STOP ELETTROSHOCK! STOP TASER!

  • May 27, 2019 6:50 pm

STOP ELETTROSHOCK! STOP TASER!

L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti , non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto.

Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza?

È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione?

Basta chiamarla terapia per renderla legittima?

Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?

Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?

In Italia, sul finire degli anni novanta, i presidi sanitari dove era possibile praticare l’elettroshock erano nove – sei pubblici e tre privati. Venne presentata una campagna, “Sdoganare l’elettroshock”, dai più illustri psichiatri organicisti aderenti all’AITEC (Associazione Italiana Terapie Elettroconvulsive), che principalmente chiedeva due cose: un aumento dei presidi autorizzati tale che si potesse coprire la richiesta di una struttura ogni milione di abitanti e la promozione di iniziative culturali tese ad una rivalutazione di quella che era la percezione pubblica dell’elettroshock. Fu così che gli apparati politici italiani intervennero in materia predisponendo, per la prima volta, un percorso teorico e normativo che identificasse delle linee guida condivise tra apparati istituzionali pubblici e privati e le richieste della psichiatria.

In Italia, e non solo, negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.

 

Nel 2011 le strutture ospedaliere coinvolte, cioè quelle che hanno eseguito almeno una TEC in un anno, erano 91. Nel triennio che va dal 2008 al 2010, 1.406 persone sono state sottoposte a elettroshock. La maggioranza dei trattamenti riguarda le donne, 821 contro 585 uomini, e la fascia d’età va in media dai 40 ai 47 anni. Nel 2008 i pazienti over 75 che hanno subito la TEC erano 21, l’anno dopo 39.

Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno.

I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.

Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.

Oggi l’uso dell’elettricità torna di moda e aumenta, infatti anche in Italia sono in dotazione alle forze dell’ordine le pistole elettriche. Dal 5 settembre 2018 in Italia il Thomas A. Swift’s Electronic Rifle ( TASER ) è in fase di sperimentazione in dodici città italiane. La pistola elettrica è stata usata la prima volta il 12 settembre 2018 a Firenze dai carabinieri per fermare un giovane musicista turco di 24 anni disarmato in stato di agitazione. Il ragazzo, in seguito al fermo, è stato ricoverato in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale S. Maria Nuova di Firenze.

Il Taser è considerato un dispositivo utile a garantire la sicurezza degli agenti. L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente elettrica a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. Le pistole in dotazione ai carabinieri non hanno bisogno di essere ricaricate e quindi possono sparare due colpi, ossia quatto dardi. La dotazione del Taser viene giustificata dalla non mortalità dell’arma, nonostante venga considerata dall’ONU uno strumento di tortura. Il Ministro dell’Interno Salvini, nel DDL Sicurezza ha inserito l’estensione dell’arma anche ai vigili urbani e alla Polizia ferroviaria oltre che alle altre forze di Polizia. Nella ricerca “Shock tactics” della Reuters, su 1005 casi di morte legati all’uso del Taser, ben 257 vengono ricondotti all’uso dell’arma su soggetti con “disturbi psichiatrici e malattie mentali”; mentre in 153 casi il Taser è indicato come causa o come fattore che ha contribuito alla morte.

Il fatto che il primo uso della pistola elettrica in Italia sia stato su una persona in stato di agitazione è perfettamente in linea con le intenzioni dell’azienda produttrice dell’arma, Taser International, ora AXON, che già nel 2004 riteneva la pistola elettrica “lo strumento più adatto a gestire persone emotivamente disturbate”. Ci preoccupa e allarma molto il fatto che si cominci ad usare il Taser su persone in difficoltà, in stato di agitazione o di crisi, per poi ricoverarle nei reparti psichiatrici. Ad oggi il TSO è un metodo coercitivo che obbliga il soggetto ad un trattamento farmacologico(e anche contenitivo) pesante e sradica la persona dal proprio ambiente sociale, rinchiudendola in un reparto psichiatrico, ignorando la complessità delle relazioni umane e sociali.

Infine ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

PISA: sab 1/06 PRESIDO CONTRO L’ELETTROSHOCK !!!

  • May 24, 2019 4:35 pm

NO ELETTROSHOCK!

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16  a PISA

c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

STOP ELETTROSHOCK!

L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa  e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti , non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto.

Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza?

È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione?

Basta chiamarla terapia per renderla legittima?

Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?

Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?

