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categoria dove mettiamo le news e comunicati importanti e urgenti

CIAO COMPAGNO ROMA….

  • March 26, 2013 12:08 pm

Questa notte ci ha lasciato il compagno “ROMA” Raffaele Bonaccorsi
del telefono viola di Milano.

In questi anni ci ha sempre aiutato e sostenuto
nella comune lotta contro gli abusi della psichiatria.

Un abbraccio

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

viedo presentazione delle iniziative di ven 7 e sab 8 dicembre

  • November 28, 2012 11:00 pm

LA SANATORIA CICCIOLI

  • September 14, 2012 5:48 pm
<< Occorre, in altre parole: un'attenzione particolare per le categorie 
 di utenti caratterizzati da fragilità sociale in senso sanitario; la 
 presa d'atto della necessità per lo psichiatra di farsi carico di nuovi 
 o dismessi campi di attività che, comunque, continuano ad appesantire la 
 quotidianità dell'assistenza ;il recepimento di prassi ormai consolidate 
 da tempo in termini di esecuzione del trattamento sanitario obbligatorio 
 (TSO)>>
 testo proposta di legge 2065/2008- onorevole Carlo Ciccioli

 LA SANATORIA CICCIOLI
 Collettivo Antipsichiatrico Antonino Artaud

 <<gli uomini possono salire sui propri cadaveri pur di salire in alto>
 “The alchemical marriage of Alistair Crompton”- Robert Sheckley- 1978

 L’approvazione della XII Commissione affari sociali del Testo Unico di 
 riforma dei trattamenti psichiatrici proposto dall’onorevole e 
 psichiatra Carlo Ciccioli, passato alle cronache come la Legge che 
 riaprirà i manicomi, , ha lasciato dietro di sé aspre critiche e 
 compiute analisi ampiamente condivisibili. Ma che non colgono il segno.

 La  condizione quotidiana di molti individui divenuti utenti 
 psichiatrici è già quella che si trova descritta in questa nuova legge 
 tutta riferita all’uso estensivo dei trattamenti sanitari senza consenso 
  e che non sarebbe legittima stando ad una corretta applicazione delle 
  tutele per i pazienti previste dalla Legge Basaglia.

 E’ dunque facilmente comprensibile l’urgenza di un condono 
 all’edificazione abusiva della minaccia psichiatrica che rende la quasi 
 totalità dei trattamenti sanitari psichiatrici volontari (TSV) di fatto 
 obbligatori (TSO); all’architettura fatiscente delle terapie 
 psichiatriche che permette lobotomie farmacologiche, contenzioni 
 fisiche, terapie elettroconvulsive e relative sperimentazioni; ai muri 
 sanitari sempre più alti ed estesi.

 I confini normativi attualmente in vigore si ritrovano nella cosiddetta 
 legge Basaglia: la legge 13 maggio 1978 n.180 “Accertamenti e 
 Trattamenti sanitari e volontari e obbligatori”.
 Lo stesso testo normativo che metteva fine all’internamento in 
 manicomio istituendo, col primo articolo, il carattere volontario degli 
 accertamenti e dei trattamenti sanitari, prevedendo, in caso di non 
 ottemperanza, responsabilità penali per il personale medico.
 Lo stesso testo normativo che ha anche permesso per più di trent’anni 
 un garantismo di facciata e che ha reciso la libertà personale e i 
 diritti più elementari di migliaia di individui.

 Di certo questo aspetto abusivo che si manifesta già durante il 
 trasferimento dai manicomi agli ospedali, se e dove questo passaggio 
 avviene, non è sfuggito né al legislatore né agli staff medici.
 Già dal 1978 molte furono le richieste di intervento normativo, sia a 
 favore della compiutezza della Legge Basaglia, che riguardo la sua 
 inapplicabilità.
 Infatti c'era già stato un tentativo di riforma nel 2002 con la 
 proposta Burani Procaccini poi bloccata dalla conferenza Stato-regioni e 
 dalle contraddizioni interne alla stessa maggioranza di governo.

