su forte insistenza di un parente che lavora presso la struttura ospedaliera della mia città e ha molta confidenza con i medici psichiatri di reparto, mi viene praticato un Tso del tutto ingiustificato, basato solo sul mio stato di evidente ebrezza e nulla di più. Io commetto un enorme errore che mi rovinerà l’esistenza: accettare con remissione senza oppormi. Il Tso mi viene addirittura ridotto da 7 giorni, come prevede la normativa, a soli 4, perché anche gli psichiatri sanno che dopo averci dormito su una sbronza passa e quindi era del tutto assurdo continuare a tenermi con la coercizione nel reparto. Questo però crea un annoso precedente che nei mesi successivi mi costerà molto caro.
Nella vita ho avuto due grandi disgrazie: avere entrambi i genitori malati di mente (secondo chi decide i criteri di tale patologia) e di aver cercato rifugio, per le loro continue assenze per ricoveri lunghi anche anni, nell’alcool. I miei ricordi d’infanzia sono per lo più legati all’odore di “piscio e segatura” che sentivo quando mi portavano a trovarli, perché “stavano male”, in non – luoghi che a me incutevano una gran paura.
Dopo quel maledetto giorno di dicembre anche io sono finito in quei luoghi che per tanto tempo avevo cercato di dimenticare.
Sono seguiti alcuni Tsv, sempre su spinta di alcuni familiari, e quando mi sono accorto che su di me era calata una gabbia era troppo tardi. Oltre alla sindrome da dipendenza da alcol, durante l’ennesimo ricovero, mi è stata affibbiata la stessa identica diagnosi che avevano i miei genitori: “disturbo bipolare”. Nessun criterio scientifico, nessuna analisi approfondita del paziente, solo che ingenuamente quando mi veniva chiesta l’anamnesi familiare io rispondevo con sincerità. E dunque mi è stato fatto un “copia – incolla” dei miei incubi peggiori, stavo varcando quella soglia verso il buio, dalla quale nè mia madre nè mio padre sono mai tornati indietro.
La malattia mentale secondo questi medici si trasmette da genitore a figlio come le patologie genetiche, niente importa più.
Durante i miei ricoveri ho subito ed ho assistito a soprusi, umiliazioni, ricatti. Se fossi credente definirei i reparti di psichiatria qualcosa di molto simile all’inferno sulla terra.
Data la mia diagnosi sono stato trattato farmacologicamente di conseguenza: timo – regolatori (volgarmente detti “stabilizzatori dell’umore”, come se l’umore di una persona dovesse essere regolato chimicamente e non dal naturale evolversi della vita e delle esperienze personali) e ansiolitici da cui adesso sono dipendente. Alla mia ferma opposizione ad assumere Depakin (acido valproico) per i suoi devastanti effetti collaterali, che avevo già constato coi miei occhi sui miei genitori, ho subito dei ricatti psicologici e delle vassazioni che faccio fatica anche solo a raccontare.
Ho avuto la fortuna però di incontrare anche delle persone giuste, a fatica ero riuscito ad uscire da questa gabbia, riuscendo persino a farmi chiudere la cartella clinica presso i Centri di Salute Mentale sul territorio presso i quali, quando non sei recluso in reparto, ti devi presentare giornalmente come se fossi in libertà vigilita.
Mi è stato proposto il metodo Hudolin (dallo psichiatra croato Vladimir Hudolin che tanto lavorò a fianco di Basaglia e riuscì, almeno in parte, a scardinare i pregiudizi della psichiatria classica), un approccio ai problemi alcol – correlati che vede il paziente non come un malato da trattare farmacologicamente, ma come un individuo facente parte di una comunità familiare e multi – familiare, che deve solo cambiare il suo stile di vita nei confronti dell’alcool per potersi godere la vita come meglio crede.
Sono stato in Veneto in una struttura hudoliniana con assoluta politica delle “porte aperte” e ho ottenuto risultati sorprendenti. La mia vita stava ricominciando lontano da alcool e psichiatria.
Ma quel maledetto giorno di dicembre, ormai lontano nel tempo e nel ricordo, mi presenta il conto: mentre ero seduto sul divano a guardare la tv, l’amica che mi stava ospitando a casa mi porge un’ordinanza di Tso firmata poche ore prima. La mia colpa? Aver avuto una cosiddetta ricaduta (cioé aver assunto alcool dopo molti mesi d’astinenza) e, sempre ingenuamente, averlo comunicato al mio medico del Ser.T, di cui avevo profonda stima e affetto. Non ho mai compiuto un singolo atto violento in vita mia, neanche sotto l’effetto dell’alcool, la mia unica colpa come detto è stata quella di accettare passivamente che la “gabbia psichiatrica” calasse su di me, perché così pensavo di far stare sereni i miei familiari.
Ma questa volta ho detto no, non potevano farmi questo proprio nel momento in cui stavo riacquisendo serenità e la mia vita stava ricominciando. Una settimana recluso in reparto, per un dispetto di una psichiatra, mi avrebbe lasciato una ferita troppo grande da rimarginare.
Non ho aperto alle forze dell’ordine, ho cercato di contattare un legale, ma invano. Dopo tre ore di vero e proprio assedio, la polizia in tenuta anti – sommossa è riuscita a entrare nel privato della mia casa, devastando tutto il mio piccolo mondo. Sono stato portato via ammanettato dietro la schiena da una decina di energumeni, come il peggiore degli assassini. Tutto il quartiere e numerosi giornalisti lì fermi ad assistere a questa scena surreale.
La vicenda per sommi capi la trovate qui:

