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“SOCIALMENTE PERICOLOSO. La triste ma vera storia di un ergastolo bianco” di Luigi Gallini, Contrabbandiera Editrice, 2024, Firenze
È uscito il libro “Socialmente Pericoloso. La triste ma vera storia di un ergastolo bianco” di Luigi Gallini, Edizioni Contrabbandiera.
Con i contributi di Nicola Valentino, del collettivo Informacarcere e del collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud. Sotto trovate la nostra postfazione “ Una pratica di parresia sull’ergastolo bianco”.
Potrebbe sembrare scontato che un collettivo, contrario agli abusi della psichiatria, esprima piena
solidarietà a questa nuova pubblicazione di Luigi Gallini. C’è qualcosa di più: la sintonia che si è
instaurata con l’autore che partecipa da tempo, a distanza e in modalità videochiamata, alle nostre
riunioni settimanali. Quando può, beninteso. Quando non gli viene impedito dal sonno indotto dal
cocktail di psicofarmaci a cui viene quotidianamente sottoposto. Quando non arriva, imposta
dall’alto, una qualche restrizione; una qualsiasi, spesso imperscrutabile, forma aggiuntiva di
controllo a contrastare o, a volte, impedire le nostre preziose occasioni di incontro, dialogo e
confronto.
Sì perché Luigi Gallini, nonostante tutto, trova l’energia per condividere idee, pensieri, punti di vista
e stralci di vita. Abbiamo imparato a conoscerlo, a solidarizzare con la sua causa, ad apprezzare le
sue scritture e la sua creatività grazie ai frammenti di tempo che riesce a strappare alla condizione
cui è sottoposto, grazie alla sua volontà di instaurare relazioni interpersonali, anche se mediate dal
vituperato mezzo delle videochiamate e dalla condizione di reclusione in cui si trova. Il suo
contributo arricchisce sempre le nostre riflessioni in quanto la sua testimonianza tocca temi che
sono assai vicini ad alcune delle nostre campagne più sentite.
Luigi è da lungo tempo in carico ai servizi psichiatrici del territorio di appartenenza, e più volte
nella vita è stato sottoposto a TSO. Dopo una breve esperienza carceraria è passato direttamente alla
custodia in una comunità forense ad alta sorveglianza psichiatrica, presso cui risulta in regime di
ergastolo bianco da tre anni e mezzo. Ergastolo bianco, cioè la condizione detentiva per la quale
non viene definita la data di fine pena: una permanenza forzata decisa, di volta in volta, da una
commissione di psichiatri che si riunisce a intervalli più o meno regolari e che ha la facoltà di
dichiarare se una persona sia “socialmente pericolosa” oppure no; di decidere inoltre se, e quando,
la reclusione possa terminare o debba proseguire ad oltranza avvalendosi soltanto di impressioni
momentanee ricevute dal comportamento, o dal tono delle risposte fornite da chi è sottoposto al
regime di sorveglianza. L’ergastolo bianco viene di fatto avallato da una delega affidata a medici e
operatori sanitari volta a sancire un giudizio che rimane comunque arbitrario e soggettivo: nulla a
che vedere con le garanzie del diritto che dovrebbero avvalersi di un collegio giudicante competente
e del supporto di un’assistenza di difesa strutturata.
Di ergastolo bianco, comunità forensi, Opg, Atsm e Rems, rei folli e folli rei ecc. e del contesto
generale che avvolge la quotidianità delle persone che, come Luigi, sono incappate nelle strette
maglie dei dispositivi psichiatrici giudiziari, se ne occupa in maniera esauriente la corposa
prefazione di Nicola Valentino e la testimonianza diretta di Gallini. Al nostro collettivo è piaciuto il
valore simbolico della sua vicenda umana, la sua storia esemplare all’interno di luoghi detentivi
atipici, nonché sconosciuti a quanti non se ne occupano direttamente, il racconto dei metodi
degradanti subiti dalle persone rinchiuse in strutture psichiatriche ad alta sorveglianza. Apprezziamo
il suo coraggio nel denunciare i trattamenti imposti nei luoghi detentivi che lui stesso ha
attraversato.
Rivendichiamo il suo diritto ad esprimersi liberamente soprattutto per la consapevolezza dimostrata
nell’assumersi tutte le responsabilità nel raccontare la verità di luoghi annichilenti e totalizzanti.