In Italia, sul finire degli anni novanta, i presidi sanitari dove era possibile praticare l’elettroshock erano nove – sei pubblici e tre privati. Venne presentata una campagna, “Sdoganare l’elettroshock”, dai più illustri psichiatri organicisti aderenti all’AITEC (Associazione Italiana Terapie Elettroconvulsive), che principalmente chiedeva due cose: un aumento dei presidi autorizzati tale che si potesse coprire la richiesta di una struttura ogni milione di abitanti e la promozione di iniziative culturali tese ad una rivalutazione di quella che era la percezione pubblica dell’elettroshock. Fu così che gli apparati politici italiani intervennero in materia predisponendo, per la prima volta, un percorso teorico e normativo che identificasse delle linee guida condivise tra apparati istituzionali pubblici e privati e le richieste della psichiatria.

In Italia negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum  la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.

Nel 2011 le strutture ospedaliere coinvolte, cioè quelle che hanno eseguito almeno una TEC in un anno, erano 91. Nel triennio che va dal 2008 al 2010, 1.406 persone sono state sottoposte a elettroshock. La maggioranza dei trattamenti riguarda le donne, 821 contro 585 uomini, e la fascia d’età va in media dai 40 ai 47 anni. Nel 2008 i pazienti over 75 che hanno subito la TEC erano 21, l’anno dopo 39.

Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno.

I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.

Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.

Ci teniamo, quindi, a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.

 COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

CIAO SABATINO…CI MANCHERAI!

  • May 23, 2019 7:29 pm

CIAO SABATINO…CI MANCHERAI!

Sabatino Catapano ci ha lasciato…
abbiamo conosciuto la sua esperienza di reclusione e un pezzo della sua vita leggendo
il suo libro “il sopravvisuto”; dove racconta l’orrore del carcere e del manicomio.
abbiamo conosciuto la sua umanità vestito da Pulcinella, in spettacoli contro il pre-giudizio psichiatrico…

Sabatino ti porteremo sempre con noi e nelle nostre lotte….

il collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

LINK intervista a radio Wombat al collettivo Artaud su Taser, Elettroshock, Rems ecc…

  • May 21, 2019 3:49 pm

https://wombat.noblogs.org/2019/05/21/stampa-rassegnata-066-13-19mag/

QUESTO è il link per sentire l’intervista fatta a Radio Wombat, come collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, su:

-Taser: un’altra vittima. Ancora scariche elettriche su un utente psichiatrico;

– l’Elettroshock;

– gli Abusi e Soprusi della coercizione e le Rems;

– Canapisa

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669 Via San Lorenzo 38 56100 Pisa

PISA: sab 1/06 PRESIDIO NO ELETTROSHOCK !

  • May 18, 2019 12:59 pm

NO ELETTROSHOCK!

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16  a PISA

c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

 COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

NO ALL’USO DEL TASER NEI REPARTI PSICHIATRICI !! NO AL TASER!  NO AI TSO CON LE SCOSSE ELETTRICHE!!!

  • May 15, 2019 8:48 am

NO ALL’USO DEL TASER NEI REPARTI PSICHIATRICI!

NO AL TASER!  NO AI TSO CON LE SCOSSE ELETTRICHE!!!

A Firenze nel reparto di psichiatria dell’ospedale Santa Maria Annunziata è stato utilizzato il Taser per sedare un uomo per poi ricoverarlo in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). L’utilizzo della pistola elettrica è stato effettuato dai carabinieri, infatti, una pattuglia è intervenuta  nell’ospedale poiché era stato segnalato un soggetto in forte stato di agitazione.

Ci chiediamo come è sia stato possibile ricorrere all’utilizzo del Taser in un reparto psichiatrico.

È il secondo utilizzo a Firenze, a due persone già conosciute dai servizi psichiatrici.

Infatti, la  pistola elettrica è stata usata la prima volta in Italia il 12 settembre 2018 sempre a Firenze e sempre dai carabinieri per fermare un giovane musicista turco di 24 anni disarmato in stato di agitazione. Il ragazzo, in seguito al fermo, è stato ricoverato in TSO presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale S. Maria Nuova.

Quando non arriveranno il medico o l’infermiere a contenere arriveranno i Taser?

Il fatto che l’uso della pistola elettrica in Italia venga fatto su più di una persona in stato di agitazione è perfettamente in linea con le intenzioni dell’azienda produttrice dell’arma, Taser International, ora AXON, che già nel 2004 riteneva la pistola elettrica “lo strumento più adatto a gestire persone emotivamente disturbate”.