 Bisogna però attendere il secondo governo Berlusconi, frutto coagulato 
 di forze politiche estremamente conservatrici, quando la figura del 
 legislatore coincide perfettamente con quella di alcuni dirigenti e 
 operatori psichiatrici, per andare a modificare la legge 180/78.
 Già nel 2008 le proposte di modifica della legislazione in vigore 
 presentate sono 9: alla Camera le proposte Ciccioli (2065), Guzzanti 
 (1423), Marinello (919); Barbieri (1984), Jannone (2831), Picchi e 
 Carlucci (2927), Garagnani e altri (3038); al Senato le proposte Carrara 
 (348) e Rizzi (1423).
 Tutti onorevoli proponenti del PdL, escluso il leghista Rizzi e 
 aggiungiamo che tra i firmatari delle varie proposte si possono contare 
 una decina di medici.

 Leggendole si trovavano gia questi dispositivi e concetti che si sono 
 poi solidificati nel Testo Unico redatto dal Dr. Carlo Ciccioli:

 - si istituisce la prevenzione psichiatrica per l’intero ciclo di 
 vita, in termini, però, non di informazione ma di individuazione precoce 
 di patologie;
 (Ciccioli (2065), Guzzanti (1423), Marinello (919) Jannone 
 (2831),Picchi e Carlucci (2927)Garagnani e altri (3038)Carrara (348) e 
 Rizzi  1423))  

 - i trattamenti sanitari che andavano a limitare la libertà 
 personale per un massimo di 8 giorni  non si chiamano più obbligatori ma 
 necessari (o urgenti come in altre proposte) e hanno durata minima di 
 due settimane; in base al principio di necessità non è più solo il 
 parere medico ha disporre tali trattamenti dunque si prevedere un ruolo 
 attivo delle forze dell’ordine e di chiunque abbia interesse.
 Un restyling linguistico che va a presentare principi ispiratori altri 
 – capofila quello di pericolosità - rispetto alla correttezza delle cure 
 mediche per esercitare un potere segregante di cui si raddoppia la 
 durata.
 (Ciccioli (2065) Guzzanti (1423), Picchi e Carlucci (2927) Carrara 
 (348) e Rizzi (1423))

 - si istituisce il Trattamento Sanitario Prolungato di cui non si 
 indica la massima durata ma quella minima di 6 mesi prorogabili di altri 
 6, (la massima durata non viene indicata) senza il consenso del 
 paziente, in strutture di lungodegenza accreditate e/o in tutto un 
 vastissimo arcipelago istituzionale che va a sostituire l’ospedale 
 pubblico
 Ciccioli (2065) Picchi e Carlucci (2927) Garagnani e altri (3038) 
 Carrara (348) e Rizzi (1423))

 - il Trattamento Sanitario Obbligatorio a domicilio o in regime 
 extraospedaliero (Ciccioli (2065), Guzzanti (1423,) Carrara (348)

 - il contratto terapeutico vincolante o «contratto di Ulisse», per 
 cui una volta autorizzata piena discrezione allo staff psichiatrico di 
 mettere in pratica il trattamento ritenuto opportuno, non si può più 
 tornare indietro sulla propria decisione
 (Ciccioli (2065))

 -     il sistema previsto per le dimissioni è sempre revocabile e 
 sostituibile con un nuovo ricovero,  
 perpetuando sia la necessità di un  sistema obbligatorio di cura sia 
 l’impossibilità di poter definire con certezza la durata e soprattutto 
 il termine dei trattamenti medici coercitivi.
 Inoltre non si dà di conto del tipo di azioni  volte a ottenere 
 consenso e collaborazione al
 programma terapeutico previste dal nuovo testo unico.
 (Ciccioli (2065), Guzzanti (1423))

 Le proposte guardano tutte all’individuazione già dalla prima infanzia 
 dei soggetti che possono sviluppare patologie psichiatriche; questo 
 porta  con sé una  possibilità  d' interventi precoce, profonda  e non 
 priva di errori che ricorda  l’eco non troppo lontano dei criteri di 
 “selezione scolastica” ispirati al mito eugenetico della purezza della 
 razza fortemente voluti
 e applicati nel ventennio dalla psichiatria istituzionale.

