ANTIPSICHIATRIA A CANAPISA 2011
Come collettivo antipsichiatrico contrastiamo la logica proibizionista che alimenta la medicalizzazione di massa e favorisce l’espandersi della psichiatria; motivo per cui anche quest’anno partecipiamo alla manifestazione/ street parade antiproibizionista CANAPISA che si terrà a Pisa sabato 28 maggio in piazza S.Antonio alle ore 17 portando le nostre istanze antipsichiatriche e ribadendo con forza il diritto a manifestare e ad esprimere le proprie opinioni.
PSICOFARMACI: DROGHE LEGALI OBBLIGATORIE
Oggi l’istituzione psichiatrica continua ad essere uno strumento di esclusione e controllo, ed ha enormemente ampliato il suo bacino d’utenza aumentando di anno in anno il numero delle “malattie mentali” da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare. Tra questi rientra il consumo di sostanze psicoattive, che, se in passato era considerato un vizio, un piacere, oggi diviene sintomo di un disagio da trattare con cure psichiatriche, trasformando un problema sociale in una questione sanitaria. Grazie al decreto Fini-Giovanardi ed alle nuove proposte di legge in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame proibizionismo-psichiatria ed i consumatori di sostanze illegali sono diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l’industria del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia diagnosi che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della loro malattia mentale.
Nonostante si dimostri proibizionista nei confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti farmacologici che, oltre ad essere spacciati ipocritamente come “terapeutici”, sono spesso introdotti coercitivamente nel corpo!
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi e ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia.
Siamo contro l’obbligo di cura, infatti non siamo a priori contro l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’ individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione. Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Il fine contenitivo di tali sostanze è evidente: la distribuzione di psicofarmaci è oramai prassi diffusa anche all’interno di altre istituzioni totali. Nei CIE (centri identificazione ed espulsione) gli psicofarmaci vengono spesso somministrati sia nascosti negli alimenti che forzatamente. E’ emblematica la storia, avvenuta ad inizio maggio 2011, di un detenuto (nel CIE di Bologna) a cui sono stati dati 40 mg (800 gocce) di Tavor, (un fortissimo ansiolitico comunemente utilizzato per trattare l’ansia e l’insonnia). Considerato che la dose consigliata dal produttore oscilla tra gli 1 e i 4 milligrammi, risulta chiaro che una somministrazione di 40 milligrammi non rientri in un approccio terapeutico ma sia bensì finalizzata alla contenzione chimica; usata al fine di convincere il detenuto a prendere un aereo che l’avrebbe rimpatriato. Le carceri italiane favoreggiano l’uso diffuso, abituale (tre volte al giorno) ed indiscriminato di sedativi, soprattutto benzodiazepine, per tenere a bada attraverso le cure psichiatriche i detenuti, che, pur non facendo uso di stupefacenti , vengono così indirizzati verso la psicofamacologia. Invece di avere come fine primario la salute dei detenuti, i medici diffondono l’uso di psicofarmaci, che permette di controllare chimicamente l’umore, di lenire l’ansia della carcerazione. L’istituzione carceraria si serve della psichiatria per stemperare il conflitto, e garantirsi così un più semplice controllo della massa dei detenuti, costretti a subire gravi situazioni di degrado e sovraffollamento.
Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud- Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org
21 maggio al REFUGIO di LIVORNO: “VOCI SPEZZATE”
IL TEATRO OFFICINA REFUGIO
Il COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD
presentano
SABATO 21 MAGGIO 2011
c/o teatro officina REFUGIO
scali del refugio 8 LIVORNO
ore 20 aperitivo buffet e
musica LIVE djset breakbeat
con WANAGANA BEAT
ore 21:30
VOCI SPEZZATE
video racconti dal labirinto psichiatrico
CORTO SHOCK a cura di Hunchbacked project
Lo sfogo di una vittima delle istituzioni totali, un viaggio quasi onirico che si snoda
attraverso i ricordi di un’esistenza trascorsa tra la tossicodipendenza e i dispositivi psichiatrico e carcerario.
PIETRO di Andrea Valente
una lucida testimonianza di una vittima dell’elettroshock.
