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volantino/comunicato INIZIATIVA a CASTIGLIONE delle STIVIERE ven 1 Aprile

  • March 20, 2016 11:49 am

VENERDI’  1  APRILE  a CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (MN)
c/⁠o  Circolo Culturale Arci Dallò in Piazza Ugo Dallò, 4

alle ore 19 APERICENA,anche vegan

alle ore 20:30 INCONTRO  PUBBLICO
“SUPERAMENTO DELL’OSPEDALE PSICHIATRICO  GIUDIZIARIO”
SITUAZIONE ATTUALE e PROSPETTIVE FUTURE TRA IMMAGINI E REALTA’  TRA LIMITI,CONTRADDIZIONI e CRITICITA’.PROPOSTE  PRATICHE  PER  LIBERARSI  REALMENTE  DA STRUTTURE e LOGICHE MANICOMIALI

a seguire DIBATTITO APERTO

IL MITO DELLA CHIUSURA DEI MANICOMI

La Legge n°81 dispone al 31 marzo 2015 il termine per la chiusura degli OPG(Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e la conseguente entrata in funzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza). Attualmente in Italia gli OPG ancora aperti,sono cinque e si trovano ad Aversa,Barcellona Pozzo di Gotto,Montelupo Fiorentino,Reggio Emilia e . CASTIGLIONE DELLE STIVIERE,

nel quale è solo cambiata la targa all’ingresso del neo-manicomio.

Ad oggi, in questi veri e propri manicomi criminali, ci sono rinchiuse circa 150 persone.

A inizio ottobre 2015 sono 109 le persone internate che hanno fatto ricorso per detenzione illegittima, cioè per sequestro di persona, visto che gli OPG sono ancora aperti e funzionanti.
A Reggio Emilia sono 24 le istanze per detenzione illegittima, quasi la totalità dell’istituto se si considera che i pazienti in totale sono 27. 58 sono i ricorsi dall’ OPG di Montelupo Fiorentino e 27 da quello di Barcellona Pozzo di Gotto.455 sono invece gli internati detenuti nelle 22 REMS attive in alcune regioni, di cui 25 donne. La popolazione complessivamente detenuta in misura di sicurezza detentiva è di 670 persone, mentre non è noto quante siano le persone destinatarie di una misura di sicurezza non detentiva (“libertà vigilata” che comporta l’obbligo di frequentare strutture residenziali,centri diurni e ambulatoriali e il rispetto di restrizioni che limitano la libertà di movimento,”libertà vigilata” troppo spesso richiesta dai servizi psichiatrici territoriali e dai responsabili dell’OPG/ REMS).

A Castiglione delle Stiviere, dove sono internate 223 persone di cui 40 donne, il 31.3.2015 si è trasformata magicamente da OPG a REMS,ma sostanzialmente la vita delle persone recluse è la stessa di prima. Infatti non sarà una nuova targa all’ingresso del manicomio (sistema polimodulare Rems provvisorie) o una ridenominazione delle strutture a modificare sostanzialmente la vita dei soggetti reclusi in questi luoghi di sofferenza dove la sottomissione dell’individuo alle denigranti regole del manicomio sono obiettivi terapeutici… ma solo per chi li impone o li fa diligentemente rispettare.
Numerose sono le restrizioni di natura carceraria dettate per “motivi di sicurezza” incomprensibili e denigranti a cui sono quotidianamente sottoposti i reclusi, tra cui le perquisizioni che si verificano al rientro in “reparto” dopo un incontro con familiari/amici e la non possibilità di usufruire liberamente di un telefono, oltre alla totale assenza di predisposizione del personale a fornire un concreto supporto emotivo sulla base di un necessario ascolto e una reale comunicazione con la persona ormai da tempo declassata come “malata mentale”.

Nelle REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo reato compiuto: ci preoccupiamo, pertanto, del fatto che le persone che hanno già scontato in OPG tale pena non finiscano nelle REMS, ma vengano liberati subito e senza condizioni. Infatti la normativa in vigore effettua questa equiparazione solo per la misura di sicurezza detentiva ma questo non vale per quelle persone che hanno la libertà vigilata con affidamento ai servizi di salute mentale che possono ancora oggi estendersi all’infinito.
La Legge 81/2014 mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non cambia l’essenza della modalità di risoluzione della questione. Per abolire realmente gli OPG bisogna non riproporre i criteri e i modelli di custodia e occorre metter mano a una riforma degli articoli del codice penale e di procedura penale che si riferiscono ai concetti di pericolosità sociale del “folle reo, di incapacità e di non imputabilità”,che determinano il percorso di invio agli OPG.

Chiudere i manicomi criminali senza cambiare la legge che li sostiene vuol dire creare nuove strutture, forse più accoglienti, ma all’interno delle quali finirebbero sempre rinchiuse persone giudicate incapaci d’intendere e volere. La questione non è solo la chiusura di questi posti: non si tratta solo di chiudere una scatola, per aprirne tante altre più piccole. Il problema è superare il modello di internamento, è non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Il problema non è se sono grossi o piccoli, il problema è che cosa sono. Il manicomio non è solo una questione di dove lo fai, se c’è l’idea della persona come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre un manicomio.