Il Taser è considerato un dispositivo utile a garantire la sicurezza degli agenti. L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente elettrica a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. La pistola può anche essere premuta contro il corpo, causando dolore intenso. Le pistole in dotazione ai carabinieri non hanno bisogno di essere ricaricate e quindi possono sparare due colpi, ossia quatto dardi.

Dal 5 settembre 2018 in Italia il Taser è in fase di sperimentazione in dodici città italiane. La dotazione del Taser viene giustificata dalla non mortalità dell’arma, nonostante venga considerata dall’ONU uno strumento di tortura. Il Governo Italiano per mantenere la sicurezza dei cittadini, piuttosto che ridurre i casi di applicazione della violenza, preferisce dare alle forze dell’ordine la possibilità di sparare di più facendo meno vittime. Il Ministro dell’Interno Salvini, nel DDL Sicurezza ha inserito l’estensione dell’arma anche ai vigili urbani e alla Polizia ferroviaria oltre che alle altre forze di Polizia.

Nella ricerca “Shock tactics” della Reuters, su 1005 casi di morte legati all’uso del Taser, ben 257 vengono ricondotti all’uso dell’arma su soggetti con “disturbi psichiatrici e malattie mentali”; mentre in 153 casi il Taser è indicato come causa o come fattore che ha contribuito alla morte.

Ci preoccupa e allarma molto il fatto che si cominci ad usare il Taser su persone in difficoltà,  in stato di agitazione o di crisi, per poi ricoverarle nei reparti psichiatrici. Ad oggi il TSO è un metodo coercitivo che obbliga il soggetto ad un trattamento farmacologico pesante e sradica la persona dal proprio ambiente sociale, rinchiudendola in un reparto psichiatrico, ignorando la complessità delle relazioni umane e sociali e molto spesso ledendone i diritti.

Noi ci opponiamo a tutto ciò! Il superamento delle crisi individuali passa attraverso un percorso comunitario e non attraverso l’utilizzo di metodi repressivi e/o coercitivi che risultano dannosi alla dignità dell’individuo. Ci chiediamo perché non venga attribuito alla rete sociale il giusto valore.

 

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud – antipsichiatriapisa@inventati.org artaudpisa.noblogs.org  335 7002669 via San Lorenzo 38 56100 Pisa

CANAPISA 2019 – PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE all’ EPIDEMIA

  • May 12, 2019 10:54 am

sotto il volantino che distribuiremo come Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
alla STREET PARADE ANTIPROIBIZIONISTA CANAPISA 2019
SABATO 18 MAGGIO ore 16 zona STAZIONE

PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE ALL’EPIDEMIA!!

Anche quest’anno parteciperemo a Canapisa per sostenere la lotta antiprobizionista e ribadirne l’affinità  con quella antipsichiatrica. Rivendichiamo la libertà di scegliere per noi stessi e rifiutiamo qualsiasi forma di patologizzazione dei comportamenti, tesa a creare categorie sociali discriminate e emarginate come quelle di “drogato” e “pazzo”.

L’istituzione psichiatrica è uno dei principali strumenti che il sistema usa per ostacolare l’autodeterminazione degli individui, per arginare qualsiasi critica sociale e normalizzare quei comportamenti ritenuti “pericolosi” poiché non conformi al mantenimento dello status quo, intervenendo nel complesso ambito della sofferenza. Assistiamo oggi ad una sistematica diffusione della crisi, sia sociale, economica e personale; le cui cause vanno ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci viene imposto e non nei meccanismi biochimici della mente. La logica psichiatrica sminuisce le nostre sofferenze, riducendo le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova sottoposto  a sintomi di malattia e medicalizzando gli eventi naturali della vita.

La psichiatria ha rimodellato, in profondità, la nostra società. Attraverso il suo Manuale Diagnostico e Statistico (DSM), la psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. La nostra comprensione sociale della mente umana, che in passato nasceva da fonti di vario genere, ora è filtrata attraverso il DSM. Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità degli “squilibri chimici” nel funzionamento del cervello, ha cambiato il nostro schema di comprensione della mente e messo in discussione il concetto di libero arbitrio. Ma noi siamo davvero i nostri neurotrasmettitori?

Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia. Siamo qui a chiedere dunque: qual’é la vera differenza fra le droghe illegali e gli psicofarmaci?

Sappiamo bene che le persone trattate con psicofarmaci aumentano la probabilità di trasformare un episodio di sofferenza in una patologia cronica. Molti coloro che ricevano un trattamento farmacologico vanno incontro a nuovi, e più gravi, sintomi psichiatrici, a patologie somatiche e a una compromissione cognitiva.