NO LOCO a cura del collettivo antipsichiatrico violetta van gogh-firenze
la psichiatrizzazione del disagio sociale raccontata attraverso un “cocktail” di cinema.
a seguire altri video antipsichiatrici…
per info: antipsichiatriapisa@inventati.org
IN PIAZZA PER RICORDARE FRANCO SERANTINI
7 MAGGIO 2011
IN PIAZZA PER RICORDARE FRANCO SERANTINI:
UNA GIORNATA DI MEMORIA, ANTIFASCISMO,
CULTURA, AMBIENTE E SOCIALITA’.
«NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE»
esposizione sulla psichiatria, carcere e istituzioni totali
a cura del collettivo antipsichiatrico A. Artaud e Zone del silenzio
a seguire musica con i
SAMBALORDI
gruppo percussioni afro-brasiliane
a partire dalle 13 fino alle 17
in Piazza Serantini (Piazza S. Silvestro)
con corteo fino a P.zza S. Caterina
Circolo Culturale Biblioteca F. Serantini, Associazione amici della
Biblioteca F. Serantini ONLUS, Progetto Rebeldia, Collettivo
antipsichiatrico A. Artaud, Associazione Aut Aut, Tijuana project,
Sinistra ecologia e libertà Federazione di Pisa, Zone del silenzio,
Newroz, Gruppo anarchico Kronstadt, Rifondazione comunista
Pisa, Circolo Agorà, Lega Ambiente di Pisa.
in collaborazione con la festa del Distretto di economia solidale
Alt(r)o Tirreno.
VOCI SPEZZATE video racconti dal labirinto psichiatrico
L’ASSOCIAZIONE CULTURALE IMAGO
Il COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD
presentano
GIOVEDI’ 14 APRILE 2011
c/o associazione culturale IMAGO
in via Bovio 10 Pisa
ore 21:30
VOCI SPEZZATE
video racconti dal labirinto psichiatrico
CORTO SHOCK a cura di Hunchbacked project
Lo sfogo di una vittima delle istituzioni totali, un viaggio quasi onirico che si snoda attraverso i ricordi di un’esistenza trascorsa tra la tossicodipendenza e i dispositivi psichiatrico e carcerario.
PIETRO di Andrea Valente
una lucida testimonianza di una vittima dell’elettroshock.
a seguire altri video antipsichiatrici…
per info: antipsichiatriapisa@inventati.org
Comunicato del telefono viola di Milano
Nei 3 reparti psichiatrici Grossoni di Niguarda vengono alla luce le vicende di altri 7 ricoverati morti.
Comunicato del telefono viola di Milano in merito alle morti nel reparto psichiatrico del Grossoni
BASTA MORTI INVISIBILI E TORTURE: CHIUDIAMO GLI OPG
Trent’anni dopo la riforma che porta il nome di Franco Basaglia, non tutti i manicomi hanno chiuso i battenti. Vengono chiamati ospedali psichiatrici giudiziari ma sono i manicomi criminali di una volta. Per l’esattezza gli internati sono 1535 (1433 uomini e 102 donne) nei sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani (Aversa, Montelupo fiorentino, Napoli Sant’Eframo, Reggio Emilia, Castiglion delle Stiviere e Barcellona Pozzo di Gotto).
Martedì 8 marzo un ragazzo di 29 anni G.D., di origini genovesi, viene ritrovato morto nella sua cella dell’ospedale psichiatrico di Montelupo fiorentino. Il giovane era arrivato nella struttura nell’ottobre del 2010. Il cadavere è stato trovato nel bagno della cella, a scoprirlo sono stati gli agenti. Accanto all’uomo, che era stato internato a causa di episodi di aggressioni in famiglia, è stata trovata una bomboletta di gas in dotazione ai detenuti. Sul caso è stato aperto un fascicolo da parte della Procura della Repubblica di Firenze. La salma è stata trasferita al reparto di medicina legale di Careggi per essere sottoposta ad autopsia.
Negli opg avvengono anche atti di violenza sessuale. È di giovedì 10 marzo la notizia che due agenti di polizia penitenziaria dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa sono stati arrestati con l’accusa di avere costretto in più occasioni un giovane transessuale, internato nella struttura, ad avere rapporti sessuali. Sempre ad Aversa, dopo che si sono verificate 14 morti in 14 anni, 14 persone sono state iscritte nel registro degli indagati per omicidio colposo, tra cui parte del personale in servizio in reparto: medici, psichiatri e i dirigenti della struttura. Questi episodi vanno contestualizzati in uno scenario più ampio di abusi, violenze e di condizioni detentive inumane e degradanti che emergono anche dal rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura, organismo del consiglio di Europa, che si è recato in visita ispettiva negli opg italiani.