Proposte pratiche per un reale superamento di vecchi e nuovi manicomi

– leggi il comunicato:

Siamo tutti socialmente pericolosi” pubblicato sul sito www.telefonoviola.org

Telefono Viola Piacenza,Bergamo e Reggio Emilia

Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

Collettivo antipsichiatrico CAMAP -Brescia

Marzo 2016 – per contatti: antipsichiatriapc@autistici.org

SABATO 30 GENNAIO 2 PRESIDI NO REMS a VOLTERRA e BRA

  • January 27, 2016 12:43 pm

SABATO 30 GENNAIO 2016
2 PRESIDI NO REMS (Residenze Esecuzione Misura di Sicurezza)
CHIUDERE TUTTI I MANICOMI! NO AI MINI-OPG per la CHIUSURA delle REMS
– VOLTERRA ore 12 in piazza SAN MICHELE
– BRA ore 15 in via CAVOUR

Sotto pubblichiamo il volantino del Collettivo Antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” di Torino
Bra. Presidio No REMS Sabato 30 gennaio ore 15 in via Cavour (se piove sotto i portici di via Principi)

Mai più manicomi! No alle Rems né qui né altrove
A Bra, da qualche mese, c’è una nuova prigione. Si chiama REMS. In altre epoche le chiamavano “gabbie dei matti”, i posti dove si seppellivano vivi uomini e donne che avevano “perso la ragione”, che “non sapevano quello che facevano”. Oggi i nomi sono cambiati ma la sostanza resta.
Le REMS sono posti dove ti chiudono,ti drogano e ti legano per farti tornare “normale”. Per lo Stato italiano chi non è “normale” è pericoloso. Al di là di quello che fa, ma per quello che è. Con questi argomenti il terzo Reich giustificava lo sterminio dei folli. E di tutti gli altri fuori norma.
Proviamo a capire di che si tratta.
La legge n. 81 del 2014 ha sancito la chiusura degli OPG (Ospedali psichiatrici giudiziari) avvenuta solo formalmente il 31 marzo 2015 e il loro superamento nelle REMS (Residenze Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Gli OPG sono stati per oltre 35 anni luoghi di segregazione per tutti gli individui ritenuti pericolosi per la società, dimenticati in queste discariche sociali in condizioni di disumano degrado come ben mostrato nelle immagini dell’Inchiesta del Senato “Marino” del 2010 che ha poi portato all’iter legislativo per la loro chiusura.
Oggi i 6 OPG (Castiglione delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo fiorentino, Napoli, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto) sono in via di chiusura: gli internati non dimissibili dovrebbero essere spostati nelle REMS della regione di provenienza. Ma questo sta accadendo molto lentamente.

Nella pratica le REMS sono dei miniOPG (max 20 posti) presenti in ogni regione e affidati a personale sanitario, più simili a residenze psichiatriche che non agli ospedali-carceri del passato. Queste strutture saranno gestite tramite un sistema di appalti di cui non è difficile immaginare le sorti… al ribasso, cercando di spendere il meno possibile sulla pelle dei “criminali-malati mentali” che subiranno questo sistema tipico della sanità pubblica, dell’accoglienza per i richiedenti asilo (CARA, CAS, SPRAR) e del sistema detentivo (CIE, Carceri).

Le REMS vengono presentate come un passo avanti in termini di civiltà rispetto agli OPG perché nuovi e perché non più gestiti dall’autorità giudiziaria ma solo da personale sanitario. Nella realtà questi luoghi assolvono la stessa funzione dei loro predecessori e anzi lo fanno in maniera molto più capillare, perché presenti su tutto il territorio nazionale, e molto più discreta e subdola, perché di piccole dimensioni e molto più simili a residenze che a carceri.
Ma qual è la loro funzione? La funzione delle REMS coincide con la funzione della Psichiatria Giudiziaria più in generale, ovvero quella di mantenere in vita nella nostra società e nell’ordinamento giudiziario la figura del “folle reo” ovvero di colui che infrange la legge non per propria libera scelta ma perché malato di mente, quindi non capace di intendere e di volere (le proprie azioni e le loro conseguenze), come se la sua malattia agisse al posto del suo libero arbitrio. Tale focalizzazione sul soggetto che compie il reato più che sul reato stesso (infatti nelle REMS si può finire tanto per il furto di un portafoglio quanto per omicidio) ha una diretta discendenza dal positivismo ottocentesco che ha portato ad affermarsi il concetto di “pericolosità sociale”, tutt’ora operante e alla base di queste moderne istituzioni psichiatrico-giudiziarie, come di tanti altri luoghi e procedure: lager nazisti, CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), campi rom, misure di sorveglianza speciale…

Da questi esempi è facile capire come l’etichetta di “pericoloso socialmente” venga affibbiata agli individui più per il loro status (folle, ebreo, omosessuale, rom, handicappato, immigrato irregolare, oppositore politico e sociale) che per le loro azioni concrete. In particolare chi finisce nelle REMS non sconta un periodo di detenzione con intenti punitivi come nella carcerazione ordinaria, ma viene recluso per disinnescarne la pericolosità, riportando nella norma i suoi comportamenti deviati.
I metodi usati per raggiungere questo scopo sono gli stessi utilizzati dalla psichiatria nei reparti ospedalieri (SPDC) e nelle cliniche e case di cura psichiatriche. L’unica reale differenza è che nelle REMS è più difficile monitorare e raccontare quello che accade, perché sono strutture detentive dove l’accesso di esterni e l’uscita di informazioni è ancora più difficile rispetto ad ospedali e cliniche civili. Lo strumento principe delle prigioni psichiatriche è la psicofarmacologia che permette un controllo quasi totale sui movimenti e sui comportamenti di chi vi è sottoposto attraverso l’assunzione orale o l’iniezione di molecole psicoattive in grado di agire sui neurotrasmettitori inibendo o alterando il loro funzionamento. Queste sostanze danno un fortissima dipendenza e causano danni enormi all’organismo di chi li assume già dopo pochi mesi, rovinando l’esistenza e la salute di chi è obbligato a prenderli, riducendone l’aspettativa di vita. Altri strumenti ancora in uso nei reparti come nelle REMS sono la contenzione fisica tramite lacci che assicurano il “malato” al letto per molte ore se non per giorni e giorni e l’elettroshock, terribile pratica psichiatrica che viene tutt’ora utilizzata in diverse strutture pubbliche e private.