http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2014/05/25/news/parla-dopo-la-fuga-da-psichiatria-torno-e-denuncio-i-soprusi-1.9289372

Una volta rinchiuso in reparto, come da prassi, sono stato pesantemente sedato per via endovenosa e messo a tacere. Ma la mattina dopo ho avuto uno dei pochi colpi di fortuna che mi sono capitati nella vita: l’ago della flebo con cui mi stavano sedando era fuoriscito durante la notte e potevo così riacquisire lucidità e forza per camminare. All’ora del vitto mi sono diretto verso la porta che dà sul retro dove ci sono gli uffici medici e quindi a una porta antipanico che significa libertà. Come ribadito non sono mai stato un violento ma nei calci a piedi scalzi che ho dato a quella porta c’era la forza di tutte le persone che hanno subito un abuso simile e non lo hanno mai potuto denunciare. Al terzo calcio, con un frastuono che ha fatto tremare tutto il reparto, e la coscienza di chi aveva potuto permettere un tale abuso, la porta si è spalancata. Ho avuto l’istinto di scappare di corsa, ma me ne sono andato camminando, a testa alta, perché io non mi sentivo colpevole di niente.
Ho passato dei giorni tremendi, nascondendomi di giorno e andando in cerca di acqua e cibo la notte, i quotidiani locali dicevano che “era ricercato da tutte le forze dell’ordine il ragazzo in fuga che si era barricato in casa”. Ma presto gli amici e i parenti che mi conoscono per quello che sono, un ragazzo buono che ha avuto un sacco di avversità nella vita ma senza mai cagionare danno a nessuno, mi hanno contattato, il mio nome è comparso sul giornale. Non mi sentivo più solo. Mi ha chiamato il Collettivo Antipschiatrico Artaud. No, non ero affatto solo. Mi è stata espressa una solidarietà che mi ha commosso e mi ha dato la forza di portare avanti una battaglia. Non una semplice rivalsa personale ma una lotta per i diritti di tutti, costituzionalmente sanciti.
E’ stata messa su una raccolta fondi che mi ha permesso di rivolgermi a dei legali a cui la mia vicenda ha creato “una notevole crescita sia sul piano professionale che su quello umano”. L’opposizione, come prevede la normativa, all’ordinanza di Tso è stata depositata, ed ora ho piena fiducia nella giustizia. E questo è solo l’inizio.
Il sistema psichiatrico è una cosa talmente più grande di me che se ci rifletto su mi sembra una lotta contro i mulini a vento. Ma adesso sento il dovere di andare fino in fondo, fosse l’ultima cosa che faccio, perché opporsi al trattamento sanitario obbligatorio si può e si deve.

GENOVA: SAB 7 GIUGNO presentazione “ELETTROSHOCK” c/o casa occupata Pellicceria

  • June 1, 2014 5:59 pm

locandina elettroshock 1GENOVA sabato 7 giugno
c/o Casa Occupata Pellicceria vico superiore di Pellicceria 1
ore 19 presentazione del libro

“ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive
e i racconti di chi le ha vissute.”

a cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Edizioni Sensibili Alle Foglie.

per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org