Gli opg sono inutili luoghi di soprusi, isolamento prolungato, condizioni igieniche indecenti, di contenzione abituale e di trattamenti totalmente lesivi della dignità umana.
L’opg è un limbo, un luogo di totale non diritto. In questi luoghi vige l’incertezza della pena e non esiste proporzionalità della pena rispetto al reato. In queste strutture vengono internate persone che, dopo aver commesso un reato, vengono dichiarate tramite una perizia totalmente o parzialmente incapaci di intendere o volere ma che a causa di una presunta pericolosità sociale (definita in riferimento alla norma vigente che risale al codice Rocco del 1930, nostra pesante eredità fascista) vengono ugualmente rinchiuse e allontanate dalla società.
Per le persone prosciolte per totale incapacità mentale l’opg si presenta nella sua dimensione peggiore, l’ergastolo bianco: l’internamento viene stabilito dal giudice di due, cinque o 10 anni ma la durata effettiva del provvedimento è ad assoluta discrezionalità del magistrato, che può prorogarlo all’infinito ogni due,cinque o dieci anni; con questo meccanismo alcune persone hanno scontato più di trentacinque anni di reclusione e si perde il conto di quanti sono morti avendo scontato molti anni in più della reale pena correlata al reato commesso. Diverso è il caso della seminfermità mentale: la capacità di intendere e di volere, per quanto ridotta, sussiste. La persona perciò è imputabile e viene sottoposta al processo. In caso di condanna vi sarà la diminuzione di un terzo della pena. Se riconosciuta anche socialmente pericolosa la persona verrà inviata in opg, dopo aver scontato la pena detentiva in carcere, senza sapere quanto dovrà restarci.
In opg possono anche finire individui che vengono trasferiti dal carcere conseguentemente ad una misura disciplinare e per un tempo indefinito (il tempo che un detenuto passa in opg non gli viene conteggiato come pena effettivamente scontata e quando verrà ritrasferito in carcere dovrà scontare anche il periodo non conteggiatogli).
In questi manicomi le persone continuano a morire così come nelle carceri vere e proprie.
Nei primi due mesi del 2011 sono morte 12 persone tra carcere e opg, di cui sei sono “morti da bomboletta”. Le bombolette del gas vengono date in dotazione dal carcere ai detenuti per poter cucinare. La cucina rappresenta l’unico strumento che la persona ristretta ha a disposizione per svolgere un’attività in autonomia, per costruire e vivere piccoli momenti di socialità e condivisione con altri detenuti. Le bombolette vengono anche utilizzate da alcuni come meccanismo di “evasione” per non pensare, in quanto la loro inalazione provoca stordimento simile a quello indotto da assunzione di droghe leggere o di psicofarmaci. La concessione massiccia di psicofarmaci è fortemente appoggiata dall’amministrazione carceraria in un’ottica contenitiva in quanto detenuti chimicamente sedati sono sicuramente più gestibili, meno indotti a creare problemi e più propensi a sopportare l’alienazione della carcerazione.
E così per le bombolette. Sta diventando pratica sempre più diffusa e strumentalmente usata dalle amministrazioni carcerarie utilizzare le bombolette come pretesto per giustificare le morti scomode senza dover mettere in discussione il totale degrado, sovraffollamento ed incurie in cui riversano quelle discariche sociali chiamate carceri ed ospedali psichiatrici giudiziari. Con queste “morti da bomboletta” si continuerà così facilmente a giustificare la tragica e insensata fine di altri G.D., altri Ciprian Florin (morto l’8 febbraio 2011 a Genova, anche lui presumibilmente per inalazione di gas), altri Yuri Attinà (morto a Livorno il 5/1/2011), altri Jon R. (morto a Pavia per inalazione di gas l’11/2/2011).
Queste morti provocate o meno da inalazione di butano sono vere e proprie morti di Stato.