L’allargamento dei confini diagnostici favorisce il reclutamento, in psichiatria, di un numero sempre più alto di bambini e adulti. Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno una diagnosi psichiatrica e ci è stato detto che hanno qualcosa che non va nel loro cervello e che è probabile che debbano continuare a prendere psicofarmaci per il resto della loro vita, proprio come un “diabetico che prende l’insulina”.

Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni – diagnosi – etichetta e cura farmacologica – crediamo che rivendicare il diritto all’autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi “riappropriarsi” della follia e della molteplicità di maniere per affrontarla, elaborandola in maniera autonoma.

Siamo contro l’obbligo di cura e contro il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), non condanniamo a priori l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione.

Il TSO, la cui applicazione avviene nei reparti ospedalieri preposti (i cosiddetti SPDC), ha effetti coercitivi che vanno ben oltre le mura della stanza d’ospedale: è usato, presso i CIM o i Centri Diurni, anche come strumento di ricatto quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione. Per questo ancora una volta diciamo NO ai TSO, perché i trattamenti sanitari non possono e non devono essere coercitivi e affinché nessuno più debba morire di psichiatria.

Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Il  percorso di superamento di queste pratiche e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.

È giusto lottare anche contro trattamenti considerati obsoleti ma che invece sono ancora usati e stanno tornando di moda, come l’Elettroshock. L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta sempre di far passare la corrente elettrica per la testa di una persona, che passando attraverso il cervello, produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti , non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto. Uno dei luoghi in cui l’elettroshock viene praticato è l’Ospedale Santa Chiara a Pisa. Per questo saremo lì davanti, in un presidio di contro-informazione e di denuncia di quella pratica come di altre, tutte orientate alla costruzione di un futuro che si vorrebbe fatto di persone annichilite e ammansite, non oppositive e quindi facili da gestire.

Invitiamo tutti/e a partecipare ai seguenti appuntamenti:

  • PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16 c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

 

  • ASSEMBLEA NAZIONALE ANTIPSICHIATRICA DOMENICA 2 GIUGNO alle ore 10:30 c/o Spazio Antagonista Newroz in via garibaldi 72

 

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

via San Lorenzo 38 56100 Pisa antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669

PISA sab 1 e dom 2 giugno: APPELLO PRESIDIO NO ELETTROSHOCK+ASSEMBLEA ANTIPSICHIATRICA

  • April 29, 2019 3:28 pm

La psichiatria è un’istituzione medica basata su falsi assunti (anche scientifici) e funzionale al controllo sociale. Sostenuta da potenti lobby del farmaco che vedono aumentare i loro profitti, la psichiatria sta facendo grandi passi nell’affermazione di se stessa all’interno della società.

Il Manuale Diagnostico e Statistico (DSM), giunto alla quinta edizione, annovera ormai più di trecento diagnosi psichiatriche e definisce sempre più i confini tra ciò che è normale e ciò che non lo è, psichiatrizzando un numero sempre più alto di persone considerate “inadeguate”.

A scuola il “disagio” comportamentale invece di essere valutato come un campanello d’allarme nella relazione adulto-bambino, viene incasellato come un problema mentale del bambino; dispensando così l’educatore o l’insegnante dal modificare l’approccio educativo, e delegando il problema ad un neuropsichiatra attraverso diagnosi stigmatizzanti di deficit di attenzione, sin dai primissimi anni d’infanzia.

Le pratiche psichiatriche (uso massiccio di farmaci e minacce di trattamenti sanitari obbligatori) dilagano anche all’interno dei luoghi di reclusione, siano essi galere o CPR (Centri Per il Rimpatrio).

È sempre più diffuso l’utilizzo di psicofarmaci introdotti nel mercato come innovativi, innocui e adatti a tutte le fasce di età ma con innumerevoli effetti collaterali. Questi, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi, contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generando fenomeni di dipendenza ed assuefazione, del tutto pari -se non superiori- a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti. Presi per lungo tempo possono portare a danni neurologici gravi che potrebbero provocare disabilità permanenti.

Siamo certamente testimoni di un passaggio che vede una recrudescenza di concetti e pratiche che si pensavano superate.

In assenza di un’assunzione collettiva e di base del benessere di tutti, la delega alle istituzioni  si rafforza. Le politiche securitarie la fanno da padrone. Tutto è concesso, pur di rispondere ad un bisogno di “tranquillità” indotto da campagne mediatiche fondate sulla paura.

