Archives for May, 2016
VERONA sab 4 giugno ore 18 presentazione di “ELETTROSHOCK” c/o spazio anarchico La Storta
VERONA SABATO 4 GIUGNO
c/o lo Spazio Anarchico La Storta
via xx settembre 43/a
alle ore 18 presentazione del libro:
“ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute.”
a cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, ed. Sensibili alle Foglie.
A seguire proiezione dei video:
“Pietro” regia di Alessio Valente
“Cortoshock” regia di Andrea Maiorana e Daniele Filipetto
per info:antipsichiatriapisa@inventati.org www.artaudpisa.noblogs.org
INFORMAZIONI sul Trattamento Sanitario Obbligatorio
INFORMAZIONI SUL TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio)
La legge 180/78 è la normativa che regola in Italia i trattamenti sanitari. La legge 180/78 sancisce che i trattamenti sanitari sono, in generale, volontari. Ma stabilisce anche dei casi in cui il ricovero venga eseguito coattivamente e contro la volontà dell’individuo: è il caso del T.S.O. eseguibile all’interno del reparto psichiatrico di un qualunque Ospedale generale civile; SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura)
Il trattamento sanitario obbligatorio ha durata di 7 giorni, e per essere disposto necessita di una serie di passaggi stabiliti per legge. Esso deve essere disposto dal Sindaco del comune di residenza su proposta di un medico e convalidato da uno psichiatra operante nella struttura pubblica.
Dopo aver firmato la richiesta di T.S.O. il sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio. Il giudice, che ha un compito di vigilanza sui trattamenti, può entro 48 ore convalidare o meno il provvedimento. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il T.S.O. venga rinnovato.
Il T.S.O. può essere eseguito solo se sussistono queste tre condizioni:
1. L’individuo presenta alterazioni psichiche tali da necessitare interventi terapeutici urgenti;
2. L’individuo rifiuta l’interventi terapeutici;
3.L’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero.
Quanto al contenuto, un Trattamento Sanitario Obbligatorio può essere revocato se mancano le 3 condizioni che lo giustificano. Poiché è molto difficile appellarsi alla mancanza dello stato di urgenza o di necessità definito dall’arbitrio dello psichiatra di turno,è più funzionale far riferimento alle altre 2 condizioni. Se non vi sono omissioni e il T.S.O. risulta legale, una volta in reparto è opportuno o dimostrare che il trattamento può avvenire in luogo diverso rispetto all’ospedale, oppure accettare le cure che ci vengono somministrate. In tali casi 2 delle condizioni decadono. A questo punto si può chiedere la revoca del T.S.O. al Sindaco e al Giudice Tutelare, magari allegando un’autocertificazione in cui si dichiara l’accettazione della terapia.
Di fronte alla presentazione di un provvedimento di T.S.O. abbiamo diritto a chiedere la NOTIFICA del Sindaco relativa al provvedimento stesso. In mancanza o in attesa di tale notifica, che deve pervenire entro 48 ore, nessuno può obbligarci a ricoverarci o a seguire terapie, a meno che non abbiamo violato norme penali o che lo psichiatra abbia invocato lo stato di necessità regolato dall’articolo 54 del Codice Penale.
Potrebbe mancare a questo punto la notifica da parte del Giudice Tutelare che deve pervenire entro le 48 ore successive alla richiesta del Sindaco. Se la convalida del giudice non avviene entro questo lasso di tempo il provvedimento decade. Ciò significa che abbiamo tutto il diritto, ai sensi di legge, di lasciare la struttura ospedaliera in cui ci avevano rinchiuso.
In molti casi accade che i medici che firmano il provvedimento non abbiano mai né visto né visitato il paziente. Il ricovero risulta illegale e dunque il T.S.O. è invalidato. In questi casi, inoltre, i medici possono essere denunciati per falso in atto pubblico.
Il T.S.O. decade anche qualora o i medici o il Sindaco o il Giudice Tutelare, nei loro documenti abbiano omesso di specificare le motivazioni che hanno reso necessario il ricorso al ricovero coatto.
Se il provvedimento di T.S.O. è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza, ne va data comunicazione al sindaco di quest’ultimo comune. Se il provvedimento è adottato nei confronti di cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero degli Interni e al consolato competente, tramite il prefetto.
I DIRITTI CHE ABBIAMO in CASO di TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO
- abbiamo diritto alla notifica del provvedimento di TSO. In assenza di questa notifica nessuno può obbligarci a seguirlo o ad assumere terapie (esclusi i casi di comportamenti penalmente rilevanti e i casi in cui si ravvisano gli estremi dello stato di necessità).