Lo Stato prende in custodia il corpo e l’anima di una persona e a questa dovrebbe garantire l’incolumità.
Collettivo Antipsichiatrico A.Artaud -Pisa
Zone del silenzio-Pisa
comunicato stampa in merito alla sentenza sui fatti di Pistoia
Il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud in merito alle ingiuste
condanne di primo grado per i fatti di Pistoia ritiene importante
rinnovare la propria solidarietà a tutti gli imputati, molti dei quali
conosciamo da anni, in particolar modo Elisabetta da tempo impegnata nel
nostro collettivo.
Non abbiamo dubitato della loro estraneità fin dal momento in cui ci
giunse notizia che l’intera assemblea regionale, che si stava svolgendo
a Pistoia, era stata trattenuta una notte intera in questura con
l’accusa di aver preso parte a uno strano assalto alla vicina sede di
CasaPound.
Oggi dopo avere appreso il contenuto delle motivazioni del dispositivo di
condanna non possiamo fare a meno di esprimere tutta la nostra
indignazione.
Ci fu da subito altrettanto chiara la natura repressiva degli arresti e
dei tanti mesi di privazione della libertà inflitti agli imputati. Le
stesse motivazioni della sentenza, con cui poi si doveva render noto il
perché di questa forzatura, addirittura si fanno beffa del dolore che si
deve affrontare in condizioni di negazione della libertà.
Per gli imputati fu disposto il divieto assoluto di comunicazione e
incontro fino a processo inoltrato, proprio per questo motivo Elisabetta
non fu neanche mandata a lavoro per molto tempo e le fu persino proibito
comunicare con sua madre.
Nonostante ciò il giudice ci fa sapere che avrebbe dovuto chiamare al suo
domicilio dei professionisti del look per renderlo identico al giorno in
cui fu arrestata.
Questo spiegherebbe secondo il giudice il perché non sia stata
riconosciuta da i testimoni.
Ma in realtà non potevano averla riconosciuta per il semplice fatto che
non c’era – come da sempre dichiarato anche da Casa Pound – visto che era
assieme a tutti gli altri a prender parte a un assemblea !!
Tutto questo è inammissibile e quasi ridicolo, ed è solo uno dei tanti
passaggi privi di logica contenuti nelle motivazioni che vanno ad
attribuire una responsabilità penale a persone non solo innocenti ma
anche impegnate a fare tutt’altro.
Riteniamo necessario mantenere alta l’attenzione sull’agire repressivo
delle istituzioni e ricordiamo che in ogni udienza del processo il
Tribunale è stato costantemente presidiato da numerose forze dell’ordine
fuori e dentro l’aula e che il pubblico ministero pistoiese ha chiesto 9
anni di detenzione per la sussistenza del reato di devastazione e
saccheggio già smentito molti mesi prima dal sommo giudizio della
Cassazione in materia di libertà personali.
Saremo presenti alla conferenza stampa di Sabato 5 Marzo 2011 alle ore 11 presso la Circoscrizione 2 del Comune di Livorno e rimarremo vicini ai compagni ingiustamente condannati fino a quando non sarà riconosciuta la loro assoluta estraneità ai fatti.
Collettivo Antipsichiatrico A. Artaud – Pisa
INSANAMENTEMIA IN TOUR !!
SABATO 26 febbraio 2011
c/o il teatro officna refugio
in scali del refugio a LIVORNO ore 22:00
DOMENICA 27 febbario 2011
c/o il csa nEXt emerson
in via di bellagio a FIRENZE ore 21:30
il progetto ZENA in collaborazione con
il collettivo antipsichiatrico a.artaud
presentano
INSANAMENTE MIA
azione teatrale del laboratorio zena
“la realtà è terribilmente superiore
ad ogni storia, a ogni favola, a ogni divinità
a ogni surrealtà” a.artaud
per info e prenotazioni:
zeta.lab@email.it-antipsichiatriapisa@inventati.org
3280254173
INSANAMENTEMIA
spettacolo teatrale a cura del Progetto Zena
in collaborazione con il Collettivo antipsichiatrico A. Artaud.
Un ospedale. Una sala d’aspetto.
Cinque donne nell’attesa di una metamorfosi indotta.
Da donne a soggetti psichiatrizzati.
