news/comunicati
categoria dove mettiamo le news e comunicati importanti e urgenti
le assemblee del COLLETTIVO ARTAUD ripartiranno MARTEDI’ 6 GENNAIO 2015
Le ASSEMBLEE del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
RIPRENDERANNO Tutti i martedì
a PARTIRE da MARTEDI’ 6 GENNAIO 2015
sempre alle ore 21:30
c/o lo Spazio Antagonista NEWROZ
in via Garibaldi 72 a Pisa
per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669
LINK ad altri articoli CAMPAGNA per la CHIUSURA dei MANICOMI CRIMINALI
link ad articolo sul blog del CSA NextEmerson:
http://nextemerson.noblogs.org/
link ad articolo su CortoCircuito:
http://www.inventati.org/cortocircuito/2014/12/21/chiudere-tutti-i-manicomi/
link ad articolo su Osservatorio Repressione:
http://www.osservatoriorepressione.info/chiudere-tutti-manicomi-criminali-campagna-per-la-chiusura-degli-opg/
Articoli e interviste CAMPAGNA per la CHIUSURA dei MANICOMI CRIMINALI
link ad articolo e intervista audio su radio blackout:
http://radioblackout.org/2014/12/tra-realta-psichiatrica-e-carceraria-chiudere-tutti-gli-opg/
link ad articolo su infoaut:
http://www.infoaut.org/index.php/blog/segnalazioni/item/13513-chiudere-tutti-i-manicomi-criminali
link ad articolo su senzasoste:
http://www.senzasoste.it/istituzioni-totali/rete-antipsichiatrica-chiudere-tutti-i-manicomi-criminali
COLLETTIVI ANTIPSICHIATRICI in ITALIA; telefono e contatti
LISTA CONTATTI E TELEFONI DI COLLETTIVI ANTIPSICHIATRICI
che fanno, in Italia, una linea d’ascolto telefonica contro gli abusi della psichiatria
TELEFONO VIOLA BERGAMO
collettivo.antipsichiatricobg@yahoo.it /377 4501228
TELEFONO VIOLA PIACENZA
antipsichiatriapc@autistici.org / 345 7904938
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO MASTROGIOVANNI TORINO
antipsichiatriatorino@inventati.org / 3456194300
TELEFONO VIOLA SICILIA / 333 3090778
problemi con la posta elettronica…
ci scusiamo con tutti quelli che hanno scritto
al nostro indirizzo e-mail e aspettano una risposta,
ma per un problema del server abbiamo perso
tutti gli indirizzi di “posta in arrivo” e quelli della rubrica.
adesso siamo di nuovo operativi e possiamo rispondere
se volete potete conttatarci a:
antipsichiatriapisa@inventati.org
per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
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ELETTROSHOCK? STACCHIAMO LA SPINA!!
ELETTROSHOCK? STACCHIAMO LA SPINA!!
Negli ultimi anni è aumentato in Italia l’uso dell’elettroshock per i pazienti psichiatrici, ad oggi in Italia i presidi sanitari che praticano l’elettroshock sono 91 tra cliniche pubbliche e private; dieci anni fa erano 9. Nel 2008, un gruppo di psichiatri convinti sostenitori dei benefici della TEC rivolsero una petizione al Ministero della Salute affinché si aprisse «almeno» un istituto per la somministrazione dell’elettroshock per ogni milione di abitanti. Visto che le strutture che oggi eseguono la TEC sono novantuno, ora esiste un presidio attrezzato per effettuarla per ogni 500.000 abitanti. Ovvero il doppio dell’obiettivo che voleva essere raggiunto.
All’interno delle strutture sanitarie vengano fatte campagne di screening preventivi finalizzate all’incentivazione di tale terapia soprattutto per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum dove la TEC viene addirittura proposta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio o volontario che impieghi gli psicofarmaci.