 Sotto un profilo sanitario si assiste a un investimento di potere 
 relativo alla figura del medico psichiatra, senza sempre far comprendere 
 le rispettive responsabilità, congiunto a un’ evidente perdita di 
 centralità dei dipartimenti pubblici di salute mentale

 Sul quadro normativo si va a riedificare i dettami del testo unico del 
 1904 che regolamentava l’accesso in manicomio pubblici istituendo 
 l’esclusione dai contesti familiari e sociali prolungata e discrezionale 
 dettata principalmente dalla pericolosità del soggetto.
 Ci si “libera” del garantismo che animava  la riforma Basaglia e del 
 suo spirito deistituzionalizzante,  senza prevedere come ci si può 
 opporre al giudizio medico.

 Sul versante del linguaggio, opposto all’apertura che operava la legge 
 180/1978 vietando anche l’uso della parola “alienati”, qui  si cerca di 
 trasmettere  l’idea di pericolosità del malato e quindi la necessità di 
 alienarlo dal consorzio umano avvicinando,  fino quasi alla 
 sovrapposizione,  il paziente col  reo folle che peraltro si sta per 
 andare a scarcerare dagli ospedali psichiatrici giudiziari ritenuti 
 indegni proprio per legge dello Stato.

 Ma quel che più preme evidenziare è che nella  realtà quotidiana di 
 molti individui divenuti utenti psichiatrici il panorama è già questo.

 Dal momento che tutto questo  e’ confluito nel testo unico approvato in 
 commissione affari sociali ed è in attesa di passaggio alle Camere, è 
 doveroso aprire un immaginario e un dialogo  sulle conseguenze 
 dell’entrata in vigore di questa sanatoria che moltiplica nel tempo e 
 nello spazio i campi di intervento psichiatrici istituzionali senza 
 consenso.

 E’ disperatamente  noto che   quanto si sta cercando di condonare con 
 questo testo unico già  avviene,  è sempre avvenuto e   avverrà vista 
  l’ostinazione nel  concepire la figura e il ruolo  del malato di mente 
 e dunque il suo allontanamento dal consorzio umano,  dotandoci per 
 questo di strumenti coercitivi e dimenticando che l’omologazione non 
 porta con sé nessuna evoluzione.

 Avverrà se non si saprà  accogliere l’alterità  liberandoci dalla 
 necessità dell’esclusione.

 Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
 335 7002669 artaudpisa.noblogs.org
antipsichiatriapisa@inventati.org

 alcuni link utili:

 -link alla legge 180/78
http://www.tutori.it/L180_78.html

 -link alla legge 833/78
http://www.comune.jesi.an.it/MV/leggi/l833-78.htm

 -link al testo unico di riforma della legge 180 di Carlo Ciccioli
http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato5233721.pdf

CODICE IBAN PER SOSTENERE LE SPESE IN CARCERE DI MARINA

  • July 25, 2012 6:35 pm

Marina Cugnaschi, compagna e collaboratrice del telefono viola di milano,
è stata condannata per i fatti di GENOVA-2001 a 11 e nove mesi.
sosteniamo Marina e non lasciamola sola!

sotto il CODICE IBAN per sostegno spese carcerarie e detenzione di Marina Cugnaschi
intestato a Valli Massimiliano

IT04U0100501660000000000594

chi vuole può anche scrivere a:
 
Marina Cugnaschi
c/o carcere di san vittore
via Filangieri 2 20100- Milano

LA STORIA DI MALIKA

  • October 11, 2011 11:44 am

Questa è la storia di una giovane donna marocchina (all’epoca dei fatti incinta di 6 mesi) che nel 2004 ha subito un TSO, durante uno sfratto, con potenti antipsicotici.
Malika, e soprattutto sua figlia che oggi ha 6 anni, stanno ancora pagando le conseguenze di quei tragici fatti; infatti la bambina soffre di una malformazione cerebrale strettamente connessa alla somministrazione di Largactil e Farganesse in gravidanza.