Aggrappate al loro intimo equilibrio e annichilite dalla paura.
Sarà il dottor Marchi a guidarle attraverso suggestive patologie, terapie
e farneticazioni della sua stessa mente.
Donne e psichiatria, la necessità assoluta di agire contro gli stereotipi
che producono atteggiamenti
discriminatori, oppressivi e violenti verso le donne e le loro fasi
naturali.
Passività e incoscienza indotte da farmaci o ribellione?
Il conflitto è inevitabile, considerando però che una satira spietata sia
la migliore lettura della realtà.
“InsanaMente Mia” nasce da una riflessione collettiva su un tema di
genere, la patologizzazione e la medicalizzazione della vita e delle
fasi naturali della donna da parte della psichiatria, da sempre
strumento di controllo e di gestione della diversità, del disagio e
dell’incompatibilità sociale.
Dalla volontà di comunicare attraverso il teatro, di mettere in scena la
nostra rabbia con i nostri corpi – che risentono della minaccia
psichiatrica tanto quanto le nostre menti – è nato il Progetto Zena, un
collettivo teatrale che da un anno lavora su questo tema, attraverso
l’orizzontalità e la condivisione.
Le donne hanno da sempre vissuto sulla propria pelle i meccanismi di un
sistema che le voleva normalizzate, pena una spietata esclusione e
repressione, che in passato portò ai processi alle streghe, ma che anche
oggi prevede accettazione, segregazione e contenzione, sia fisica che
farmacologica.
Alle donne viene chiesto di essere figlie esemplari, mogli, madri, nonne,
lavoratrici precarie in casa e fuori casa, oggetti del desiderio
maschile ma anche depositarie della più austera morigeratezza! La
mancata corrispondenza a modelli e ruoli imposti le rende prede della
psichiatria, che con le sue diagnosi e “cure” nega loro la possibilità
e la libertà di essere semplicemente se stesse: donne libere ed
autodeterminate nelle scelte che riguardano i propri corpi, le loro
identità e diversità.
Oggi più che mai la donna viene avviluppata nella ragnatela psichiatrica,
proprio in virtù di quelle che sono le fasi naturali della sua vita,
momenti di cambiamento e di crescita trasformati dalla medicina in
diagnosi, disturbi, psicosi (disturbo disforico premestruale,
depressione post-partum etc.)
per arricchire le casse delle multinazionali del farmaco, e, ancora una
volta, a causa del suo non- corrispondere, del suo essere non omologata
e improduttiva.
Le donne portate in scena sono incatenate nel meccanismo di produzione e
riproduzione sociale.
Anche loro non sono felici, ma si ribellano. Anche loro non accettano
modelli omologanti ed opprimenti, così come non accettano diagnosi e
terapie psichiatriche. Trovano forza ascoltandosi reciprocamente,
ritrovandosi e ribellandosi. Così come si ribellarono altre donne in
passato, messe sotto processo, legate alle corde del “curlo”,
torturate da aguzzini che tormentavano i loro corpi per
salvare le loro anime.
zone del silenzio : carcere rompere le gabbie !
CARCERE: ROMPERE LE GABBIE!
Le carceri italiane hanno poco da invidiare a paesi
come la Turchia, sono infatti tra le più affollate d’Europa, in alcune
regioni i detenuti sono il doppio del numero consentito, ogni mese
entrano circa 1000 detenuti,la stragrande maggioranza dei quali per
reati legati al possesso e spaccio di droga anche leggera, alla
immigrazione clandestina e a piccoli reati. La popolazione carceraria a
fine anno arrivarà dunque a 70 mila unità, a fronte di una capienza di
44mila posti. Il 50% dei detenuti nelle carceri italiane è in attesa di
giudizio e i dati del Ministero di grazia e Giustizia dicono che il 30%
di loro viene assolto al momento del processo. Il 40% dei detenuti ha
semplicemente violato le regole sancite dalla legge 3091990 meglio nota
come testo unico sulle droghe. In carcere ci sono quasi 27 mila detenuti
tossicodipendenti circa il 70% in più di quelli ricoverati in strutture
terapeutiche. I detenuti migranti non possono per lo più beneficiare
degli arresti domiciliari perché non hanno un posto dove andare, sono
privi di legami affettivi stabili e di supporti esterni (famiglia,
lavoro, legami sociali). Ben 13 mila detenuti immigrati sono colpevoli
solo di non avere rispettato l’ordine del questore di lasciare il
territorio nazionale, il loro reato risiede nella loro stessa esistenza
sociale . Ed è bene sapere che il detenuto che trascorre la pena in
carcere ha buona possibilità di tornare dietro le sbarre (il 68%) al
contrario di chi invece beneficia di misure alternative (meno del 27%
torna in carcere), ciò a dimostrare l’inutilità del carcere se non per
riprodurre le condizioni stesse della propria legittimazione
securitaria.
