articolo su “DIVIETO D’INFANZIA. PSICHIATRIA, CONTROLLO, PROFITTO”

  • December 17, 2018 7:04 pm

“DIVIETO D’INFANZIA. PSICHIATRIA, CONTROLLO, PROFITTO”

di Chiara Gazzola e Sebastiano Ortu, BFS edizioni, Pisa 2018.

“ Siamo abbastanza liberi da esseri capaci di non interferire nella vita di un’altra persona, quale che sia la sua età? “(Alexander Neil)

Nel 2008 la prima edizione di Divieto d’Infanzia lanciava l’allarme sulla prescrizione di psicofarmaci a bambini e adolescenti; oggi, la nuova edizione aggiornata fa i conti con un progressivo aumento del consumo degli psicofarmaci da parte di tutta la popolazione mondiale. E’un aggiornamento necessario vista la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) del 2013, che ha previsto l’inserimento di nuove categorie diagnostiche dedicate all’infanzia. Attraverso il DSM, la psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. Questo allargamento dei confini diagnostici favorisce il reclutamento in psichiatria, di un numero sempre più alto di bambini.

Il libro rivolge lo sguardo alla diagnosi di ADHD  (deficit dell’attenzione e iperattività)  in Italia, ai dati sulle altre patologie psichiatriche e ai relativi farmaci nel mercato nazionale; mette in discussione anche la tendenza alla medicalizzazione nelle scuole, cercando di dare degli spunti e stimoli ad alternative concrete per ostacolarla.

Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno diagnosi psichiatriche, in particolare disturbo dell’adattamento, dell’attenzione, con iperattività, depressione, disturbo bipolare.

L’attuale tendenza dell’insegnamento e della pedagogia è quella di farsi coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qualvolta un bambino disturba o contrasta i programmi formativi. Il “disagio” comportamentale invece di essere valutato come un campanello d’allarme nella relazione adulto-bambino,  viene incasellato come un difetto dell’alunno. L’insegnante e l’educatore vengono così  deresponsabilizzati e dispensati dal modificare il loro approccio relazionale/educativo, delegando il problema ad un esperto che lo affronterà dal punto di vista della salute mentale. Vince così il paradigma biologico, secondo cui questi bambini hanno qualcosa che non va nel loro cervello e che dovranno prendere psicofarmaci, forse per il resto della loro vita.

Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generando fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti. Presi per lungo tempo possono portare a danni neurologici gravi che faranno del bambino un disabile.

A scuola, oggi, si mira sempre più ad un addestramento alla produttività, all’efficienza, alla centralità del risultato. Sicuramente gli stimolanti producano risultati positivi dal punto di vista delle insegnanti, ma sono di aiuto anche per il bambino? Nessuno fa mai riferimento specifico a quelli che possono essere i benefici per il diretto interessato.

Gli autori, Gazzola e Ortu, ci ricordano che insegnare “è dare priorità alla relazione e saper sperimentare approcci didattici e pedagogici a secondo della persona con la quale ci si relaziona.” Compito degli adulti è difendere le nuove generazioni e tornare a riflettere sull’importanza dell’ambito sociale, comunitario e relazionale per la loro educazione.

Questo libro ci invita a non cedere al riduzionismo psichiatrico, a non psichiatrizzare ogni comportamento disturbante e/o sofferente, affinché la fantasia, il senso critico e la libertà di scelta continuino a caratterizzare l’infanzia.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

antipsichiatriapisa@inventati.org

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