COME E PERCHE’ GLI OPG VANNO SUPERATI
LETTERA APERTA
SULL’INSOSTENIBILITA’ DEI MANICOMI CRIMINALI
L’Ospedale
Psichiatrico Giudiziario, pesante cono d’ombra della giustizia
italiana che affonda le sue radici negli anni ’30 del fascismo, è
oggi oggetto di ridiscussione.
Le
riforme carcerarie del ’75-’86 e quelle psichiatriche del ’65-’78
hanno prodotto solo un cambiamento di definizione: il Manicomio
Criminale si tramuta in Ospedale Psichiatrico Giudiziario.
In
tutti questi anni, mentre l’OPG è rimasto cristallizzato nella
sua forma fascista, con la legge 180 gli Ospedali Psichiatrici
vengono lentamente smantellati e sostituiti da una serie di
istituzioni (ospedali, case famiglia, comunità, ecc) ed il
ricovero coatto viene regolamentato e ridefinito come Trattamento
Sanitario Obbligatorio in reparto psichiatrico.
Allo
stesso modo le carceri vengono formalmente coinvolte in un processo
di apertura, che paradossalmente conduce ad un allargamento della
popolazione carceraria tramite un più ampio e capillare
sistema di controllo esterno al carcere. Con la legge Gozzini le
carceri si aprono alla società e si instaurano una serie di
misure alternative all’internamento.
L’individualizzazione
della pena, voluta dalla Gozzini, ha fatto sviluppare nell’ambito
carcerario ipotesi sul soggetto criminale sempre più
somiglianti alle pratiche psichiatriche sui “malati di mente”;
infatti i percorsi rieducativi si confondono con quelli terapeutici
e gli psicofarmaci si diffondono massicciamente anche in carcere.
Negli
anni ’70 ’80 una rivoluzione culturale antisegregazionista si afferma
sul piano legislativo, ma nella realtà rimangono inalterati il
pregiudizio di pericolosità sociale del malato mentale e lo
stigma del recluso.
Se
nel tempo l’attenzione politica e legislativa si è spostata
dalla malattia al malato, dalla pericolosità al disagio, e
dalla punizione alla rieducazione, nella società i corpi degli
psichiatrizzati e dei carcerati sono rimasti comunque esclusi e
imprigionati.
Una
nuova tecnologia del controllo sociale si diffonde: l’industria
farmacologica sforna prodotti capaci, in alcuni casi, di sostituire
le camicie di forza, i letti di contenzione e le sbarre.
Negli
ultimi anni si è ricominciato a parlare di OPG e, nel
tentativo di risolvere l’ ormai scottante questione, sono state
presentate due proposte di riforma degli OPG.
Nella
proposta di legge delle regioni Toscana ed Emilia Romagna la figura
giuridica della non imputabilità è mantenuta, anche se
con alcune modifiche, come l’abolizione della seminfermità; si
conservano il concetto di pericolosità sociale e
l’applicazione di misure di sicurezza nei confronti di chi è
ritenuto non imputabile; le misure di sicurezza previste sono:
assegnazione ad un istituto in cui si garantiscano trattamento
psichiatrico e custodia ( per reati con pena massima non inferiore a
10 anni), e affidamento al Servizio Sociale (per reati con pena
massima inferiore a 10 anni), che potrà essere tramutata nella
prima qualora non dovesse risultare adeguata al caso.
Tale
proposta con la misura di affidamento ai servizi sociali costituisce
un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive
totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità
sociale, non cambia l’essenza della modalità di risoluzione
della questione.
Nonostante
sia previsto un maggiore contatto dell’individuo con la società,
l’isolamento rimane all’interno dell’individuo attraverso trattamenti
psicofarmacologici debilitanti che conducono a fenomeni di
cronicizzazione.
Cambieranno
i luogo di reclusione, in strutture meno fatiscenti e più
specializzate, ma allo stesso tempo ci sarà una gestione
affidata al privato sociale, andando così incontro a fenomeni
di allungamento della degenza per mantenere i finanziamenti, con una
presa in carico vitalizia ad opera dei servizi psichiatrici.
L’altra
proposta, quella dell’onorevole Corleone, parte da una sostanziale
novità nell’approccio alla questione: l’istituto della non
imputabilità è abolito; al “malato di mente” autore
di reato è riconosciuta la capacità di intendere e di
volere e quindi la sua imputabilità e possibilità di
essere soggetto alle pene previste dal codice penale per il tipo di
reato commesso.
L’opg
viene quindi abolito, ma solo per creare all’interno del carcere
strutture adeguate alla cura dei disturbi mentali, reparti
psichiatrici interni all’istituto penitenziario, così da
aumentare il ruolo della psichiatria in carcere senza modificare la
situazione attuale.
Queste
proposte non soddisfano l’idea di un superamento di un sistema
aberrante e coercitivo, infatti permangono misure di contenzione
svilenti per l’individuo e trattamenti farmacologici troppo
debilitanti e depersonalizzanti per poter essere definiti positivi
per la persona.
Uno
concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa
necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista,
largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà
di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane
contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.
Collettivo
antipsichiatrico Antonin Artaud
antipsichiatriapisa@inventati.org