In molte regioni le REMS sono state da poco aperte e cominciano a operare, ad oggi la Regione Piemonte, ente preposto alla loro apertura e gestione non ha ancora aperto nessuna struttura ma si sta limitando ad affittare dei posti nell’ex OPG trasformato in REMS di Castiglione delle Stiviere ed a utilizzare provvisoriamente la clinica San Michele di Bra. Questo posto è stato svuotato negli scorsi mesi per far posto ai detenuti piemontesi in arrivo dall’OPG di Castiglione delle Stiviere. La Regione Piemonte da ormai un anno sta prendendo tempo e non sembra ancora aver trovato soluzioni definitive per collocare le sue due REMS. Questo è il momento migliore per contestare e contrastare l’apertura di queste strutture ma soprattutto la legge e il sistema sociale che le prevedono e che non possono farne a meno.
Siamo tutti pericolosi socialmente se questa è la società in cui ci obbligano a vivere! Contro tutte le REMS e tutte le carceri, solidarietà a chi lotta contro la psichiatria, solidarietà a chi tenta di evadere…

Collettivo Antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” di Torino

Le riunioni del Collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni” si tengono presso la federazione anarchica torinese ogni martedì alle 21 in corso Palermo 46
telefono antipsichiatrico: 345 61 94 300

Per contatti: antipsichiatriatorino@inventati.org

VOLTERRA: sab 30 Gennaio PRESIDIO NO REMS. “Il MITO della CHIUSURA dei MANICOMI”

  • January 25, 2016 10:12 am

VOLTERRA SABATO 30 GENNAIO 2016
Ore 12 in Piazza San Michele

PRESIDIO/VOLANTINAGGIO INFORMATIVO SU REMS (Residenze Esecuzione Misura di Sicurezza) e OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari)
CHIUDERE TUTTI I MANICOMI! NO AI MINI-OPG per la CHIUSURA della REMS di Volterra e di tutte le altre!

IL MITO DELLA CHIUSURA DEI MANICOMI

La Legge n°81 dispone al 31 marzo 2015 il termine per la chiusura degli OPG(Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e la conseguente entrata in funzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza). Attualmente in Italia gli OPG sono sempre aperti,sono cinque e si trovano ad Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia
Ad oggi, in questi veri e propri manicomi criminali, ci sono rinchiuse circa 230 persone.

A Castiglione delle Stiviere, dove sono internate 230 persone di cui 40 donne, hanno cambiato solo la targa all’ingresso, da OPG a REMS, ma sostanzialmente la vita delle persone recluse è la stessa di prima.
Circa 200 sono invece gli internati detenuti nelle Rems attive in alcune regioni, di cui 25 donne.
La popolazione complessivamente detenuta in misura di sicurezza detentiva è di 670 persone, mentre non è noto quante siano le persone destinatarie di una misura di sicurezza non detentiva.

A inizio ottobre 2015 sono 109 le persone internate che hanno fatto ricorso per detenzione illegittima, cioè per sequestro di persona, visto che gli OPG sono ancora aperti e funzionanti.
A Reggio Emilia sono 24 le istanze per detenzione illegittima, quasi la totalità dell’istituto se si considera che i pazienti in totale sono 27. 58 sono i ricorsi dall’Opg di Montelupo Fiorentino e 27 da quello di Barcellona Pozzo di Gotto. Mancano quelli di Aversa e Napoli, ma ad oggi in sole tre sulle cinque strutture ancora aperte è stata raggiunta quasi la metà del totale degli attuali 230 internati.

Come si finisce in un OPG? In Italia, in caso di reato, se vi sia sospetto di malattia mentale, il giudice ordina una perizia psichiatrica; se questa si conclude con un giudizio di incapacità di intendere e di volere dell’imputato, lo si proscioglie senza giudizio e se riconosciuto pericoloso socialmente, lo si avvia a un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (articolo 88 c.p.) o in una struttura residenziale psichiatrica per periodi di tempo definiti o meno, in relazione alla pericolosità sociale.

Nelle future REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo reato compiuto: ci preoccupiamo, pertanto, del fatto che le persone che hanno già scontato in OPG tale pena non finiscano nelle REMS, ma vengano liberati subito e senza condizioni. Infatti la normativa in vigore effettua questa equiparazione solo per la misura di sicurezza detentiva ma questo non vale per quelle persone che hanno la libertà vigilata con affidamento ai servizi di salute mentale che possono ancora oggi estendersi all’infinito.