Recentemente anche in Italia è iniziata la sperimentazione del taser, la pistola che sembra un giocattolo,  ma che in realtà è uno strumento pericolosissimo (ne sono prova le numerose morti causate dal suo utilizzo negli Stati Uniti) e di una violenza sofisticata. I primi a farne da cavia in Italia, e non ci sorprende, sono state due persone con presunte diagnosi psichiatriche. Quando il taser colpisce non lascia tracce sanguinolente, non turba il nostro immaginario ma immobilizza attraverso scariche elettriche che paralizzano i muscoli.

Ed è proprio l’elettricità che torna in auge nella “cura” di chi viene diagnosticato “malato di mente”. Da qualche anno, la cosiddetta comunità scientifica, ha riaperto il dibattito sulle scariche elettriche al cervello. Stiamo parlando del tristemente famoso elettroshock, che molti di noi pensavano fosse un trattamento superato. Così non è.

Oggi viene somministrato con l’uso dell’anestesia (onde evitare reazioni di opposizione) ed  ha  cambiato nome in TEC (terapia elettro-convulsiva).

Ad oggi in America duecentomila persone ogni anno sono sottoposte a questo trattamento, mentre in Italia circa trecento! Ciò, nonostante le conoscenze sugli effetti biochimici dell’uso dell’ elettricità non siano conosciuti. Si sa qualcosa in più sugli effetti collaterali, invece.

L’elettroshock provoca un notevole stress per il sistema cardiocircolatorio, con un aumento relativo dei rischi di infarto ed ha un effetto devastante sulla memoria provocandone una perdita permanente  in un intervallo che va dal 29% al 55% dei casi.

D’altronde la perdita della memoria è stato proprio uno degli obiettivi dell’elettroshock, sin dalla sua scoperta che risale ad 80 anni fa. Infatti, gli stessi inventori, gli italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini, lo definivano «metodo dell’annichilimento» basato sulla quasi totale amnesia per i pazienti più refrattari attraverso ripetuti elettroshock. L’elettroshock fu  sperimentato su un 40enne senza fissa dimora; un escluso, un anomalo, qualcuno da normalizzare.

Uno dei luoghi in cui l’elettroshock viene praticato è l’Ospedale Santa Chiara a Pisa.

Per questo saremo lì davanti, in un presidio di contro-informazione e di denuncia di quella pratica come di altre, tutte orientate alla costruzione di un futuro che si vorrebbe fatto di persone annichilite e ammansite, non oppositive e quindi facili da gestire. Un futuro in cui non è previsto il riconoscimento di alcun valore alla peculiarità dei singoli; ora più che mai riteniamo necessario unire le  nostre forze per contrastare questa deriva uniformante.

Invitiamo tutti/e a partecipare ai seguenti appuntamenti:

-PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16  c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

 -ASSEMBLEA ANTIPSICHIATRICA

DOMENICA 2 GIUGNO alle ore 10:30 c/o Spazio Antagonista Newroz in via garibaldi 72

 

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

LABORATORI ESPRESSIVI DI AUTO-AIUTO NELLA GLOBALITA’ DEI LINGUAGGI

  • April 26, 2019 5:03 pm

LABORATORI ESPRESSIVI DI AUTO-AIUTO PRESSO LA SEDE DEL COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO “ANTONIN ARTAUD”

Sabato 4 maggio 2019, h. 15.30, Via San Lorenzo 38, Pisa

Riprende il gruppo di auto-aiuto attraverso percorsi espressivi di MusicArterapia nella Globalità dei Linguaggi. I laboratori sono gratuiti e si tengono una volta al mese, di sabato, alle 15.00 presso la sede del Collettivo Antipischiatrico “Antonin Artaud” in Via San Lorenzo 38, Pisa.

Per info: 3331104379 – Lisa Doveri – MusicArterapeuta nella GdL

La Globalità dei Linguaggi (GdL) è una disciplina formativa nella comunicazione ed espressione con finalità di ricerca, educazione, animazione, riabilitazione, terapia, ideata da Stefania Guerra nel corso degli ultimi trent’anni. In quanto disciplina la GdL è anzitutto un sapere, una scienza, una materia di studio, un campo dello scibile (del conoscibile). In quanto disciplina formativa della persona, comporta anche un essere in un certo modo, con una certa identità. Infine, in quanto formazione professionale, per le sue specifiche finalità operative, essa comprende anche un saper fare, è cioè arte e mestiere, abilità operativa, competenza tecnica e pedagogica. Il campo, l’oggetto specifico della disciplina è, precisamente, la comunicazione e l’espressione degli e tra gli esseri umani.