Le modifiche nel trattamento (anestesia totale e farmaci miorilassanti che impediscono le contrazioni muscolari, in precedenza diffuse a tutto il corpo con la conseguente rottura di denti ed ossa) riescono solo a camuffare gli effetti esteriori dell’operazione rendendola forse più ammissibile da un punto di vista estetico, ma non cambiandone la sostanza: una scarica di corrente elettrica costante di 0,9 ampere sui lobi frontali o sull’emisfero cerebrale non dominante -TEC monolaterale- che provoca un’intensa crisi convulsiva durante la quale il cervello aumenta il suo metabolismo, il flusso e la pressione sanguigna. Tutto questo provoca un danneggiamento alla barriera emato-encefalica (la barriera di protezione contro le sostanze nocive) e all’equilibrio biochimico del nostro cervello (viene inibita la sintesi delle proteine e di RNA e aumenta notevolmente il livello di neuro-trasmettitori e di alcuni enzimi).
A seguito del trattamento si riscontrano molti e gravissimi effetti collaterali, quali gravi e ampie perdite di memoria, la rottura di vasi sanguigni cerebrali (micro emorragie cerebrali), regressione della capacità discorsiva, persistenti emicranie, problemi cardio-circolatori e riduzione della massa cerebrale (atrofia cerebrale).
La terapia elettroconvulsivante viene portata avanti da psichiatri di impronta organicista che, con i loro metodi autoritari, invasivi ed offensivi della dignità umana, compromettono seriamente la salute di milioni di persone, prima prescrivendo farmaci e poi, quando questi non producono nel paziente i risultati sperati, o meglio, quando non si sa più che pesci prendere, suggerendo l’elettroshock, che giova alla “cura” della depressione e della tristezza nella misura in cui provoca vuoti di memoria, apatia e demenza.
L’elettroshock è l’unico trattamento delle shock terapie, che prevede come cura una grave crisi convulsiva, mai dichiarato obsoleto. Anzi, si è cercato di modernizzarlo, sin dai primi anni.
È proprio relativamente all’attuale e globalizzato panorama d’impiego dell’elettroshock, poco trasparente e condiviso, che continuiamo a porci domande come queste:
Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non
viene dichiarato superato dalla storia?
È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa e legittima la sua applicazione?
Durante la sua applicazione pratica, si sta ancora immettendo corrente elettrica verso il cervello di un proprio simile oppure si effettua un intervento equiparato ad ogni altra operazione chirurgica peraltro senza usare bisturi? Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?
Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?
La validità scientifica del metodo ancora oggi non è provata e i meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G.B.Cassano, Manuale di Psichiatria).
Ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una tortura, una disumana violenza e un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche della psichiatria come il TSO (trattamento sanitario obbligatorio), l’elettroshock è un esempio se non l’icona della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
GIOVEDI 12 GIUGNO 2014
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
“ ELETTROSHOCK.
La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute.”
EDIZIONI SENSIBILI ALLE FOGLIE
ORE 21 CENTRO POLIEDRO
PIAZZA BERLINGUER
PONTEDERA
per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org
335 7002669
CANAPISA 2014: LA PSICHIATRIA RENDE LIBERI?
LA PSICHIATRIA RENDE LIBERI ?
Come collettivo antipsichiatrico contrastiamo la logica proibizionista che alimenta la medicalizzazione di massa e favorisce l’espandersi della psichiatria; motivo per cui
anche quest’anno partecipiamo alla manifestazione/ street parade antiproibizionista CANAPISA che si terrà a PISA SABATO 31 MAGGIO in piazza S. ANTONIO alle ore 16 portando le nostre istanze antipsichiatriche e ribadendo con forza il diritto a manifestare e ad esprimere le proprie opinioni.
Oggi l’istituzione psichiatrica continua ad essere uno strumento di esclusione e controllo, ed ha enormemente ampliato il suo bacino d’utenza aumentando di anno in anno il numero delle “malattie mentali” da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare. Tra questi rientra il consumo di sostanze psicoattive, che, se in passato era considerato un vizio, un piacere, oggi diviene sintomo di un disagio da trattare con cure psichiatriche, trasformando un problema sociale in una questione sanitaria.
Negli ultimi anni a causa del decreto Fini-Giovanardi ed alle nuove proposte di legge in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame proibizionismo-psichiatria ed i consumatori di sostanze illegali sono diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l’industria del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia diagnosi che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della loro “malattia mentale”.
