Archives for September, 2019

sab 19/10 a MONTICHIARI presidio contro l’elettroshock + serata benefit a TRAI- dom 20/10 ASSEMBLEA dei COLLETTIVI ANTIPSICHIATRICI a TRAI

  • September 25, 2019 3:35 pm

NO ELETTROSHOCK – NO ABUSI E MORTI NEI REPARTI!

(Con Sabatino nel ♥)

SABATO 19 ottobre ore 15  a MONTICHIARI (BS)

ingresso reparto Via G. Ciotti 154

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

ore 20.30 in Località Casella, Via Argine sinistro torrente Parma, 8 Sorbole Mezzani (PR) Fermata Bus TRAI

CENA BENEFIT CON PRESENTAZIONE + LIVE

Il collettivo SenzaNumero di Roma presenterà il suo aperiodico. A seguire live dei Gabriela Yankov, Vj Schnell e Dj Irene La Merdica.

 

DOMENICA 20 ottobreore a TRAI 10.30

ASSEMBLEA dei GRUPPI e dei COLLETTIVI ANTIPSICHIATRICI

 

Vorremmo chiamare a sostegno dell’iniziativa tutte le realtà che hanno a cuore la libertà della persona nel poter disporre della propria vita, dei propri ricordi e dei propri pregi e difetti. In questa iniziativa vogliamo inoltre dire basta ai morti nei reparti ed agli abusi. Il recente caso di Elena Casetto, morta bruciata a Bergamo legata al letto, è solo l’ultimo di una lunga serie balzato alle cronache perchè era inevitabile essendo così eclatante. Molti casi di abusi indiscriminati e di morti rimangono nel silenzio come era emerso qualche anno fa con il ‘Caso Niguarda’, con 12 pazienti morti ed altri paralizzati con protocolli di supercontenzione fisica quali ‘lo spallaccio’. In quel caso la denuncia era partita dall’interno, ma nella maggioranza dei casi vige il silenzio e certi episodi vengono ritenuti ‘blandi effetti collaterali’ previsti dalla norma. Il taser nei reparti è divenuto la norma, gli abusi divengono la norma.
QUESTO SILENZIO DEVE FINIRE. QUESTA NORMA DEVE FINIRE.

Per dare continuità al presidio di Giugno a Pisa riproponiamo il testo informativo sulla TEC/ELETTROSHOCK dove si spiega bene in cosa consiste questa pratica:
”L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti, non si cambia la sostanza della TEC.
A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto. Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – è stato utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza? È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione? Basta chiamarla terapia per renderla legittima? Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento? Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?
 In Italia negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno. [Montichiari è uno di questi].
I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.
Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.
Ci teniamo, quindi, a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.”

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO CAMUNO – CAMAP camap@autistici.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD PISA – antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO SENZANUMERO – ROMA – senzanumero@autistici.org

MONTICHIARI: sab 19/10 PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’ELETTROSHOCK E CONTRO GLI ABUSI NEI REPARTI PSICHIATRICI

  • September 21, 2019 9:05 am

SABATO 19 Ottobre  a MONTICHIARI (BS)

alle ore 15 c/o ingresso reparto Via G. Ciotti 154,

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK E CONTRO GLI ABUSI NEI REPARTI PSICHIATRICI

STOP ELETTROSHOCK, STOP ABUSI E MORTI NEI REPARTI !

Vorremmo chiamare a sostegno dell’iniziativa tutte le realtà che hanno a cuore la libertà della persona nel poter disporre della propria vita, dei propri ricordi e dei propri pregi e difetti. Per dare continuità al presidio di Giugno scorso a Pisa riproponiamo il testo informativo sulla TEC/ELETTROSHOCK dove si spiega bene in cosa consiste questa pratica:

”L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti, non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto.

Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – è stato utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza?

È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione?

Basta chiamarla terapia per renderla legittima?

Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?

Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?

In Italia, sul finire degli anni novanta, i presidi sanitari dove era possibile praticare l’elettroshock erano nove – sei pubblici e tre privati. Venne presentata una campagna, “Sdoganare l’elettroshock”, dai più illustri psichiatri organicisti aderenti all’AITEC (Associazione Italiana Terapie Elettroconvulsive), che principalmente chiedeva due cose: un aumento dei presidi autorizzati tale che si potesse coprire la richiesta di una struttura ogni milione di abitanti e la promozione di iniziative culturali tese ad una rivalutazione di quella che era la percezione pubblica dell’elettroshock. Fu così che gli apparati politici italiani intervennero in materia predisponendo, per la prima volta, un percorso teorico e normativo che identificasse delle linee guida condivise tra apparati istituzionali pubblici e privati e le richieste della psichiatria.