Sotto un articolo che spiega i fatti della vicenda, in particolare le cose avvenute nel 2004 quando le fu fatto il TSO-sfratto; dopo due anni è stata processata per calunnia e poi prosciolta.
Negli anni successivi c’è stato un susseguirsi di ‘errori giudiziari’ volti ad archiviare il caso e una serie di tentativi di copertura anche da parte dei servizi sanitari perfino con cartelle cliniche contraffatte.

movimento di lotta per la casa- Firenze
collettivo antipsichiatrico a.artaud- Pisa

LA STORIA DI MALIKA

Questa è la storia di una giovane donna, incinta di sei mesi, mamma di una bimba di 10 anni, di origine marocchina e cittadina italiana da quindici anni. Trovandosi in difficoltà a pagare 1200 euro di affitto al mese, si rivolge ai servizi sociali per avere un aiuto economico. L’assistente sociale, anziché proporre una soluzione abitativa, le fissa un appuntamento con lo psichiatra. Siamo a febbraio del 2004.
Intanto il tempo passa senza che la situazione cambi. Il giorno dello sfratto, fissato per il 3 dicembre, nonostante l’ufficiale giudiziario avanzi l’ipotesi di rinviare il provvedimento di un mese, l’assistente sociale insiste per una soluzione inadeguata e crudele: il ricovero coatto in psichiatria!
Quindi arriva un’ambulanza e, nonostante la donna mostri un certificato medico che le prescrive riposo per il rischio di aborto, viene bloccata in un angolo da cinque uomini, gettata sul letto e, tenuta ferma, le vengono praticate due iniezioni pesantissime per sedarla. Si saprà, diversi giorni dopo, che i farmaci in questione sono due neurolettici (antipsicotci), Largactil e Farganesse, quest’ultimo è un antistaminico che amplifica e potenzia l’effetto degli antipsicotici, con il risultato di una sedazione immediata. Questi farmaci, che provocano in genere gravi conseguenze, possono avere, come sottolineato anche dal Ministero della Salute, “effetti dannosi sul feto in qualsiasi periodo della gravidanza. E’ importante tenere sempre presente questo aspetto prima di effettuare una prescrizione in una donna in età fertile. Questi farmaci possono alterare la crescita e lo sviluppo funzionale del feto, o avere effetti tossici sui tessuti fetali”(fonte OMS).
Subito dopo, con una diagnosi di “agitazione psicomotoria dovuta allo sfratto”(oltre al danno la beffa!), la donna viene ricoverata nel reparto di psichiatria a S. M. Nuova con una proposta di T.S.O. In realtà il medico e gli infermieri dell’ambulanza, oltre a tutti i presenti, complici del violento sfratto, hanno messo in pratica un vero e proprio sequestro di persona! Non si può parlare di trattamento sanitario obbligatorio infatti perché: non c’è stata una visita psichiatrica, non é stato convalidato il T.S.O. da un secondo medico del servizio pubblico, come d’obbligo di legge, quindi mancava ovviamente anche il provvedimento del Sindaco e la conseguente notifica. Come se tutto questo non bastasse, la persona non è stata informata né su quali psicofarmaci le hanno forzatamente iniettato, né sulla struttura di ricovero.
Al risveglio, diverse ore dopo, lo psichiatra di turno in reparto non le comunica il regime di ricovero e, mentendo, dice che deve rimanere lì per sette giorni come se fosse in T.S.O., compiendo così un abuso in atti d’ufficio. Dopo tre giorni di reclusione, le conseguenze dei maltrattamenti subiti le provocano una minaccia d’aborto: passerà dodici giorni in ginecologia a Torregalli.

Purtroppo Malika subisce ancor oggi le conseguenze di quei tragici fatti, e soprattutto sua figlia, che oggi ha 6 anni, e che soffre di una malformazione cerebrale strettamente connessa (la perizia è del dott. Montinari) alla somministrazione di Largactil e Farganesse in gravidanza.