Nonostante si dimostri proibizionista nei confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti farmacologici che, sono spesso introdotti coercitivamente nel corpo delle persone.
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi e ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia.
Siamo contro l’obbligo di cura, infatti non siamo a priori contro l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione. Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Il fine contenitivo di tali sostanze è evidente: la distribuzione di psicofarmaci è oramai prassi diffusa anche all’interno di altre istituzioni totali. Nei CIE (centri identificazione ed espulsione) gli psicofarmaci vengono spesso somministrati sia nascosti negli alimenti che forzatamente.
Le carceri italiane favoreggiano l’uso diffuso, abituale (tre volte al giorno) ed indiscriminato di sedativi, soprattutto benzodiazepine, per tenere a bada attraverso le cure psichiatriche i detenuti, che, pur non facendo uso di stupefacenti , vengono così indirizzati verso la psicofamacologia.
Invece di avere come fine primario la salute dei detenuti, i medici diffondono l’uso di psicofarmaci, che permette di controllare chimicamente l’umore, di lenire l’ansia della carcerazione. L’istituzione carceraria si serve della psichiatria per stemperare il conflitto, e garantirsi così un più semplice controllo della massa dei detenuti, costretti a subire gravi situazioni di degrado e sovraffollamento.
Ad oggi abbiamo circa 320 reparti psichiatrici, gli SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) e oltre 3200 strutture psichiatriche residenziali e centri diurni sul territorio dove in molti casi si sono conservati i dispositivi e gli strumenti propri dei manicomi, quali il controllo del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla contenzione fisica. La riforma del sistema psichiatrico si è rivelata più verbale che materiale: ai cambiamenti formali non sono seguite differenze sostanziali delle condizioni di vita dei soggetti internati. Quello che è certo è che la “rivoluzione psichiatrica all’italiana” ha riguardato solo i luoghi della psichiatria, ma non i trattamenti e le logiche sottostanti.
La legge 180 (nota come legge Basaglia) ha chiuso i manicomi nel 1978 ma mantiene inalterato il principio di manicomialità, in base al quale chiunque può essere arbitrariamente etichettato come “malato mentale” e quindi rinchiuso.
Se l’articolo 32 della Costituzione garantisce il diritto alla libera scelta del luogo di cura e quindi la volontarietà degli accertamenti sanitari, con la legge 180 e la successiva 833/78 si stabiliscono dei casi in cui il ricovero può essere effettuato indipendentemente dalla volontà dell’individuo: è il caso del TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e dell’ASO (accertamento sanitario obbligatorio). Se in teoria la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche necessarie per effettuare il TSO vengono aggirate, nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti vengono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e spesso seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti di cui gode il ricoverato. Diffusa è la pratica di mascherare tramite pressioni e ricatti, TSO con ricoveri volontari. Spesso il paziente viene trattenuto dopo lo scadere del TSO in regime di TSV (trattamento sanitario volontario) senza essere messo a conoscenza del fatto che può lasciare il reparto, oppure, persone che si recano in reparto in regime di TSV vengono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. L’ASO funziona come trampolino di lancio per portare la persona in reparto, dove verrà poi trattenuta in regime di TSV o TSO a seconda della propria accondiscendenza agli psichiatri. Per i pazienti ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre ancora al”isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento chimico a cui si è sottoposti.
Negli ultimi anni è aumentato in Italia l’uso dell’elettroshock per i pazienti psichiatrici, ad oggi in Italia i presidi sanitari che praticano l’elettroshock sono 91 tra cliniche pubbliche e private. All’interno delle strutture sanitarie vengano fatte campagne di screening preventivi finalizzate all’incentivazione di tale terapia soprattutto per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum dove la TEC viene addirittura proposta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio o volontario che impieghi gli psicofarmaci. Ci teniamo a ribadire che l’elettroshock è una disumana violenza e un attacco all’integrità psicologica e culturale dell’individuo che lo subisce. Insieme ad altre comuni pratiche della psichiatria come il TSO , la contenzione fisica, la terapia elettroconvulsivante è un esempio della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria.