La Legge 81/2014 mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non cambia l’essenza della modalità di risoluzione della questione. Per abolire realmente gli OPG bisogna non riproporre i criteri e i modelli di custodia e occorre metter mano a una riforma degli articoli del codice penale e di procedura penale che si riferiscono ai concetti di pericolosità sociale del “folle reo, di incapacità e di non imputabilità”, che determinano il percorso di invio agli Opg.
Chiudere i manicomi criminali senza cambiare la legge che li sostiene vuol dire creare nuove strutture, forse più accoglienti, ma all’interno delle quali finirebbero sempre rinchiuse persone giudicate incapaci d’ intendere e volere.
Con le REMS viene ribadito il collegamento inaccettabile cura-custodia riproponendo uno stigma manicomiale. Ci si collega a sistemi di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri, ricostituendo in queste strutture tutte le caratteristiche dei manicomi. La proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente sanitarie, consegna agli psichiatri la responsabilità della custodia, ricostruendo in concreto il dispositivo cura-custodia, e quindi responsabilità penale del curante-custode.
Tradotto significa l’inizio di un processo di reinserimento sociale infinito, promesso ma mai raggiunto, legato indissolubilmente a pratiche e sentieri coercitivi, obbligatori, contenitivi.

Questa legge non soddisfa l’idea di un superamento di un sistema aberrante e coercitivo, infatti permangono misure di contenzione svilenti per l’individuo e trattamenti farmacologici troppo debilitanti e depersonalizzanti per poter essere definiti positivi per la persona.

Il manicomio non è una struttura, bensì un criterio; la continua ridenominazione di tali strutture serve per riprodurre l’istituzione manicomiale e i meccanismi del manicomio. Il fine dell’istituzione REMS è l’esclusione e non l’inclusione, infatti, non può nascondere la medesima contraddizione di fondo: l’isolamento del soggetto dalla realtà sociale per la sua incapacità di adattamento nei confronti di un mondo su cui nessuno muove mai alcuna questione e che nessuno mette mai in discussione.

La questione non è solo la chiusura di questi posti: non si tratta solo di chiudere una scatola, per aprirne tante altre più piccole. Il problema è superare il modello di internamento, è non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Il problema non è se sono grossi o piccoli, il problema è che cosa sono. Il manicomio non è solo una questione di dove lo fai, se c’è l’idea della persona come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre un manicomio.

Noi crediamo nel bisogno e nella costituzione di reti sociali autogestite e di spazi sociali autonomi, in grado di garantire un sostegno materiale, una casa senza compromessi di invalidità, nonché un reddito e un lavoro non gestiti dai servizi socio-sanitari, bensì autonomamente dal soggetto.
Uno concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
Spazio Libertario Pietro Gori-Volterra
per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669

ANCORA MANICOMI…

  • January 6, 2016 9:41 am

ANCORA MANICOMI
R.E.M.S in via Terracini 31 – BOLOGNA
Nel 2011 la degradante situazione che vivevano gli internati dei sei ospedali psichiatrici giudiziari(O.P.G),è fuoriuscita da quelle mortificanti strutture “terapeutiche”,rompendo quell’agghiacciante silenzio imposto da gran parte della psichiatria e della magistratura,complice una società”civile” per lo più indifferente e ancora pronta a legittimare le innumerevoli atrocità che tuttora compie professionalmente la pseudo-scienza psichiatrica all’interno dei propri servizi manicomiali gestiti autonomamente dai D.S.M (dipartimenti di salute mentale)o da compiacenti cooperative sociali(tra cui comunità,reparti ospedalieri,centri diurni e ambulatoriali).
L’impatto mediatico ottenuto dalle riprese effettuate all’interno dei vari O.P.G ha certamente favorito l’approvazione della legge 81, la quale sancisce in data 31.3.2015 la chiusura dei sei manicomi giudiziari(cinque tuttora funzionanti) e obbliga ogni Regione a predisporre sul proprio territorio nuove strutture,le R.E.M.S(residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza).

Ma fin quando non si avrà la volontà di cancellare dal codice penale la cosiddetta “pericolosità sociale”, i giudici sulla base dell’”incapacità di intendere e volere” definita da un perito psichiatra all’interno di un processo penale, applicheranno una “misura di sicurezza detentiva”, ovverosia un internamento nelle R.E.M.S o “non detentiva”(libertà vigilata) con la presa in carico troppo spesso vitalizia e asfissiante dei servizi psichiatrici territoriali.

Sostituire la targa esterna del manicomio(vedi“ex”-O.P.G di Castiglione delle Stiviere ora R.E.M.S), rimbiancare le pareti o le mura di cinta, sostituire le inferiate con vetri antisfondamento e capillari sistemi di sorveglianza, sostituire le porte blindate con alti dosi di psicofarmaci e l’uso dei letti di contenzione, diminuire il numero delle persone internate, sostituire l’”ergoterapia” ovverosia il lavoro imposto nei vecchi manicomi con le “attività occupazionali terapeutiche”(solo efficaci nel sopportare il misero e lento trascorrere del tempo),sostituire le divise della polizia penitenziaria con le divise della sicurezza privata,con i camici bianchi dei “medici” e degli operatori sanitari(oltre a un numero insignificante di figure educative troppo spesso appartenenti alla ciurma dei sorveglianti),sono tutte misure utili a mistificare la conservazione dello status quo.