In Italia negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.

Nel 2011 le strutture ospedaliere coinvolte, cioè quelle che hanno eseguito almeno una TEC in un anno, erano 91. Nel triennio che va dal 2008 al 2010, 1.406 persone sono state sottoposte a elettroshock. La maggioranza dei trattamenti riguarda le donne, 821 contro 585 uomini, e la fascia d’età va in media dai 40 ai 47 anni. Nel 2008 i pazienti over 75 che hanno subito la TEC erano 21, l’anno dopo 39.

Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno.

I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.

Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.

Ci teniamo, quindi, a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.”

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO CAMUNO – CAMAP camap@autistici.org
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD PISA – antipsichiatriapisa@inventati.org
COLLETTIVO SENZANUMERO – ROMA – senzanumero@autistici.org

 

 

 

 

FIRENZE: ven 4/10 presentazione di “DIVIETO D’INFANZIA” c/o Spazio Inkiostro

  • September 19, 2019 3:10 pm

FIRENZE VENERDì 4 OTTOBRE

c/o Spazio Inkiostro in via degli Alfani 49 alle ore 18

il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud e l’assemblea Autoconvocata delle lavoratrici e dei lavoratori del sociale

Presentano:

“DIVIETO D’INFANZIA. Psichiatria, controllo, profitto.”

A cura di Chiara Gazzola e Sebastiano Ortu, edizioni BFS

Saranno presenti gli autori.

A seguire APERICENA

Per info: antipsichiatriapisa@inventati.org /  noleggeiori@gmail.com

 

MONTICHIARI sab 19/10 PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO l’ELETTROSHOCK dom 20/10 ASSEMBLEA NAZIONALE

  • September 15, 2019 7:31 pm

– SABATO 19 OTTOBRE a MONTICHIARI (BS) alle ore 15 c/o ingresso reparto Via G. Ciotti 154

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

 

– DOMENICA 20 OTTOBRE ASSEMBLEA ANTIPSICHIATRICA

alle ore 10:30 fermata bus TRAI località Casella Argine sinistro Torrente Parma n°8    Sorbole Mezzani PARMA

CRIMINI di PACE: ELENA 19 ANNI ARSA VIVA IN UN REPARTO PSICHIATRICO

  • September 12, 2019 3:53 pm

CRIMINI di PACE: ELENA 19 ANNI ARSA VIVA IN UN REPARTO PSICHIATRICO

Il 13 agosto, nell’ ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, divampa un incendio. A seguito di ciò muore una ragazza di diciannove anni, legata ad un letto di contenzione. Il suo nome è Elena. La direzione sanitaria si affretta, attraverso gli organi di stampa, a giustificare la contenzione come forma di tutela esercitata proprio “a beneficio” della paziente, rea di aver precedentemente tentato il suicidio. La morte di Elena, è sicuramente un dramma personale che esige cautela nell’ affrontarlo. Rispettando soprattutto  il dolore di chi l’ha amata. Tuttavia non si può neppure considerare un episodio isolato.

Vorremmo ricordarli tutti e tutte. Nome per nome. Ma la lista di quanti e quante hanno perso la vita in reparto in circostanze, per certi versi analoghe, è  interminabile. Le morti in spdc (Servizi psichiatrici diagnosi e cura) esprimono realisticamente lo stato dell’ arte della democratica psichiatria post manicomiale a più di 40 anni dall’ entrata in vigore della legge 180. La mesta continuità con cui si verificano evidenzia la contraddizione di una presa in carico giustificata dalla cura del paziente, che passa attraverso la coercizione, la disumanizzazione, il panottismo.

Come mai una pratica, che la legge contempla come eccezione e rispetto alla quale ha elaborato protocolli d’ applicazione, viene esercitata con sistematicità e in modo assolutamente “discrezionale” ? I reparti ospedalieri restano non luoghi di rimozione della coscienza collettiva. Universi concentrazionari  dove si consuma ferocemente la separazione fisica e concettuale tra sani e malati. La segregazione  a cui i/le pazienti sono sottoposti/e  registra quanto ancora sia in voga il paradigma manicomiale. Quanto la psichiatria  declini il proprio intervento in chiave custodialistica. Quasi a voler ancora salvaguardare le relazioni sociali dalla contaminazione con lo stato morboso.