‘Con tutti i linguaggi’ o ‘globalità dei linguaggi’ significa anzitutto apertura e disponibilità a tutte le possibilità comunicative ed espressive, verbali o non verbali, senza previe esclusioni. Significa poi un positivo interesse, studio, uso e pratica di quanti più possibile mezzi, linguaggi, strumenti, a cominciare da quelli più fondamentali, comuni ed efficaci per la comunicazione umana, in particolare i linguaggi del corpo.

La parola terapia non sta ad indicare un intervento di tipo psicologico o medico, ma definisce l’utilizzo dell’arte, della musica, della poesia, della danza, della pittura, della scultura come mezzi per “prendersi cura di”, per “aiutare” fornendo gli strumenti per aiuto-aiutarsi in un percorso di presa di coscienza e di consapevolezza del sé.

Dal greco: theros è la parte calda dell’anno, quella che porta le messi e i frutti (più o meno: la primavera-estate).  Il verbo thero o theromai significa: riscaldo, divento ardente; da cui, tra l’altro: thermos, il calore; piuttosto che le terme. L’origine prima della Therapeia è quando il thero-theros (calore) interviene nell’atto del peutho (annuncio, porto).

Il fatto di curare (in sé stesso) non ha nulla di specificamente materiale, farmacologico, chirurgico, medicinale o medico. Terapia è un concetto relazionale-interpersonale, che appartiene alla vita quotidiana di tutti noi. Il sostantivo (greco antico) Therapeia indica quindi il prendersi cura, ovvero l’essere al servizio (di qualcuno). Non si riferisce al male fisico e non riguarda specificamente la biologia-fisiologia.

 

 

RIPRENDE IL GRUPPO DI ASCOLTO PROFONDO

  • April 26, 2019 4:59 pm

Riprende il gruppo di ascolto profondo c/o la sede del collettivo Artaud in via S. Lorenzo a Pisa. Per info: 338/2251723 (Anna). Chi è interessato può iscriversi a questo indirizzo: antipsichiatriapisa@inventati.org

 

L’ascolto profondo è nato nella seconda metà degli anni ottanta dall’esperienza terapeutica dello psichiatra e psicoterapeuta americano Jerome Liss come espressione del “Self-help” terapeutico a suo tempo da lui sperimentato nelle comunità antipsichiatriche inglesi e si è diffuso ben presto in ventidue paesi del mondo con grande seguito.

Il metodo” biosistemico” a cui fa riferimento questo tipo di ascolto ci viene delineato così da J. Liss: “Nel sistema-uomo io posso agire, pensare o pulsare, lasciando indipendenti questi tre sistemi, ma quando essi si saranno incontrati, io entrerò in una nuova dimensione: un’emozione”. L’emozione va vista però come un risultato finale, paragonabile ai frutti o ai fiori. Se aggiungiamo all’attività di pensiero ed esplorazione del significato anche l’aspetto viscerale e muscolare delle emozioni, arriviamo a “pensare con il nostro corpo” come nella pratica Zen. C’è traccia di questo metodo sia nella terapia relazionale dei due antipsichiatri R. Laing e D. Cooper con cui Liss ha collaborato, che nel lavoro dell’attore di Stanislavskij come “creazione organica” in cui le passioni, i sentimenti e la disposizione intenzionale del personaggio diventano per l’attore la sua seconda natura. A differenza della psicanalisi che individua nella terapia il momento di recupero individuale o della psichiatria che  grazie ai due aspetti psicoterapeutico e psicofarmacologico costruisce il suo anello di Saturno intorno al “paziente”, la Biosistemica  pone l’auto-aiuto come metodo non-invasivo di auto-superamento  e soluzione dei conflitti, esplorazione profonda di sé ed esternazione di nuove prospettive di cambiamento. Con il gruppo come catalizzatore “attivo” il soggetto protagonista delle proprie emozioni sperimenterà via via nuove capacità relazionali e comunicative utilizzando varie tecniche: la vitalizzazione guidata della curva energetica, la comunicazione ecologica, l’apprendimento attivo, l’utilizzo della parola-chiave, il role-playing, l’identificazione verbale e non-verbale. Le mappe di pensiero e gli input di facilitazione della conduttrice, insieme alla “sospensione del giudizio” nel rispetto reciproco, contribuiranno alla costruzione di una nuova critica costruttiva e conoscitiva della comunicazione di gruppo e intraindividuale.