recensione sul libro “ELETTROSHOCK” di Chiara Gazzola da Sicilia libertaria, n. 355, novembre 2015
da Sicilia libertaria, n. 355, novembre 2015- di Chiara Gazzola ELETTROSHOCK… OGGI! Il libro curato dal Collettivo Antipsichiatrico A. Artaud di Pisa dal titolo Elettroshock – La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute, ed. Sensibili alle foglie, 2014, pur ricostruendo la storia dei metodi e dei dispositivi, spiega le poco conosciute motivazioni che sottintendono al suo sdoganamento. Si toglie la fastidiosa parola shock e lo si definisce con un acronimo (TEC, terapia elettro convulsiva). In Italia lo si ripristina ufficialmente tramite una circolare ministeriale del 1996 firmata da Rosy Bindi che, seguendo il parere del CNB (Comitato Nazionale di Bioetica), lo considera “un trattamento elettivo ed adeguato”, “uno strumento terapeutico, talora indispensabile, per la riduzione della sofferenza” e “presidio terapeutico di approvata efficacia, la cui rinuncia aumenterebbe il rischio di peggioramento clinico e di morte”; per quest’ultima precisazione si elencano le diagnosi: “depressione, mania, schizofrenia, catatonia, sindrome maligna da neurolettici, gravi disturbi mentali in corso di gravidanza, psicosi puerperale”. Si elencano poi i casi di “successi terapeutici su patologie neurologiche quali: gravi sindromi parkinsoniane, epilessia, delirium, depressione post stroke”. In questi termini si sono zittite le polemiche passate. L’elettroshock che sopravviveva in una decina di strutture pubbliche e private, ora viene ampiamente utilizzato in più di 90: soltanto in Sicilia ve ne sono 14. Miracolo della legalità! Sono state avviate campagne di screening al fine di incentivarne l’utilizzo e l’approvazione. I dati registrano un aumento dei trattamenti: privilegiate le donne, non a caso nell’elenco delle diagnosi elettive ne compaiono alcune tipicamente femminili. Il collettivo pisano da oltre dieci anni dà supporto alle persone psichiatrizzate; questo libro ha, quale filo conduttore, proprio la voce di chi ha subìto la TEC, con o senza anestesia, con o senza consenso informato. L’artista surrealista Antonin Artaud scrisse: ”Strana maniera di trattare un uomo cominciando con assassinarlo. E io dico che mi occorreranno ora quanti triliardi di anni per riprendere tutto ciò che l’elettroshock mi ha tolto”. La sua testimonianza viene completata e confermata da tante altre (troppe, per una società e una medicina che si autodefinisce civile e democratica!) che si calano nell’attualità, denunciando costrizioni, raggiri, annientamento. Traumi esistenziali, percezioni contrastanti fra come ci si sente e come si viene giudicati dalle diagnosi; molteplici strategie di resistenza, capacità nel trovare ascolto e aiuto, percorsi di volontà e determinazione. Dai racconti emerge una terribile costante: questa è un’esperienza di cancellazione della memoria, di un’interruzione non scelta del vissuto, della consapevolezza di un vuoto incolmabile, di una brutalità che lascerà per sempre una ferita perché la lesione procura amnesie anche su esperienze più recenti. Si scrive terapia e si legge memoria bruciata! Si scrive cura e si legge punizione! Non è un danno collaterale, nei protocolli psichiatrici è la terapia ad essere descritta come rimozione dei ricordi attraverso la convulsione indotta, anche quando viene specificato che l’esatta eziologia delle patologie sia sconosciuta. I fautori della TEC sostengono che sia un sostituto efficace alla prescrizione di psicofarmaci; dall’evidenza clinica emerge invece come i due trattamenti siano complementari, anche nel caso in cui l’elettroshock viene scelto per sopperire le lesioni causate dai neurolettici. Il libro riporta in appendice il testo della legge 180 del 1978 che riformò le modalità dei ricoveri e istituzionalizzò il TSO (trattamento sanitario obbligatorio); della Circolare Bindi del 1996 e della sentenza della Corte Costituzionale del 2003 che dichiarò illegittimo il divieto di utilizzare queste pratiche introdotto da alcuni Consigli Regionali. Chiara Gazzola