Nel 2004 fu aperto un primo procedimento per “violenza privata”, e nel 2006 un secondo procedimento per “lesioni personali in concorso di reato”.
Oggi i due procedimenti sono stati riaperti, dopo numerose richieste di archiviazione da parte del giudice, che non ha mai chiesto di approfondire i fatti, dopo innumerevoli e inspiegabili errori di notifica delle richieste di archiviazione (si tenga conto che per fare richiesta di opposizione all’archiviazione ci sono solo 10 giorni), avvocati che non hanno mai richiesto le cartelle cliniche attestanti una visita psichiatrica (che, lo ricordiamo, non è mai stata fatta a Malika prima dello sfratto/TSO), cartelle cliniche contraffatte, con date sbagliate ecc. Se non siamo un popolo di incompetenti sorge il dubbio che questo caso si voglia insabbiare.
Ci sono in gioco poteri ben più forti dei diritti di una immigrata e di sua figlia. Servizi sociali, medici, industrie del farmaco, non si sa chi difende chi, ma Malika e sua figlia sono state lasciate sole da tutti.

Dalla repressione alla contenzione quando la psichiatria uccide: il caso Mastrogiovanni

  • September 14, 2011 10:25 pm

Video estratto da Mi manda RaiTre

ANTIPSICHIATRIA A CANAPISA 2011

  • May 25, 2011 12:31 am


Come collettivo antipsichiatrico contrastiamo la logica proibizionista che alimenta la medicalizzazione di massa e favorisce l’espandersi della psichiatria; motivo per cui anche quest’anno partecipiamo alla manifestazione/ street parade antiproibizionista CANAPISA che si terrà a Pisa sabato 28 maggio in piazza S.Antonio alle ore 17 portando le nostre istanze antipsichiatriche e ribadendo con forza il diritto a manifestare e ad esprimere le proprie opinioni.

PSICOFARMACI: DROGHE LEGALI OBBLIGATORIE

Oggi l’istituzione psichiatrica continua ad essere uno strumento di esclusione e controllo, ed ha enormemente ampliato il suo bacino d’utenza aumentando di anno in anno il numero delle “malattie mentali” da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare. Tra questi rientra il consumo di sostanze psicoattive, che, se in passato era considerato un vizio, un piacere, oggi diviene sintomo di un disagio da trattare con cure psichiatriche, trasformando un problema sociale in una questione sanitaria. Grazie al decreto Fini-Giovanardi ed alle nuove proposte di legge in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame proibizionismo-psichiatria ed i consumatori di sostanze illegali sono diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l’industria del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia diagnosi che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della loro malattia mentale.
Nonostante si dimostri proibizionista nei confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti farmacologici che, oltre ad essere spacciati ipocritamente come “terapeutici”, sono spesso introdotti coercitivamente nel corpo!
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi e ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia.
Siamo contro l’obbligo di cura, infatti non siamo a priori contro l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’ individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione. Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Il fine contenitivo di tali sostanze è evidente: la distribuzione di psicofarmaci è oramai prassi diffusa anche all’interno di altre istituzioni totali. Nei CIE (centri identificazione ed espulsione) gli psicofarmaci vengono spesso somministrati sia nascosti negli alimenti che forzatamente. E’ emblematica la storia, avvenuta ad inizio maggio 2011, di un detenuto (nel CIE di Bologna) a cui sono stati dati 40 mg (800 gocce) di Tavor, (un fortissimo ansiolitico comunemente utilizzato per trattare l’ansia e l’insonnia). Considerato che la dose consigliata dal produttore oscilla tra gli 1 e i 4 milligrammi, risulta chiaro che una somministrazione di 40 milligrammi non rientri in un approccio terapeutico ma sia bensì finalizzata alla contenzione chimica; usata al fine di convincere il detenuto a prendere un aereo che l’avrebbe rimpatriato. Le carceri italiane favoreggiano l’uso diffuso, abituale (tre volte al giorno) ed indiscriminato di sedativi, soprattutto benzodiazepine, per tenere a bada attraverso le cure psichiatriche i detenuti, che, pur non facendo uso di stupefacenti , vengono così indirizzati verso la psicofamacologia. Invece di avere come fine primario la salute dei detenuti, i medici diffondono l’uso di psicofarmaci, che permette di controllare chimicamente l’umore, di lenire l’ansia della carcerazione. L’istituzione carceraria si serve della psichiatria per stemperare il conflitto, e garantirsi così un più semplice controllo della massa dei detenuti, costretti a subire gravi situazioni di degrado e sovraffollamento.

Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud- Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org

 

 

BASTA MORTI INVISIBILI E TORTURE: CHIUDIAMO GLI OPG

  • March 20, 2011 6:55 pm

Trent’anni dopo la riforma che porta il nome di Franco Basaglia, non tutti i manicomi hanno chiuso i battenti. Vengono chiamati ospedali psichiatrici giudiziari ma sono i manicomi criminali di una volta. Per l’esattezza gli internati sono 1535 (1433 uomini e 102 donne) nei sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani (Aversa, Montelupo fiorentino, Napoli Sant’Eframo, Reggio Emilia, Castiglion delle Stiviere e Barcellona Pozzo di Gotto).

Martedì 8 marzo un ragazzo di 29 anni G.D., di origini genovesi, viene ritrovato morto nella sua cella dell’ospedale psichiatrico di Montelupo fiorentino. Il giovane era arrivato nella struttura nell’ottobre del 2010. Il cadavere è stato trovato nel bagno della cella, a scoprirlo sono stati gli agenti. Accanto all’uomo, che era stato internato a causa di episodi di aggressioni in famiglia, è stata trovata una bomboletta di gas in dotazione ai detenuti. Sul caso è stato aperto un fascicolo da parte della Procura della Repubblica di Firenze. La salma è stata trasferita al reparto di medicina legale di Careggi per essere sottoposta ad autopsia.

Negli opg avvengono anche atti di violenza sessuale. È di giovedì 10 marzo la notizia che due agenti di polizia penitenziaria dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa sono stati arrestati con l’accusa di avere costretto in più occasioni un giovane transessuale, internato nella struttura, ad avere rapporti sessuali. Sempre ad Aversa, dopo che si sono verificate 14 morti in 14 anni, 14 persone sono state iscritte nel registro degli indagati per omicidio colposo, tra cui parte del personale in servizio in reparto: medici, psichiatri e i dirigenti della struttura. Questi episodi vanno contestualizzati in uno scenario più ampio di abusi, violenze e di condizioni detentive inumane e degradanti che emergono anche dal rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura, organismo del consiglio di Europa, che si è recato in visita ispettiva negli opg italiani.

Gli opg sono inutili luoghi di soprusi, isolamento prolungato, condizioni igieniche indecenti, di contenzione abituale e di trattamenti totalmente lesivi della dignità umana.

L’opg è un limbo, un luogo di totale non diritto. In questi luoghi vige l’incertezza della pena e  non esiste  proporzionalità della pena rispetto al reato. In queste strutture vengono internate persone che, dopo aver commesso un reato, vengono dichiarate tramite una perizia totalmente o parzialmente incapaci di intendere o volere ma che a causa di una presunta pericolosità sociale (definita in riferimento alla norma vigente che risale al codice Rocco del 1930, nostra pesante eredità fascista) vengono ugualmente rinchiuse e allontanate dalla società.

Per le persone prosciolte per totale incapacità mentale l’opg si presenta nella sua dimensione peggiore, l’ergastolo bianco: l’internamento viene stabilito dal giudice di due, cinque o 10 anni ma la durata effettiva del provvedimento è ad assoluta discrezionalità del magistrato, che può prorogarlo all’infinito ogni due,cinque o dieci anni; con questo meccanismo alcune persone hanno scontato più di trentacinque anni di reclusione e si perde il conto di quanti sono morti avendo scontato molti anni in più della reale pena correlata al reato commesso. Diverso è il caso della seminfermità mentale: la capacità di intendere e di volere, per quanto ridotta, sussiste. La persona perciò è imputabile e viene sottoposta al processo. In caso di condanna vi sarà la diminuzione di un terzo della pena. Se riconosciuta anche socialmente pericolosa la persona verrà inviata in opg, dopo aver scontato la pena detentiva in carcere, senza sapere quanto dovrà restarci.

In opg possono anche  finire  individui che  vengono  trasferiti dal carcere conseguentemente ad una misura disciplinare e  per un tempo indefinito (il tempo che un detenuto passa in opg non gli viene conteggiato come pena effettivamente scontata e quando verrà ritrasferito in carcere dovrà scontare anche il periodo non conteggiatogli).