Inoltre, in nome della tanto sbandierata sicurezza, ogni stanza è dotata di telecamera, collegata ad un pannello situato in un luogo centrale del reparto. Dietro al monitor si presume esserci un infermiere/sorvegliante. Viene da chiedersi: come mai la tecnologia a disposizione del personale  si è rivelata inefficace circa lo scopo per la quale è stata impiegata? Perché non ha messo in sicurezza i pazienti? In verità dietro alle lenti si rifrange l’occhio clinico, programmato per registrare quei comportamenti “utili” all’economia delle diagnosi. Proprio le pratiche che sussistono nei reparti  rivelano i motivi economico politici a suffragio dei neo manicomi. Non luoghi deputati a dar visibilità alla malattia mentale. A dargli un nome che rientri nella tassonomia diagnostica. Il tema della sicurezza è una scusa per aggirare la normativa sulla privacy. Un alibi utile ad accreditare l’ associazione tra comportamento deviante e valutazione clinica.

Ciò che viene comunemente percepito come una misura di tutela, si rivela così un buon strumento per definire con più enfasi, il profilo patologico del paziente. D’altronde, quest’ ultimo potrà impugnare le riprese video a crimine già avvenuto, quando è ormai vittima conclamata di un abuso. La storia di Mastrogiovanni dice forse qualcosa?

La 180 è una rivoluzione tradita. Oggi dei suoi principi ispiratori non resta che la retorica. Eppure, dalla lettura del presente, emergono le stesse contraddizioni di sempre!

La triste vicenda di Elena non può esser archiviata come un incidente o un episodio di malasanità. Fermare le morti in spdc vuol fare i conti con i diritti negati, con lo stato d’ abbandono che vivono i/le pazienti. Una deprivazione che si esprime ad un livello fisico, affettivo, quanto giuridico.

“…E dunque, non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te” .

La morte di Elena è un fatto che riguarda tutti. Per questo viene spontaneo scandire, anche con rabbia, due parole: verità e giustizia.

La morte di Elena è un ulteriore crepa, nel muro di menzogne e complicità, che la psichiatria clinica erige intorno alle proprie pratiche e alla propria cultura.

 

BASTA MORTI NEI REPARTI PSICHIATRICI!!

Alcune persone di Bergamo – il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa

“il CARCERE MANICOMIO. Le carceri in Italia fra violenza, pietà, affari e camicie di forze.”

  • September 8, 2019 8:32 pm

“il CARCERE MANICOMIO. Le carceri in Italia fra violenza, pietà, affari e camice di forze.”

di Salvatore Verde edizioni Sensibili Alle Foglie 2011

il carcere manicomio_ S. Verde

FIRENZE: ven 20/09 presentazione di “DIVIETO D’INFANZIA” c/o 9° Vetrina Editoria Anarchica e Libertaria

  • September 5, 2019 2:26 pm

 

 

 

 

 

FIRENZE VENERDI’ 20 SETTEMBRE alle ore 18 All’interno della 9° edizione della Vetrina Anarchica e Libertaria c/o  Tuscany hall                (ex Obihall) via Fabrizio De Andrè angolo Lungarno Aldo Moro

La Biblioteca Franco Serantini Edizioni e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud presentano:

“DIVIETO D’INFANZIA. Psichiatria, controllo, profitto.”

a cura di Chiara Gazzola e Sebastiano Ortu, edizioni BFS

Saranno presenti gli autori.

per info e programma completo della Vetrina:

https://www.autistici.org/ateneolibertariofiorentino/vetrina.htm

 

 

COMUNICATO di SOLIDARIETA’ : Fabrizio e Lucia LIBERI ORA !

  • September 4, 2019 3:32 pm

 

Fabrizio e Lucia liberi ora!

Il dott. Fabrizio Cinquini e sua moglie Lucia Pescaglini sono entrambi stati privati della libertà personale: lui è detenuto nel carcere “lager” medioevale di san Giorgio di Lucca (di cui continueremo a chiedere la chiusura per l’indegnità della struttura per tutti e tutte i reclusi e le recluse), lei agli arresti domiciliari.

Cinquini e la moglie sono accusati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare cannabis.

Conosciamo bene il dottor Cinquini, spesso abbiamo collaborato insieme e ci siamo informati sull’accaduto. Il risultato è paradossale perché questa pare essere, a nostro avviso, una vera e propria persecuzione. La caserma dei carabinieri di Marina di Pietrasanta ha (volutamente?) “confuso” per cannabis illegale, della canapa regolarmente denunciata e già inventariata nel precedente provvedimento penale di giugno sempre nei loro confronti. A questo si aggiunge il sequestro di denaro, di cui era in possesso perché gli era appena stato dissequestrato nell’ambito del precedente provvedimento.