- abbiamo diritto di presentare ricorso avverso al TSO al Sindaco che lo ha disposto. Questo ricorso può essere proposto anche da chi ne ha interesse (familiari, amici, associazioni ecc..). Per ridurre i tempi conviene inviarne copia al Giudice Tutelare, specie se il ricorso parte entro le prime 48 ore dal ricovero (quando presumibilmente lo stesso non ha ancora convalidato il
provvedimento). - abbiamo diritto di avanzare richiesta di revoca al Tribunale, chiedendo la sospensione immediata
del TSO e delegando, se vogliamo, una persona di nostra fiducia a rappresentarci al processo. - abbiamo diritto di scegliere, ove possibile, il reparto presso cui essere ricoverati.
- abbiamo diritto di conoscere le terapie che ci vengono somministrate e di poter scegliere fra
una serie di alternative. - abbiamo diritto di comunicare con chi riteniamo opportuno e di ricevere visite nell’orario stabilito dalla struttura ospedaliera.
- abbiamo diritto di essere rispettati nella nostra dignità psichica e fisica. Anche se sottoposti a TSO nessuna contenzione fisica e meccanica può esserci applicata, se non in via eccezionale e per il tempo strettamente necessario alla somministrazione della terapia e in accordo alle linee guida dell’Ospedale. Gli atti di contenzione di natura punitiva sono reati penalmente perseguibili.
- abbiamo diritto di dettare nella nostra cartella clinica ogni informazione riguardante il nostro
stato di salute e i trattamenti che riceviamo. - abbiamo diritto di conoscere i nomi e la qualifica degli operatori del reparto (essi devono
indossare cartellini di riconoscimento).
Il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38 56100 Pisa antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669
CANAPISA 2016 sab 28 Maggio piazza S.Antonio ore 16 Pisa
come collettivo antipsichiatrico anche quest’anno parteciperemo a Canapisa. sotto il volantino che distribuiremo durante la street parade.
CANAPISA STREET PARADE 2016 Sabato 28 maggio
ore 16 Piazza Sant’Antonio – PISA
LA FOLLIA DI CURARE LA PAZZIA
Ovvero sulla crisi , sul controllo sociale e sulla diffusione degli psicofarmaci.
L’istituzione psichiatrica è uno dei principali strumenti che il sistema usa per ostacolare l’autodeterminazione degli individui, per arginare qualsiasi critica sociale e normalizzare quei comportamenti ritenuti “devianti” poiché non conformi al mantenimento dello status quo, intervenendo nel complesso ambito della sofferenza.
Assistiamo oggi ad una sistematica diffusione della crisi, di matrice economica, politica, sociale e personale; le cause di questa crisi vanno ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci viene imposto; non nei cosiddetti disturbi biochimici della mente.
La logica psichiatrica sminuisce invece le nostre sofferenze, riducendo le reazioni dell’individuo rispetto al carico di stress cui si trova sottoposto a sintomi di una malattia e medicalizzando gli eventi naturali della vita.
Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni – ovvero diagnosi/etichetta e cura farmacologica – noi crediamo che rivendicare il diritto all’autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi “riappropriarsi” della follia e della molteplicità di maniere per affrontarla, elaborandola in maniera autonoma.
La psichiatria moderna è diventata una tecnica di repressione tramite psicofarmaci. Che bisogno c’è della camicia di forza quando oggi basta una pillola o un’iniezione?
Sicuramente l’uso della violenza (non del tutto scomparso, laddove ancora si pratica la contenzione meccanica) è un approccio più appariscente e rumoroso. Ecco perché oggi gli si preferisce la tecnica farmacologica, più silenziosa, incontrollabile e accettabile. È molto più semplice convincere qualcuno a prendere delle pasticche o a farsi fare iniezioni che a farsi legare ad un letto.
In questa epoca post-basagliana, in cui si chiudono gli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) ma si aprono le REMS (Residenze Esecuzione Misura di Sicurezza), in cui si continua a praticare l’elettroshock avendogli solamente cambiato nome in TEC (Terapia Elettro Convulsiva) non c’è evoluzione o cambiamento (né democrazia, per chi ne parli ancora in questi termini) nell’affrontare la follia senza legarla ad un letto ma sostenendo l’obbligo di cura.
L’istituzione psichiatrica continua a compiere la sua funzione di esclusione e controllo sociale, ed ha enormemente ampliato il suo bacino d’utenza aumentando di anno in anno il numero di “malattie mentali” da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare. Tra questi rientra il consumo di sostanze psicoattive, che oggi diviene sintomo di un disagio da trattare con cure psichiatriche, trasformando un fenomeno culturale e sociale in una questione sanitaria. Negli ultimi anni a causa del decreto Fini-Giovanardi e delle nuove proposte di legge in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame proibizionismo-psichiatria ed i consumatori di sostanze illegali sono diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l’industria del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia diagnosi che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della loro “malattia mentale”.