In questi manicomi le persone continuano  a morire così come nelle carceri vere e proprie.

Nei primi due mesi del 2011 sono morte 12 persone tra carcere e opg, di cui sei sono “morti da bomboletta”. Le bombolette del gas vengono date in dotazione dal carcere ai detenuti per poter cucinare.  La cucina rappresenta  l’unico strumento che la persona ristretta ha a disposizione per svolgere un’attività in autonomia, per costruire e vivere piccoli  momenti di socialità e condivisione con altri detenuti. Le bombolette vengono anche utilizzate da alcuni come meccanismo di “evasione” per non pensare, in quanto la loro inalazione provoca stordimento simile a quello indotto da assunzione di droghe leggere o di psicofarmaci. La concessione  massiccia di psicofarmaci è fortemente appoggiata dall’amministrazione carceraria in un’ottica contenitiva in quanto detenuti chimicamente sedati sono sicuramente più gestibili, meno indotti a creare problemi e più propensi a sopportare l’alienazione della carcerazione.

E così per le bombolette. Sta diventando pratica sempre più diffusa e strumentalmente usata dalle amministrazioni carcerarie utilizzare  le bombolette come pretesto per giustificare le morti scomode senza dover mettere in discussione il totale degrado, sovraffollamento ed incurie in cui riversano quelle discariche sociali chiamate carceri ed ospedali psichiatrici giudiziari. Con queste “morti da bomboletta” si continuerà così facilmente a giustificare la tragica e insensata fine di altri G.D., altri Ciprian Florin (morto l’8 febbraio 2011 a Genova, anche lui presumibilmente per inalazione di gas), altri Yuri Attinà (morto a Livorno il 5/1/2011), altri Jon R. (morto a Pavia per inalazione di gas l’11/2/2011).

Queste morti provocate o meno da inalazione di butano sono vere e proprie morti di Stato.

Lo Stato prende in custodia il corpo e l’anima di una persona e a questa dovrebbe garantire l’incolumità.

Collettivo Antipsichiatrico A.Artaud -Pisa

Zone del silenzio-Pisa

 

comunicato stampa in merito alla sentenza sui fatti di Pistoia

  • March 4, 2011 1:48 pm

Il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud in merito alle ingiuste
condanne di primo grado per i fatti di Pistoia ritiene importante
rinnovare la propria solidarietà a tutti gli imputati, molti dei quali
conosciamo da anni, in particolar modo Elisabetta da tempo impegnata nel
nostro collettivo.
Non abbiamo dubitato della loro estraneità fin dal momento in cui ci
giunse notizia che l’intera assemblea regionale, che si stava svolgendo
a Pistoia, era stata trattenuta una notte intera in questura con
l’accusa di aver preso parte a uno strano assalto alla vicina sede di
CasaPound.
Oggi dopo avere appreso il contenuto delle motivazioni del dispositivo di
condanna non possiamo fare a meno di esprimere tutta la nostra
indignazione.
Ci fu da subito altrettanto chiara la natura repressiva degli arresti e
dei tanti mesi di privazione della libertà inflitti agli imputati. Le
stesse motivazioni della sentenza, con cui poi si doveva render noto il
perché di questa forzatura, addirittura si fanno beffa del dolore che si
deve affrontare in condizioni di negazione della libertà.
Per gli imputati fu disposto il divieto assoluto di comunicazione e
incontro fino a processo inoltrato, proprio per questo motivo Elisabetta
non fu neanche mandata a lavoro per molto tempo e le fu persino proibito
comunicare con sua madre.
Nonostante ciò il giudice ci fa sapere che avrebbe dovuto chiamare al suo
domicilio dei professionisti del look per renderlo identico al giorno in
cui fu arrestata.
Questo spiegherebbe secondo il giudice il perché non sia stata
riconosciuta da i testimoni.
Ma in realtà non potevano averla riconosciuta per il semplice fatto che
non c’era – come da sempre dichiarato anche da Casa Pound – visto che era
assieme a tutti gli altri a prender parte a un assemblea !!
Tutto questo è inammissibile e quasi ridicolo, ed è solo uno dei tanti
passaggi privi di logica contenuti nelle motivazioni che vanno ad
attribuire una responsabilità penale a persone non solo innocenti ma
anche impegnate a fare tutt’altro.
Riteniamo necessario mantenere alta l’attenzione sull’agire repressivo
delle istituzioni e ricordiamo che in ogni udienza del processo il
Tribunale è stato costantemente presidiato da numerose forze dell’ordine
fuori e dentro l’aula e che il pubblico ministero pistoiese ha chiesto 9
anni di detenzione per la sussistenza del reato di devastazione e
saccheggio già smentito molti mesi prima dal sommo giudizio della
Cassazione in materia di libertà personali.