Cambiare tutto per non cambiare nulla…

Anche a Bologna AUSL,magistratura di sorveglianza e compiacenti giornalisti,hanno il coraggio e l’arroganza di presentare il neo-manicomio di via Terracini come un luogo nel quale si concretizza un reale percorso di “superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

Le testimonianze e le regole imposte dai vari responsabili/carcerieri, presentano una situazione ben distinta dall’immagine che in questi mesi si è forzatamente costruita. Purtroppo per loro ci sono persone che non si sottomettono a questo stato di cose e denunciano l’esistenza di regole di natura esclusivamente carceraria e manicomiale.
Le visite dei parenti possono essere effettuate solo una ogni due settimane(mentre nell’O.P.G di Reggio Emilia sono concesse sei visite ogni mese),ogni internato può ricevere ed effettuare solo una telefonata alla settimana e solo a numeri autorizzati dai responsabili i quali non sono certamente propensi a richiedere,al magistrato di sorveglianza,“permessi di uscita”dal neo-manicomio(all’O.P.G di Castiglione delle Stiviere si concedono “permessi di uscita” con più frequenza e per più ore o giorni).

Altro che superamento degli O.P.G…
Altro che reinserimento sociale…

In tale struttura l’approccio degli operatori non valorizza le diversità ma le patologizza secondo i loro ristretti parametri di giudizio. La loro misera e “indiscutibile” Normalità. L’autorità di chi si autoproclama “terapeuta”.
Le logiche manicomiali,in grado di creare stigma e isolamento dal mondo esterno sono ben radicate in questa struttura a loro dire“di cura e custodia”.Ma sappiamo bene che tutti i castelli di sabbia,presto o tardi crollano inesorabilmente.

Impediamo che i tentacoli asfissianti della psichiatria continuino ad allargarsi in ogni dove, violentando la sfera spirituale, umana, sociale, del disagio, della sofferenza, del proprio essere… della vita.
I Telefoni Viola con le realtà con cui collaborano, continueranno a porre impegno nel rendere sempre più agibili i percorsi di chi esprime la volontà di liberarsi una volta per tutte dalla morsa psichiatrica. Continueremo sempre con maggior tenacia ad offrire un concreto sostegno umano,medico e legale a chi lo riterrà opportuno in pieno rispetto della libertà e della dignità dell’individuo.

Telefono Viola di Piacenza,Reggio Emilia e Bergamo
Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud – Pisa
Centro Relazioni umane – Bologna
Collettivo antipsichiatrico Camap – Brescia
Proposte pratiche per un reale superamento dell’O.P.G/R.E.MS e dai servizi psichiatrici territoriali, leggi il Comunicato:”Siamo tutti socialmente pericolosi”

http://telefonoviola.tracciabi.li/category/comunicati/o-p-gr-e-m-s/

1.1.2016 per contatti: antipsichiatriapc@autistici.org www.telefonoviola.tracciabi.li

IL RICATTO ECONOMICO DELLA PSICHIATRIA…

  • November 20, 2015 1:22 pm

“con il breve scritto che trovate sotto intendiamo aprire e stimolare una discussione sulla
necessità di sostenere a livello economico, legale, politico e sociale le persone che denunciano gli abusi subiti dalla psichiatria.”

IL RICATTO ECONOMICO DELLA PSICHIATRIA
Richiesta di supporto economico a chi ha deciso di liberarsi dalla morsa psichiatrica.

Nel dibattito interno ai telefoni viola, da tempo si profila la necessità di affrontare con spirito critico i limiti oggettivi che il nostro intervento sul campo evidenzia. L’aspetto spinoso, del quale vorremmo parlare in questo documento, è un deficit strutturale di risorse utili ad affrontare con strumenti efficaci l’isolamento di chi è istituzionalizzato/a.
Talvolta, la solitudine è una condizione che funge da sintomo per un certo interventismo psichiatrico, spesso ne è tuttavia un effetto collaterale. Riteniamo dunque, un passaggio fondamentale poter sostenere concretamente quanti/e intendano intraprendere un percorso di emancipazione dal giogo psichiatrico, attraverso la piena affermazione dei propri diritti.
Possibilità che sfuma in quei contesti in cui l’accessibilità ad un adeguato supporto legale diventa una chimera.
Il dispositivo di cui si servono i servizi territoriali, per scoraggiare questi percorsi di liberazione, è il ricatto economico.
Alla loro famigerata e parassitaria avidità, ben sintetizzata dalla figura dell’amministratore di sostegno, si somma il legame di dipendenza finanziario che intercorre tra servizi e pazienti, conseguenza concreta e diretta dei piani terapeutici approntati dai vari distretti.
In tempo di crisi la psichiatria sembra offrire un lavoro e un’opportunità di reinserimento sociale. Peccato però che lavoratori e lavoratrici di questo committente non percepiscano un salario utile a sostenere il proprio percorso di autonomia, bensì un rimborso per comprarsi un pacchetto di sigarette…Trattasi evidentemente di sfruttamento lavorativo.