Il collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud è un gruppo di persone che si propone di sviluppare e diffondere una cultura antipsichiatrica e di contrastare gli usi e gli abusi della psichiatria attraverso attività di ricerca e di divulgazione e offrendo ascolto, solidarietà e supporto legale alle vittime della psichiatria.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud- Pisa
per info: antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org /3357002669
INTERVISTA SU INFO AUT SUL LIBRO ELETTROSHOCK
ascolta l’intervista fatta su Info Aut
dal collettivo antipsichiatrico sul libro ELETTROSHOCK
http://www.infoaut.org/index.php/blog/culture/item/10928-elettroshock-intervista-al-collettivo-antipsichiatrico-antonin-artaud
INTERVISTA SU RADIO BLACK OUT sul caso di Manuel
ascolta l’intervista fatta a Radio BlackOut dal collettivo antipsichiatrico sul caso di Manuel:
http://radioblackout.org/2014/03/il-governo-delle-anime/
Socialmente pericolose sono le ingiuste detenzioni!
Mercoledì 19 febbraio un ragazzo di 20 anni, Manuel, è stato condotto dai carabinieri di Viareggio, contro la sua volontà e quella della sua famiglia, presso una struttura psichiatrica di Aulla, dove sarà tenuto in custodia per un periodo di tempo non ancora definito.
La famiglia di Manuel ha richiesto auto al Collettivo Antonin Artaud.
A Manuel è stata diagnosticata l’iperattività all’età di 6 anni. Era il 2001, anno in cui in Italia la Commissione Unica per il Farmaco, rilevata un’elevata incidenza dell’ADHD nei bambini italiani, delibera la reintroduzione del Ritalin, dopo aver invitato la Novartis ad occuparsi della sua commercializzazione.
Da allora e negli anni a seguire vengono somministrati a Manuel vari tipi di farmaci tra cui prima il Risperdal, poi il Seroquel e a seguire vari neurolettici.
Dal 2007 in poi Manuel viene costretto dal Tribunale dei Minori in varie residenze psichiatriche dalle quali scappa per tornare a casa dalla sua famiglia, nonostante questa abbia sempre espresso la volontà di accoglierlo e non ha mai avuto problemi nel fornirgli cure adeguate.
La residenza in strutture residenziali, unitamente alla somministrazione di massicce quantità di farmaci a cui era obbligato, nel corso degli anni ha provocato vari problemi fisici a Manuel; solo negli ultimi 7 mesi trascorsi nell’ultima comunità residenziale dove era stato mandato ha preso 30 kg e sviluppato problemi alla vista.
Le fughe di Manuel hanno condotto ad una sentenza di pericolosità sociale nei suoi confronti e alla disposizione del suo trasferimento in una struttura che accetta pazienti con misure di sicurezza alternative all’OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario). Per impedire che questo ulteriore abbuso avvenisse, martedì 18 febbraio, l’intera famiglia si è incatenata in casa per impedire che Manuel gli venisse strappato ancora una volta ed essere condotto nella struttura prescelta dal Magistrato di Sorveglianza. Il padre e la madre chiedono solo che Manuel possa restare a casa con loro in modo che possa vivere vicino ai suoi cari e che possa andare a lavorare col padre, sostenendo la falsità della pericolosità del ragazzo. La sera stessa però i carabinieri lo hanno prelevato da casa per portarlo prima nel reparto psichiatrico dell’Ospedale Versilia e poi, la mattina dopo, nella struttura psichiatrica di Aulla.
Esprimiamo piena solidarietà a Manuel e alla famiglia, che sta lottando per la sua liberazione da una detenzione ingiusta, motivata da una sentenza di pericolosità sociale altrettanto ingiusta e insensata. Chi scappa per tornare a casa non è pericoloso, vuole solo tornare da chi gli vuole bene. Una sentenza che viene dal parere tecnico delle stesse istituzioni che lo hanno prima imbottito di farmaci, sin da quando era solo un bambino e poi trasferito da una residenza psichiatrica all’altra, nonostante la famiglia potesse e fosse fermamente disposta a garantirgli le adeguate cure, è un evidente segno di come le istituzioni siano incapaci di ammettere i propri errori e incapaci di qualsiasi autocritica.