Allora questi pochi dati ci consentono di dire con
assoluta certezza che a nelle carceri italiane c’è un alto numero di
detenuti innocenti e quelli colpevoli in buona parte dovrebbero
beneficiare di misure alternative al carcere se esistesse una
legislazione e uno stato di diritto degne di questo nome e non legate
all’emergenza, alla carcerazione preventiva, alla ferocia securitaria
che sottrae risorse alla scuola e al sociale per investirli in apparati
repressivi, militari e di controllo sociale. L’Italia è stata condannata
per trattamenti degradanti e inumani, l’Italia non ha sottoscritto la
convenzione internazionale contro la tortura, è ormai drammatica
l’emergenza umanitaria e sanitaria, malattie come la scabbia, l’epatite,
la stessa Tbc sono diffusissime negli istituti di pena. La situazione
delle carceri è insostenibile come si evince dalle sempre più numerose
denunce di maltrattamenti, di pestaggi che arrivano ai garanti dei
detenuti e a quei legali che si occupano di queste tematiche.
A questo
punto , se vogliamo affrontare la tematica carceraria bisogna partire da
una lotta per l’ abrogazione delle leggi vergognose che alimentano la
detenzione e al contempo creano un clima sociale irrespirabile. Ci
chiediamo se la Bossi fini, la Fini Giovanardi e la Cirielli che
insaprisce le pene e ai recidivi e impedisce l’accesso a misure
alternative al carcere, come la semilibertà i permessi o l’affidamento
in prova, non siano leggi da abolire (come anche quegli aspetti
dell’ordinamento penitenziario vedi l’art.4 bis) e contro le quali
aprire una campagna politica che inchiodi la classe politica
all’assunzione di precise responsabilità. Ci chiediamo se non valga la
pena di partire dal carcere per una battaglia contro il testo unico
sulle droghe, per la eliminazione del reato di clandestinità e di
mancata ottemperanza all’ordine di espulsione, la costruzione di
percorsi terapeutici da un lato e di reinserimento sociale dall’altro,
tempi celeri per i processi che certo non potranno essere ottenuti con
una macchina giudiziaria sulla quale pesano come macigni le decisioni ad
personam del Presidente del Consiglio e del Ministro Alfano. Sarebbe
ragionevole una riforma seria del Codice Penale italiano, in buona parte
fermo ancora agli anni “30 della dittatura (vedi la configurazione dei
reati associativi e di pericolo presunto) che si concluda con una
Amnistia riequilibratrice. Sono questi solo alcuni esempi di come
trasformare la questione carceraria in battaglia politica perché la
soluzione non sia la riproposizione delle logiche securitarie, la
edificazione di nuovi carceri o delle chiatte galleggianti.
Occuparsi
oggi di carcere significa non solo aiutare il detenuto e seguire il tema
specifico di cui nessuno piu’ si occupa, vuol dire rimettere in
discussione legislazioni, modelli sociali e culturali ormai trasversali
al sistema politico. E da qui riparte la campagna no carcere, perché le
zone del silenzio si trasformino in proposta e azione politica.
ZONE DEL SILENZIO -PISA-
ZONEDELSILENZIO@AUTISTICI.ORG
ZONE DEL SILENZIO: il decreto “svuotacarceri” ennesima bufala del Governo
Il decreto “svuotacarceri”, ennesima bufala del Governo.
Roma14/12 : repressione, arresti, prigione contro la contestazione sociale.