Nonostante si dimostri proibizionista nei confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti farmacologici che sono spesso introdotti coercitivamente nel corpo delle persone.
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia.
Siamo contro l’obbligo di cura. Non siamo a priori contro l’utilizzo di psicofarmaci e non demonizziamo alcuna delle sostanze. Riteniamo che spetti all’individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione. Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669
RACCONTO DI UNA ESPERIENZA CON LA PSICHIATRIA
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo racconto di una reale esperienza con la psichiatria.
È difficile rendersi conto che stai subendo un t.s.o.? di solito la pratica inizia con un punturone di sedativo, le parole stentano e ti accorgi di essere stato ricoverato e catturato al reparto, dove è quasi inevitabile la contenzione fisica. Arrivano guardie, 118, vigili e esercito. Al di là dell’atto infamante del TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO vorrei sottolineare che un ricovero psichiatrico anche in T.S.V. (Trattamento Sanitario Volontario n.d.r.) è in ogni caso una lunga agonia e la complicità dell’infermiere arriva addirittura alle contenzioni anche senza t.s.o. ; cioè sarai per quei giorni in balia delle decisioni di 4 loschi individui, che sfogano le loro tensioni aggressive sul paziente.
Io ne ho subiti una quarantina e fino all’arrivo in SPDC ricordo lucidamente cosa stava accadendo, dopo il trattamento un buio assoluto che si trascina per alcuni giorni. Ho imparato dopo queste lunghe esperienze che ribellarsi è inutile, aggrava soltanto la tua condizione. Informarsi della terapia, chiedere delle proprie condizioni, significa essere “fastidiosi” ed aumenta il pericolo della gravità della malattia.
Mi dispiace affermarlo, ma prima sei sottomesso e prima finirà il calvario.
Mi hanno fatto t.s.o. per motivi più variegati, ma se devo essere obiettivo, non ci sono mai state le condizioni di legge per essere in t.s.o.
È stata sempre una prevaricazione del mio essere individuo, un atto prepotente e violento, dove l’unica finalità è essere cavia dell’istituzione psichiatrica e dei suoi metodi. Nei primi ricoveri ero realmente aggressivo, contro ogni persona che si avvicinasse a letto, ma lentamente ho lasciato la mia rivolta per seguire una strada di mediazione: le contenzioni segnano. Più sei contrario alle cure e rifiuti il reparto, più la violenza di quegli esseri dal camice bianco si sfoga su te stesso, arrivando a pratiche fuori dal comune, dalla camicia di forza ad una serie di shock punitivi.
Ricordo una sera per condizioni di abuso di LSD ho iniziato a pescare dal sesto piano; in 20 minuti sono arrivate tutte le divise che si possano immaginare.
Preso, ricoverato e legato con flebo in endovena per 20 giorni. Con il sadico che si accaniva sul mio corpo, arrivando addirittura ad un catetere di fil di ferro. Ogni pisciata era un urlo munchiano. Un’altra volta ho chiuso mia madre fuori casa, è arrivata il 118 e i pompieri hanno aperto casa. Il medico senza accertare le mie condizioni psicofisiche, è arrivato ad affermare che io volevo uccidere mia madre e con una facilità estrema mi considerò socialmente pericoloso; acchiappato, imbavagliato e dopo… un ricovero in lunga degenza che durò 5 mesi sempre conteso, dove le mie condizioni fisiche si aggravarono a tal punto di chiedere in extremis un ricovero allo Spallanzani (Ospedale di Roma n.d.r.), con transaminasi che arrivarono a livelli impressionanti. Non esiste più la tua possibilità di scegliere e alcune volte ti trovi in una clinica senza che nessuna legge sia rispettata. Ed è facile, quasi automatico, che dopo un t.s.o. devi inevitabilmente prendere la terapia al DSM, ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio n.d.r.) per alcuni mesi. Fino a quando una psichiatra non deciderà di lasciarti più o meno libertà sugli psicofarmaci, e se sei scaltro, fortunato e consapevole dei danni che le medicine provocano, desidererai scalare quella terapia da cavallo.