Alla luce di quanto sopra, occorre intraprendere battaglie legali orientate a: favorire delle ricadute positive nella quotidianità di chi sostiene e resiste alla pressione dei servizi psichiatrici; delegittimare la letteratura clinica quale strumento persecutorio rivolto a chi vive una quotidianità condizionata da uno stato d’eccezione permanente; promuovere una discussione pubblica che affronti l’argomento con un approccio multidisciplinare, capace di ispirare pensieri e prassi critiche nei confronti della cultura psichiatrica, da un punto di vista tecnico/professionale, quanto da un punto di vista politico e popolare.
Crediamo inoltre che per corrodere l’architrave psichiatrica sia necessaria una “proliferazione batterica” della lotta, frutto di una consapevolezza diffusa a tutti i livelli del panorama sociale.
E’ necessario creare dei precedenti in ambito normativo, per aprire la strada ad altri percorsi di emancipazione ed accedere con più facilità a condizioni di vita migliori. La lotta contro la psichiatria riguarda tutte quelle persone che immaginano una società migliore, ma evidentemente per qualcuno/a il contenzioso è più stringente e dall’esito spietato. Diventa dunque un imperativo non lasciarli/e soli/e.
Non è una questione di visibilità, ma di concretezza.
La cultura psichiatrica è molto più presente nel nostro immaginario di quanto si possa credere. Spesso sono i comportamenti, le scelte, le parole che ne intensificano la sua operatività. Possiamo anche elaborarne una narrazione critica o farne la demonizzazione, ma per liberarcene definitivamente occorre pensare come soggetti politici attivi quanti/e continuano ad essere definiti matti, psicopatici, utenti piuttosto che vittime. La psichiatria non è una minaccia che incombe su tutti/e, ma solo su coloro che quotidianamente ne sperimentano l’ingerenza nella propria quotidianità. Non essere indifferenti verso la psichiatria, vuol dire saperne intravedere l’insidia nelle singole esperienze personali e non su un piano astratto.
Con questo testo vorremmo lanciare, attraverso la rete informatica ed il passaparola, un appello rivolto a quelle realtà o singolarità politiche, volontaristiche e associative che affrontano il tema, affinché si possa condividere quanto fin qui trattato. Nello specifico, invitiamo ogni singolo destinatario di questo testo a collaborare come meglio crede per reperire competenze tecniche e artistiche, risorse materiali, economiche e organizzative utili ad invertire la tendenza registrata.
In calce, pubblichiamo uno stralcio della dichiarazione scritta di un amica e compagna che chiede esplicitamente un aiuto per i motivi sopracitati.
La persona in oggetto, ha recentemente intentato causa all’ospedale Niguarda di Milano, impugnando i ripetuti trattamenti sanitari obbligatori che vennero disposti a suo carico, allo scopo di piegarne la resistenza. Si rammenta che nel 2011 il Telefono Viola di Milano presentò al procuratore della repubblica un esposto di denuncia riguardo a 18 casi di persone morte o gravemente danneggiate a seguito di ricovero presso il reparto psichiatrico di Niguarda.

“Un percorso di lotta intende realizzare le condizioni utili ad incidere socialmente e politicamente ad un mutamento collettivo e radicale di un determinato modo di operare delle istituzioni e della visione rispetto al modo di concepirle.
La battaglia non psichiatrica comprende intervenire sull’operato istituzionale e sulle pratiche di violenza, detenzione, tortura e omicidio, come sulla realtà attuale di controllo sociale e stato di polizia, che ha assegnato alle istituzioni psichiatriche un potere enorme esercitato attraverso attività illegali, talune negate dai più e dalle istituzioni stesse, patrimonio dell’informazione scientifica e della stessa ricerca.
Intervenire in tale direzione comprende intentare causa alle strutture psichiatriche sgretolando tali istituzioni, le loro pratiche violente ed assassine ed al contempo modificare la visione collettiva e dello stesso detenuto di psichiatria rispetto al pregiudizio ed alla possibilità concreta di realizzare un percorso di lotta volta all’emancipazione individuale e collettiva. Intervenire sulle istituzioni per condizionarne l’operato di abuso, violenza inquisizione e tortura, nel senso di un’inversione dei rapporti di forza, al fine di una reale presa di coscienza rispetto al proprio stato, diventando da soggetto passivo a soggetto attivo.(…) Chiedo un sostegno economico, dato che in seguito ai T.S.O. subiti ho perso il posto di lavoro e di recente ho dovuto sostenere una nuova causa perché intendevano sfrattarmi, servendosi delle cattive condizioni economiche delle quali si sono resi causa.”

Infine, vorremmo specificare la richiesta di aiuto a tutti/e quegli artisti che fossero interessati a collaborare per presentare al consiglio di zona di Milano, la richiesta di utilizzo di spazi pubblici, presso i quali organizzare eventi di autofinanziamento.

Telefono Viola Bergamo
Telefono Viola Piacenza
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud Pisa

Per info e contatti:
antipsichiatriapc@autistici.org

recensione sul libro “ELETTROSHOCK” di Chiara Gazzola da Sicilia libertaria, n. 355, novembre 2015