Saremo presenti alla conferenza stampa di Sabato 5 Marzo 2011 alle ore 11 presso la Circoscrizione 2 del Comune di Livorno e rimarremo vicini ai compagni ingiustamente condannati fino a quando non sarà riconosciuta la loro assoluta estraneità ai fatti.

Collettivo Antipsichiatrico A. Artaud – Pisa

COMUNICATO STAMPA DEL TELEFONO VIOLA DI MILANO

  • November 23, 2010 2:28 pm


TELEFONO VIOLA DI MILANO – CONTRO GLI ABUSI DELLA PSICHIATRIA
Via tei Transiti 28 Tel. 022846009


LA CONTENZIONE FISICA IN OSPEDALE


DOPO L’SPDC DELL’OSPEDALE DI VALLO DI LUCANIA
E DOPO L’SPDC DELL’OSPEDALE SANTISSIMA TRINITÀ DI CAGLIARI
LO SCANDALO DEI REPARTI PSICHIATRICI DELL’OSPEDALE DI NIGUARDA


Nella maggior parte dei reparti di psichiatria degli ospedali italiani anche dopo la legge 180 è
rimasta l’usanza manicomiale di legare i ricoverati al loro letto.
Le agghiaccianti immagini in diretta della morte di Francesco Mastrogiovanni, morto legato ad un
letto di contenzione nell’Ospedale di Vallo della Lucania il 4 agosto 2009, e la morte di Giuseppe
Casu, avvenuta il 22 giugno 2006, quando anch’egli era legato ad un letto di contenzione
dell’Ospedale Santissima Trinità di Cagliari, e di cui in questi mesi si sta celebrando il processo,
sono una testimonianza dell’orrore a cui può arrivare la pratica della coercizione nei trattamenti
psichiatrici.
Anche negli SPDC (Sevizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) dell’Ospedale di Niguarda si usa
legare i ricoverati al loro letto ed imporre terapie farmacologiche non accettate.
Il Telefono Viola di Milano è in grado di denunciare pubblicamente alcuni gravissimi abusi
avvenuti in questi ultimi anni nei reparti di Psichiatria 1 e Psichiatria 3 (Grossoni 1 e Grossoni 3).
Al reparto di Psichiatria 2 (Grossoni 2), inoltre, il primario e la grande maggioranza degli psichiatri
del reparto hanno portato avanti una iniziativa collettiva contro l’unica psichiatra che privilegi il
rapporto umano e fiduciario con i pazienti e sia contraria alle contenzioni fisiche. L’iniziativa è
culminata nella sospensione della D.sa Nicoletta Calchi da parte del Consiglio di Disciplina
dell’Ospedale. Tale sospensione ha dato luogo ad una delle più clamorose e imponenti proteste di
pazienti dell’intera storia dell’Azienda Ospedaliera di Niguarda Ca’ Granda e dell’intera
Lombardia: ben 112 suoi pazienti, insieme ad altre centinaia di persone, hanno firmato una lettera in
cui chiedono il rispetto dei principi della legge180 all’interno dei reparti psichiatrici di Niguarda ed
il reintegro pieno nelle sue funzioni della loro psichiatra di fiducia.

Legare i ricoverati al loro letto è una forma di tortura che non ha alcuna giustificazione ammissibile.
Parafrasando “1984” di Gorge Orwell (Il fine della tortura è la tortura ) possiamo ben dire che:
il fine della contenzione fisica è la contenzione fisica.


Telefono Viola di Milano: per informazioni tel. 333 463 7025