Non riesco a capire l’associazione di farmaci che hanno come unica finalità di sedarti, più dormi e più sarai giudicato prossimo alle dimissioni. È da considerare fondamentale il ruolo di familiari che spesso diventano il tramite delle tue decisioni: dall’approvazione dell’elettroshock al trasferimento in uno di questi manicomi mascherati. È tutto contro legge. Ricordo che una sera, nel mio covo, la lavanderia delle case popolari, ho cucinato alla brace il pesce spada, gli inquilini chiamarono il 113 dicendo che stavo incendiando il palazzo e senza verificare che in realtà stavo cucinando, venni scortato al Sandro Pertini, dove le condizioni di vivibilità sono deprimenti. Di questo ricovero non ricordo altro. Un altro t.s.o. è stato al San Filippo Neri, motivando il trattamento per abbigliamento bizzarro, sono stato sveglio per due notti perché appena prendevi sonno arrivava un punturone. In T.s.o. a Rieti cambiava terapia giornalmente senza alcun tipo di coerenza, dal clopixol al nepolex, ma se senza coerenza medica. Allora mi domando. Domare la tua ribellione significa essere malati di mente? Arriveranno ad affermare che i tuoi geni sono malati? Mi diedero 7 abilify, sono fortunato di essere ancora vivo, ho amici che durante un t.s.o. hanno perso la vita.
Ricorderei Luigi Marinelli che messe le manette gli è stato spappolato il fegato e morì di colpo.
Effetti collaterali annessi, perdita di istinto alla sopravvivenza, annientamento dei propri impulsi sessuali, tremori infiniti, ecco cos’è la loro scienza; un mare di paroloni presuntuosi e sentenziosi.
Contro la pratica del t.s.o. organizzare resistenze, ipotizzare sempre il peggio per essere pronti ad avere un minimo di attendibilità nella pianificazione di qualunque risposta. Essere in tanti per difendere ciò che è rimasto di te e della tua sensibilità, del tuo mondo affettivo, distrutto quasi annientato. Sembrerà fantascientifico, ma più persone sono al corrente del t.s.o. più le possibilità di essere liberato aumentano, è come se i visitatori prendessero il ruolo di testimoni scomodi; in questo denso mare inquinato di petrolio apriamo uno spiraglio di luce.
In t.s.o. mi piace scappare, lunghe derive mentali per approdare in altre regioni dove non sei più perseguibile – mi legarono più per le fughe che per la violenza – ero evasione – prendo un caffè chiedo 10 euro a una paziente e sono fuori da questo inceppo. Innocuo, addomesticato, docile, ecco come vorrebbero. Mi sgarbo la barba con il sangue per non farmi toccare e poi mi do via sull’autostrada. Com’è bello fuggire davanti a un ricovero, ti senti soddisfatto, quasi vincitore, non c’è più il carrello dei medicinali. Ecco fatto, sono di nuovo libero, ma in balia della strada non dell’infermiere. E poi se esci positivo alle droghe sono cazzi tuoi. La clinica non te la leva nessuno. Un periodo di risanamento. Dopo comunità di doppia diagnosi, lager mascherati. Che bella soddisfazione slegarsele, levarsele, strapparsele.
Il delirio destabilizza, vince l’organizzazione statale, va annientato non promulgato, se poi è strutturato sei schizofrenico, allora sta 180 ma che è? Me lo sono chiesto molte volte. Ogni t.s.o. mi sono chiesto che è sta legge, la legge è legge mi sono risposto, e per ciò definiamo concetti per superare anche sto Basaglia. I “basagliani” sono i peggio, è meglio uno psichiatra fascio, almeno sai cosa hai davanti. La psichiatria democratica è qualcosa per ripulirsi le coscienze di tutti gli A.S.O. perpetuati al DSM, luogo di soppressione. Il dialogo? Devi essere incisivo, forte e determinato, altrimenti le tue ragioni cadono nella terapia intramuscolo. Quali risposte dare alla loro aggressività? Giulia, Marco, Luigi, vivete di nuovo vi prego, voglio stare con voi fino all’ultima iniezione di haldol. Una volta una responsabile del DSM, un pezzo grosso, affermò: ziprex, aldol, risperdal, è tutto uguale. Pensiamo a questa scienza di speculazione, rispondiamo con la prassi, che è azione rivoluzionaria. I t.s.o. più deleteri non ve li racconto, fanno parte del mio intimo segreto. Mi vergogno.
Scusate ma io devo dire pure questo, una volta durante un T.S.O. ho telefonato al telefono viola di Roma. Mi hanno risposto “prenda un appuntamento”. Io ce l’ho con tutti in questo argomento. Ce l’ho con P. Perché la pensione di irreversibilità me la vuole levare, ce l’ho con tutti questi comitati che mi levano la casa popolare e poi c’è la casa famiglia, se c’hai le spinte giuste.