  • November 14, 2015 2:01 pm

da Sicilia libertaria, n. 355, novembre 2015- di Chiara Gazzola ELETTROSHOCK… OGGI! Il libro curato dal Collettivo Antipsichiatrico A. Artaud di Pisa dal titolo Elettroshock – La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute, ed. Sensibili alle foglie, 2014, pur ricostruendo la storia dei metodi e dei dispositivi, spiega le poco conosciute motivazioni che sottintendono al suo sdoganamento. Si toglie la fastidiosa parola shock e lo si definisce con un acronimo (TEC, terapia elettro convulsiva). In Italia lo si ripristina ufficialmente tramite una circolare ministeriale del 1996 firmata da Rosy Bindi che, seguendo il parere del CNB (Comitato Nazionale di Bioetica), lo considera “un trattamento elettivo ed adeguato”, “uno strumento terapeutico, talora indispensabile, per la riduzione della sofferenza” e “presidio terapeutico di approvata efficacia, la cui rinuncia aumenterebbe il rischio di peggioramento clinico e di morte”; per quest’ultima precisazione si elencano le diagnosi: “depressione, mania, schizofrenia, catatonia, sindrome maligna da neurolettici, gravi disturbi mentali in corso di gravidanza, psicosi puerperale”. Si elencano poi i casi di “successi terapeutici su patologie neurologiche quali: gravi sindromi parkinsoniane, epilessia, delirium, depressione post stroke”. In questi termini si sono zittite le polemiche passate. L’elettroshock che sopravviveva in una decina di strutture pubbliche e private, ora viene ampiamente utilizzato in più di 90: soltanto in Sicilia ve ne sono 14. Miracolo della legalità! Sono state avviate campagne di screening al fine di incentivarne l’utilizzo e l’approvazione. I dati registrano un aumento dei trattamenti: privilegiate le donne, non a caso nell’elenco delle diagnosi elettive ne compaiono alcune tipicamente femminili. Il collettivo pisano da oltre dieci anni dà supporto alle persone psichiatrizzate; questo libro ha, quale filo conduttore, proprio la voce di chi ha subìto la TEC, con o senza anestesia, con o senza consenso informato. L’artista surrealista Antonin Artaud scrisse: ”Strana maniera di trattare un uomo cominciando con assassinarlo. E io dico che mi occorreranno ora quanti triliardi di anni per riprendere tutto ciò che l’elettroshock mi ha tolto”. La sua testimonianza viene completata e confermata da tante altre (troppe, per una società e una medicina che si autodefinisce civile e democratica!) che si calano nell’attualità, denunciando costrizioni, raggiri, annientamento. Traumi esistenziali, percezioni contrastanti fra come ci si sente e come si viene giudicati dalle diagnosi; molteplici strategie di resistenza, capacità nel trovare ascolto e aiuto, percorsi di volontà e determinazione. Dai racconti emerge una terribile costante: questa è un’esperienza di cancellazione della memoria, di un’interruzione non scelta del vissuto, della consapevolezza di un vuoto incolmabile, di una brutalità che lascerà per sempre una ferita perché la lesione procura amnesie anche su esperienze più recenti. Si scrive terapia e si legge memoria bruciata! Si scrive cura e si legge punizione! Non è un danno collaterale, nei protocolli psichiatrici è la terapia ad essere descritta come rimozione dei ricordi attraverso la convulsione indotta, anche quando viene specificato che l’esatta eziologia delle patologie sia sconosciuta. I fautori della TEC sostengono che sia un sostituto efficace alla prescrizione di psicofarmaci; dall’evidenza clinica emerge invece come i due trattamenti siano complementari, anche nel caso in cui l’elettroshock viene scelto per sopperire le lesioni causate dai neurolettici. Il libro riporta in appendice il testo della legge 180 del 1978 che riformò le modalità dei ricoveri e istituzionalizzò il TSO (trattamento sanitario obbligatorio); della Circolare Bindi del 1996 e della sentenza della Corte Costituzionale del 2003 che dichiarò illegittimo il divieto di utilizzare queste pratiche introdotto da alcuni Consigli Regionali. Chiara Gazzola

SOLIDARIETA’ al BAROCCHIO! NO allo SGOMBERO! NO agli OPG! NO alle REMS!

  • August 14, 2015 4:45 pm

SOLIDARIETA’ al BAROCCHIO! NO allo SGOMBERO!
NO AGLI OPG NO ALLE REMS!

Apprendiamo la notizia che al posto del Barocchio, squat occupato da ormai 23 anni, dovrebbe sorgere una REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza). la Legge n°81/2014 prevede la chiusura degli OPG entro il 31 marzo 2015 e l’entrata in funzione delle REMS. Ad oggi gli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) esistono ancora e le REMS in molte regioni non sono ancora entrate in funzione.
Le REMS in realtà non sono altro che dei dei MINI-OPG sul territorio, la suddetta legge infatti, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, mantiene inalterato il regime di custodia e cura vigente negli Opg.
Chiudere i manicomi criminali senza cambiare il codice penale che li sostiene vuol dire creare nuove strutture, forse più accoglienti, ma all’interno delle quali finirebbero sempre rinchiuse persone giudicate incapaci d’ intendere e volere. Per abolire realmente gli OPG bisogna non riproporre i criteri e i modelli di custodia e occorre metter mano a una riforma degli articoli del codice penale e di procedura penale che si riferiscono ai concetti di pericolosità sociale del “folle reo, di incapacità e di non imputabilità”, che determinano il percorso di invio agli Opg.
Il problema è superare il modello di internamento, e tale superamento non può passare attraverso gli stessi meccanismi precedentemente in atto nei manicomi. Altrimenti la logica dominante, anche nelle rems, sarà sempre quella dell’esclusione e non dell’inclusione.
Esprimiamo dunque la nostra solidarietà al Barocchio squat; contrari allo sgombero di un’esperienza abitativa e sociale in piedi da 23 anni, affinché non venga trasformata nell’ennesimo contenitore dell’esclusione sociale!
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669

BASTA MORTI IN TSO!!!

  • August 9, 2015 4:09 pm

 

BASTA MORTI IN TSO

Tre persone morte in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) in poco più di un mese.

Il 5 agosto scorso a Torino, un uomo di 45 anni, Andrea Soldi, è morto mentre i vigili urbani lo stavano sottoponendo a TSO. Si parla di arresto cardiocircolatorio, non è riuscito ad arrivare vivo in ospedale. Testimoni parlano di vigili che l’hanno preso e stretto per il collo, finché non è caduto a terra privo di vita.