Per Foucault “La vera democrazia è guidata da due principi, isegoria e parresia. L’isegoria si
riferisce al diritto di esprimersi liberamente. La parresia, il parlar vero, presuppone l’isegoria, ma
va oltre il diritto costituzionale di parlare. Essa permette agli individui di dire ciò che pensano, ciò
che credono vero, ciò che credono veramente vero”. (Byung Chul Han, Infocrazia, Einaudi, Torino, 2023 pag.73)
Chi, come Luigi, parla con sincerità nonostante tutti i rischi che questo comporta, pratica la
parresia. “La parresia crea comunità. È essenziale per la democrazia. Dire la verità è un atto
politico. La democrazia è viva finché si pratica la parresia. La vera democrazia ha bisogno di quelle
persone che osano dire la verità nonostante tutti i rischi”. (Ibid, pag 74)
Stando a molti studi antropologici (G. Lapassade, E. de Martino ecc.) esistono società e culture
all’interno delle quali la crisi di un individuo o l’espressone di un malessere hanno il diritto a
manifestarsi e vengono superate trovando sfogo in una pratica rituale condivisa, la quale ha la
funzione di proteggere e ripristinare equilibrio nella comunità che ha dovuto superare una
situazione che avrebbe potuto minacciarne l’armonia: niente di punitivo, nulla di giudicante. Tutto
ciò che si rompe si potrà aggiustare se non si perdono pezzi, in questo caso preziosi pezzi di
umanità.
La modernità, soprattutto quella occidentale, ha optato a favore di logiche di potere, avvalendosi di
pratiche socialmente escludenti con l’ausilio della scienza più servile e dichiarando antichi, incivili e
irrazionali le metodologie popolari portatrici di un’esigenza di inclusione strettamente legata alla
sopravvivenza. Ecco che cosi viene negato il diritto alla follia, all’espressione – malessere, o forma
di libertà che la comunità non riesce a tollerare – di una componente importante della personalità
umana. Spesso circoscritta in un arco di tempo e di spazio limitati, ma all’interno della quale fa la
differenza l’atteggiamento di chi si incontra: se si pone in ascolto, o se propone, oppure impone, il
farmaco, la contenzione, la reclusione.
Il modello di società, tardo-capitalista o neoliberista che dir si voglia, non ammette alcuna condotta
che possa deviare dalla “norma”, da un sentire maggioritario, dall’utilità produttiva. Si formano
professionalità atte a giudicare e punire, a condannare socialmente e giuridicamente, a patologizzare
emozioni, comportamenti e scelte di vita creando stigmi, privazioni di diritti fondamentali e
contaminando il linguaggio comune con terminologie che evocano un distacco fra chi ritiene di
essere “normale” e chiunque esca dal sentiero predisposto delle convenzioni.
Il libro di Luigi, come le opere di molte persone in condizioni uguali o simili, rivendica un diritto
che apparirebbe semplice e naturale se non fosse minacciato da continue ingiustizie e pregiudizi: il
diritto universale alla libertà di pensiero, di parola, di espressione, di rappresentazione. Nel suo
scritto sono infatti presenti più forme artistiche: prosa, poesia, disegni, fotografie… Segni e
conferme di un bagaglio culturale ed esperienziale vasto, di una pluralità intellettuale e interiore che
arricchirà le riflessioni di chi avrà la sensibilità di ascoltare la sua voce.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
FIRENZE GIOVEDI’ 27 GIUGNO ORE 10 c/o il Tribunale: PRESIDIO – VERITA’ per MATTIA GIORDANI!
GIOVEDI’ 27 GIUGNO ORE 10 c/o il Tribunale di Firenze in viale Guidoni 61
PRESIDIO
VERITA’ per MATTIA GIORDANI!
Mattia è morto nel 2018 per soffocamento, in seguito al blocco della glottide dovuto molto probabilmente al prolungato e eccessivo uso di psicofarmaci. I continui cambi di terapia avevano comportato disfunzionalità e rischi al momento dei pasti di cui la famiglia afferma di non essere mai stata informata. Dal processo di primo grado non è emersa nessuna responsabilità da parte dei medici e della struttura. Inizia il processo d’appello.
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD
antipsichiatriapisa@inventati.org
FIRENZE giovedì 27 giugno ore 10 PRESIDIO al TRIBUNALE: VERITA’ per MATTIA GIORDANI!
VERITA’ per MATTIA GIORDANI!