Da giovedì 23 dicembre entrerà in vigore la legge 199\2010, impropriamente soprannominata come
“svuotacarceri” che permetterà ai detenuti ai quali mancano pochi mesi al fine pena (fino a 12
mesi) di usufruire degli arresti domiciliari. Dati alla mano sono circa 9600 i detenuti che
potrebbero beneficiare dei domiciliari, a fronte di una popolazione carceraria che a fine anno
sforerebbe il record storico di 70 mila unità, a fronte di una capienza massima non superiore ai
44 mila posti.
Ma non lasciamoci ingannare da questo provvedimento che varrà fino al 2013, data in cui
dovrebbero essere pronte nuove carceri, nuovo business di ferro e cemento sottratto tra l’altro
ad ogni controllo democratico, e spesso oggetto di scambio tra le istituzioni ed interessi in
teoria assai distanti da esse. Nella realtà, e fuori dalla propaganda governativa, moltissimi tra i
detenuti che rientrano nelle categorie idonee per tale provvedimento, non potranno in pratica
beneficiare di esso perché privi di residenza, e non potranno nemmeno passare questo anno
nelle strutture di assistenza ed accoglienza che sono già al collasso, colpite dai tagli del
governo nazionale e dai tagli regionali. Quanti saranno allora i detenuti immigrati o
tossicodipendenti che pur avendo la possibilità della misura alternativa al carcere non avranno
famiglia o struttura per riceverli? Il provvedimento non si applica poi ai cosiddetti delinquenti
abituali, alla reiterazione di piccoli reati (legati alla detenzione e al piccolo spaccio, o al
mancato rispetto delle normative in fatto di immigrazione clandestina e non ottemperanza
all’ordine di lasciare l’Italia); le misure alternative alla detenzione non valgono neppure per i
reati inscirtti nell’art.4 bis dell’ordinamento penitenziario (vedi i reati associativi e di natura
politico ideologica, e i reati di piazza come quello di “devastazione”, ai quali viene chiesta in
cambio, secondo una logica mercantilistica, la collaborazione con lo Stato). Insomma, manca
un percorso serio e credibile di reinserimento dei detenuti nel tessuto civile e sociale, non ci
sono i soldi per i centri di accoglienza e di recupero e il governo ha, in modo assolutamente
irresponsabile e criminogeno, tagliato i fondi destinati agli sgravi fiscali per la occupazione e la
assunzione di detenuti ed ex detenuti (col che risulta assai complesso a chi rientra nei giusti
termini, poter usufruire delle misure previste, come l’art.21 ovvero il lavoro esterno al carcere
che potrebbe invece essere ampliato come strumento di reinserimento e di alleggerimento).
L’aumento della popolazione detenuta non è tra le altre cose frutto di un presunto aumento
della cd criminalità, essa è frutto delle leggi con le quali si amministra il Paese da qualche
anno.
La nostra classe politica, e neppure la cd opposizione pare differenziarsi in questo, è come
imbrigliata nelle maglie e nelle gabbie che essa stessa ha costruito: questo uniforme
giustizialismo e sicuritarismo che pervade la nostra società e di cui le leggi vergogna
sull’immigrazione, sul possesso di sostanze psicotrope anche leggere, il concetto che ogni
emergenza e dialettica sociale vada affrontata con la forza della repressione e del carcere
(come accaduto per la Manifestazione di Roma), rappresentano ciò da cui smarcarsi per
costruire un progetto di cambiamento e di alternativa all’attuale stato di cose.
Zone del silenzio, anche per queste ragioni, invita ad essere presenti
davanti al carcere don Bosco nella mattinata di Sabato dalle ore 11
per ricordare che le festività natalizie in carcere non sono mai una festa ma una privazione degli
affetti, dei diritti e della stessa dignità umana; il carcere è un luogo di sofferenza e di illegalità di
Stato, una terra di nessuno dove regna la rabbia, la disperazione, l’abbandono dei detenuti e degli
stessi operatori dentro questa gigantesca discarica sociale.
Chiediamo: la liberazione immediata di tutti i presi, denunciati e arrestati, durante la
Manifestazione nazionale del 14 a Roma in difesa della Scuola Pubblica,
che ai prigionieri sia tutelata e garantita la incolumità psico-fisica.
Invitiamo tutte le realtà cittadine a
e a costruire insieme, nei prossimi giorni, un’iniziativa unitaria a livello cittadino.
zonedelsilenzio
zonedelsilenzio@autistici.org