Il 30 luglio 2015 a Carmignano Sant’Urbano, in provincia di Padova, un ragazzo di trentatré anni, Mauro Guerra, è stato ucciso da un carabiniere durante un TSO. Nessuno sembra conoscere le reali cause che stanno dietro al trattamento sanitario obbligatorio che l’ha ucciso, né la famiglia, né il sindaco, il quale afferma di non aver neanche autorizzato il provvedimento (nonostante la legge 180 prescriva la disposizione del trattamento previa autorizzazione del sindaco, in quanto massima autorità per la sanità locale). All’arrivo di alcuni carabinieri presso la propria abitazione, Mauro, colto di sorpresa e in preda allo spavento, ha tentato la fuga.

Uno dei carabinieri ha sparato e l’ha ucciso.

Il maresciallo dell’arma si è giustificato dicendo di aver mirato al braccio ma Mauro è stato colpito alla schiena a soli due metri e mezzo di distanza.

Chi ha autorizzato il TSO? Perché sono intervenuti i carabinieri e non i sanitari del 118?

L’8 giugno è morto in circostanze da chiarire, durante un Trattamento sanitario obbligatorio, un uomo di 39 anni. I familiari hanno molti dubbi sulle cause del decesso e lamentano che durante i 12 giorni di ricovero non gli sia mai stato concesso di vederlo. Si chiamava Massimiliano Malzone, il 28 maggio era stato ricoverato nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’ospedale Sant’Arsenio di Polla, in provincia di Salerno. La storia di Massimiliano richiama alla memoria quella di Francesco Mastrogiovanni, il maestro di Castelnuovo Cilento deceduto nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Vallo della Lucania il 4 agosto 2009. Due storie diverse, ma con tratti comuni. Comune anche lo psichiatra coinvolto; il medico che avvisa la sorella della morte di Massimiliano, infatti, è lo stesso già condannato a 4 anni in primo grado per il decesso di Mastrogiovanni con l’accusa di sequestro di persona, morte come conseguenza di altro reato (il sequestro stesso) e falso ideologico, per non aver annotato la contenzione meccanica nella cartella clinica. Francesco Mastrogiovanni era stato legato mani e piedi al letto dell’ospedale, per oltre 80 ore. Il 26 e il 30 giugno si sono svolte le ultime udienze del processo d’appello per il caso Mastrogiovanni, la sentenza è prevista per il mese di settembre 2015.

Il regime terapeutico imposto dal TSO ha una durata di 7 giorni e può essere effettuato solo all’interno di reparti psichiatrici di ospedali pubblici. Deve essere disposto con provvedimento del Sindaco del Comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da uno psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il Sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio, il quale deve notificare il provvedimento e decidere se convalidarlo o meno entro 48 ore. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il TSO sia rinnovato oltre i 7 giorni. La legge stabilisce che il ricovero coatto può essere eseguito solo se sussistono contemporaneamente tre condizioni: l’individuo presenta alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, l’individuo rifiuta la terapia psichiatrica, l’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero.

Subito ci troviamo di fronte ad un problema: chi determina lo “stato di necessità” e l’urgenza dell’intervento terapeutico? E in che modo si dimostra che il ricovero ospedaliero è l’unica soluzione possibile? Risulta evidente che le condizioni di attuazione di un TSO rimandano, di fatto, al giudizio esclusivo ed arbitrario di uno psichiatra, giudizio al quale il Sindaco, che dovrebbe insieme al Giudice Tutelare agire da garante del paziente, di norma non si oppone.

Per la persona coinvolta l’unica possibilità di sottrarsi al TSO sta nell’accettazione della terapia al fine di far decadere una delle tre condizioni, ma è frequente che il provvedimento sia mantenuto anche se il paziente non rifiuta la terapia. Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato.

Molto spesso prima arriva l’ ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico e poi viene fatto partire il provvedimento. La funzione dell’ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio) è generalmente quella di portare la persona in reparto, dove sarà poi trattenuta in regime di TSV o TSO secondo la propria accondiscendenza agli psichiatri.
Il paziente talvolta non viene informato di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario); oppure può accadere che persone che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO.

A volte vengono negate le visite all’interno del reparto e viene impedito di comunicare con l’esterno a chi è ricoverato nonostante la legge 180 preveda che chi è sottoposto a TSO “ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno”.
Il TSO è usato, presso i CIM o i Centri Diurni, anche come strumento di ricatto quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione. Per questo ancora una volta diciamo NO ai TSO, perché i trattamenti sanitari non possono e non devono essere coercitivi e affinché nessuno più debba morire sotto le mani di forze dell’ordine al servizio degli psichiatri.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

antipsichiatriapisa@inventati.org

www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669

LIBERI DALL’ERGASTOLO!!

  • February 2, 2015 10:47 am

logo liberi dall'ergastolocome Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

abbiamo adottato il logo di LIBERI DALL’ ERGASTOLO

https://liberidallergastolo.wordpress.com/

LINK ad INTERVISTE RADIO sul libro “ELETTROSHOCK” e sulla CAMPAGNA per la CHIUSURA dei MANICOMI CRIMINALI

  • January 23, 2015 10:12 am

link ad intervista su Radio Onda Rossa sulla CAMPAGNA per la CHIUSURA degli OPG:
http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/contro-controllo-psichiatrico-e-carcere-1401

link ad intervista sul libro Elettroshock a Radio Città Fujiko:
http://www.radiocittafujiko.it/quanto-si-abusa-di-elettroshock-in-italia

link ad intervista a Radio Città Fujiko sulla CAMPAGNA per la CHIUSURA degli OPG:
http://www.radiocittafujiko.it/news/matti-da-slegare