Nel 2016 Mattia si trovava presso l’istituto di Montalto di Fauglia quando la struttura finisce nel mirino dei carabinieri, allertati dalla denuncia di un genitore che aveva notato la presenza di strani lividi sul corpo del figlio. Le microcamere nascoste rivelano una realtà inaspettata. Gli operatori fuori da ogni controllo strattonano, trascinano per le orecchie, offendono con epiteti irripetibili i giovani ospiti. Tre mesi di registrazioni nascoste documentano più di 280 episodi di maltrattamenti. Ne è seguito un processo che é ancora in corso. Durante l’ultima udienza una delle dottoresse ha dichiarato che a Montalto di Fauglia venivano usati, in caso di crisi degli ospiti, i cosiddetti “tappeti contenitivi”. Il tappeto contenitivo funziona in un modo semplice: il paziente viene immobilizzato, contenuto e arrotolato nel tappeto.
In seguito al clamore suscitato dal processo e dallo scandalo che ne consegue, gran parte dei sanitari coinvolti vengono allontanati dalla struttura e lasciano il posto a nuovi operatori e psichiatri che avrebbero iniziato a sperimentare nuove combinazioni di farmaci a dosaggi elevati. A Mattia vengono modificati e aumentati i dosaggi. Nel febbraio 2018, un mese prima di morire, il corpo di Mattia subisce l’ultimo affronto nel corso di un ricovero presso il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’ospedale di Pisa. La mamma, che lo aveva salutato la sera prima lasciandolo in reparto per il riposo notturno, lo ritrova la mattina seguente legato al letto di contenzione. Riuscirà a farlo slegare solamente garantendo la sua presenza e il suo controllo continuo.
Un mese dopo Mattia muore soffocato da un boccone di cibo mentre è a cena con la famiglia. Il direttore dell’Unità operativa di Psichiatria forense e Criminologia clinica dell’ospedale Careggi di Firenze Rolando Paterniti, al quale i genitori di Mattia chiederanno una consulenza tecnica in vista del processo, scriverà nella sua relazione: «La sintomatologia presentata da Mattia è inquadrabile tra i sintomi extrapiramidali da antipsicotici […].In quasi tutti gli episodi le contrazioni distoniche hanno interessato […] anche i muscoli laringei e quelli della deglutizione, causando gravi episodi di dispnea e disfagia con serio rischio di morte per soffocamento. Le crisi distoniche acute […] nel caso di Mattia sono comparse 6 giorni dopo l’introduzione della clotiapina. Questa correlazione temporale permette di affermare, con buona certezza, che sia stato proprio questo farmaco a causare la grave sintomatologia extrapiramidale […]. La condotta medica non è stata sollecita ed accorta ad impedire il verificarsi di un evento dannoso o pericoloso, ma al contrario si è caratterizzata per trascuratezza, avventatezza, e insufficiente ponderazione dei rischi, esponendo Mattia a gravi conseguenze».
Dalle cartelle cliniche i genitori vengono a sapere che negli ultimi tre mesi di vita nell’istituto Mattia aveva già avuto notevoli problemi di deglutizione durante i pasti, rischiando più volte il soffocamento con, in qualche occasione, crisi cardiache piuttosto importanti. Ma questo i genitori lo hanno scoperto dopo e affermano ancora oggi di non essere mai stati adeguatamente avvertiti del rischio di soffocamento a cui Mattia era esposto.
Al processo di primo grado le due dottoresse, responsabili della struttura della Stella Maris, sono state assolte e il magistrato ha asserito che i genitori non potevano non sapere. Il giudice ha basato la sua sentenza sulle testimonianze degli operatori della Stella Maris (parte in causa nel processo) e non ha considerato credibili neppure le testimonianze dei due medici della ASL (unici non dipendenti della Stella Maris) che avevano in cura Mattia, che facevano riunioni periodiche con la Stella Maris e che (esattamente come i genitori) avevano asserito che mai erano stati avvertiti circa le crisi disfagiche e distoniche di Mattia.
Attendiamo l’appello e speriamo che Mattia abbia giustizia.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
per info e contatti: antipsichiatriapisa@inventati.org – www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
TRENTO sabato 8 giugno: INCONTRO su PSICHIATRIA e CARCERE
TRENTO SABATO 8 GIUGNO c/o Parco di MELTA
ARE COPS ARE BORDERS
ore 12:30 Buffet Vegan
ore 14:30 inizio discussione/confronto aperto su mezzi utili per difendersi dalla legge e dagli “abusi” di potere, polizieschi o psichiatrici, dai TSO e dalle galere, condivisione di esperienze e di pratiche, consigli da un avvocato, con il Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud e con la cassa di solidarietà “la Lima”.