I militari dell’Arma si sono introdotti in casa del dottor Cinquini come se entrassero in casa di un criminale e non di un uomo che esercita la professione medica con una coerenza ed una abnegazione decisamente superiori alla media.

Cinquini si trova in carcere per burocrazia e proibizionismo e l’indagine che nuovamente lo coinvolge toglie risorse a tutti noi, arricchisce le mafie e tiene un uomo dietro le sbarre per oltre 40 giorni, in attesa di un’analisi che, siamo certi, confermerà trattarsi di cannabis light perfettamente in regola con l’attuale normativa.

Cinquini in questi anni ha aiutato migliaia di pazienti a reperire cannabis terapeutica a basso costo, autodenunciandosi, e pagando per questo, per mostrare a tutti l’assurdità della precedente legge Fini-Giovanardi sulle droghe (cancellata per incostituzionalità nel 2016).

Cinquini è uno dei massimi esperti di cannabis terapeutica al mondo, in un’Italia che invece di valorizzare e finanziare il suo lavoro lo arresta a causa dell’incapacità e dell’arroganza dell’apparato repressivo, che ritiene questo medico un delinquente perché si ostina a produrre alcune (poche) piante destinate alla madre malata di Alzheimer e di amici gravemente ammalati. Quelle che aveva erano peraltro in stadio vegetativo e quindi prive di THC.

Cinquini è soltanto un medico che ha fatto un giuramento, conosce le potenzialità dei principi attivi della cannabis e quindi sente il dovere morale di aiutare chi sta male.

L’Osservatorio antiproibizionista-Canapisa crew e il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, sostengono con forza le attività del dottor Cinquini e chiedono che possa attendere il processo (assurdo) al di fuori del carcere lager di san Giorgio. Non avendo commesso alcun reato ci dovremo far carico tutti noi del risarcimento a carico dello Stato per l’ennesima e ingiusta detenzione ad opera di giudici che non conoscono neppure le leggi che dovrebbero far applicare (in questo caso la 242/16). 

Tutta questa confusione, quest’accanimento giudiziario, non a caso si esprime su un medico che si oppone da sempre alla lobby del mercato farmaceutico ed ha un approccio medico decisamente contrario all’uso di psicofarmaci, qualora non sussista un pericolo concreto: un medico che offre prima di tutto il suo tempo, il suo ottimismo, il suo sorriso, per motivare le persone a diventare medici di sé stessi e curarsi attraverso lo stile di vita sano.

Cinquini e la moglie sono il contrario di persone socialmente pericolose: sono 2 intellettuali che hanno aiutato migliaia di persone gratuitamente e senza pretendere nulla in cambio. 

Come Osservatorio antiproibizionista-Canapisa crew e come collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud, siamo molto preoccupati per la lunga detenzione di una persona che ha già raccontato in un libro (Dottor cannabis. La storia di un medico antiproibizionista – Ediz. Dissensi 2016), gli abusi subiti in quella struttura carceraria.

Come Osservatorio antiproibizionista-Canapisa crew e come collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud, troviamo inaccettabile che in attesa della fine delle ferie dei laboratori forensi si debba accettare che un uomo per bene e sua moglie siano privati della libertà personale. Il loro caso dimostra ancora una volta in modo esemplare la stupidità del proibizionismo.

Come Osservatorio antiproibizionista-Canapisa crew e come collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud, chiediamo alle forze dell’ordine di occuparsi di quei profili criminali che davvero provocano danni e hanno un costo per l’intera collettività e di lasciare in pace la famiglia Cinquini che per l’ennesima volta si trova ristretta senza aver fatto del male a nessuno.

Fabrizio e Lucia liberi ora!

Osservatorio antiproibizionista-Canapisa crew

www.osservatorioantipro.org

 Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud

artaudpisa.noblogs.org

 

 

 

 

 

SOLIDARIETA’ CONTRO GLI SGOMBERI di XM24 di Bologna e del GALEONE di Pisa

  • September 4, 2019 3:26 pm

Esprimiamo la nostra solidarietá, in seguito agli sgomberi del mese di agosto, al Galeone di Pisa e ad Xm24 di Bologna, entrambi spazi dove la lotta antipsichiatria é sempre stata accolta e supportata.

Contro il nulla che avanza resistenza antipsichiatrica!
Collettivo Antipsihiatrico Antonin Artaud Pisa