CALENDARIO INIZIATIVE/PRESENTAZIONI in ITALIA di “INDAGINE SU UN’EPIDEMIA ” con ROBERT WHITAKER
CALENDARIO INIZIATIVE/PRESENTAZIONI in ITALIA di “INDAGINE SU UN’EPIDEMIA ” con ROBERT WHITAKER
“Indagine su un’epidemia. Lo straordinario aumento delle disabilità psichiatriche nell’epoca del boom degli psicofarmaci” di Robert Whitaker edizioni Giovanni Fioriti *
Venerdì 12/10/2018 Presentazione del libro a Torino
per info:antipsichiatriatorino@inventati.org
Sabato 13/10/2018 Presentazione del libro a Firenze
organizza il Collettivo Antispichiatrico Antonin Artaud c/o il CSA NexT Emerson
in via di Bellagio alle ore 18 per info: antipsichiatriapisa@inventati.org
Domenica 14/10/2018 Presentazione del libro a Modena c/o la Scintilla alle ore 17:30
per info: lascintilla@autoproduzioni.net
Lunedì 15/10/2018 Presentazione del libro a Pisa c/o Università alle ore 16:30 organizza il Collettivo Antispichiatrico Antonin Artaud
per info: antipsichiatriapisa@inventati.org
Martedì 16/10/2018 Presentazione del libro a Roma.
per info:senzanumero@autistici.org
* presto daremo informazioni più precise con luoghi e orari
in OTTOBRE presentazioni in Italia di “INDAGINE SU UN’EPIDEMIA” di R. Whitaker
“Indagine su un’epidemia. Lo straordinario aumento delle disabilità psichiatriche nell’epoca del boom degli psicofarmaci.” di Robert Whitaker, edizioni Giovanni Fioriti
<< Se disponiamo di trattamenti davvero efficaci per i disturbi psichiatrici, perché la malattia mentale è diventata un problema di salute sempre più rilevante? Se quello che ci è stato raccontato finora è vero, cioè che la psichiatria ha effettivamente fatto grandi progressi nell’identificare le cause biologiche dei disturbi mentali e nello sviluppare trattamenti efficaci per queste patologie allora possiamo con concludere che il rimodellamento delle nostre convinzioni sociali promosso dalla psichiatria è stato positivo. … Ma se scopriremo che la storia è diversa – che le cause biologiche dei disturbi mentali sono ancora lontane dall’essere scoperte e che gli psicofarmaci stanno, di fatto, alimentando questa epidemia di gravi disabilità psichiatriche – cosa potremo dire di aver fatto? Avremo documentato una storia che dimostra quanto la nostra società sia stata ingannata e, forse, tradita.>>
Degli psicofarmaci, del loro uso, degli effetti gravi e dannosi che provocano ne parleremo durante le presentazioni in Ottobre con Robert Whitaker autore di “Indagine su un’epidemia” .
La psichiatria moderna è diventata una tecnica di repressione tramite psicofarmaci. Che bisogno c’è della camicia di forza quando oggi basta una pillola oppure una siringa?
La psichiatria ha rimodellato , in profondità, la nostra società. Attraverso il suo Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) , la psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. La nostra comprensione sociale della mente umana, che in passato nasceva da fonti di vario genere, ora è filtrata attraverso il DSM. Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità degli “squilibri chimici” nel funzionamento del cervello, ha cambiato il nostro schema di comprensione della mente e messo in discussione il concetto di libero arbitrio. Ma noi siamo davvero i nostri neurotrasmettitori?
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia. Siamo qui a chiedere dunque: qual’é la vera differenza fra le droghe illegali e gli psicofarmaci?
Sappiamo bene che le persone trattate con psicofarmaci aumentano la probabilità di trasformare un episodio di sofferenza in una patologia cronica. Molti coloro che ricevano un trattamento farmacologico vanno incontro a nuovi, e più gravi, sintomi psichiatrici, a patologie somatiche e a una compromissione cognitiva.
L’allargamento dei confini diagnostici favorisce il reclutamento, in psichiatria, di un numero sempre più alto di bambini e adulti. Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno una diagnosi psichiatrica e ci è stato detto che hanno qualcosa che non va nel loro cervello e che è probabile che debbano continuare a prendere psicofarmaci per il resto della loro vita, proprio come un “diabetico che prende l’insulina”.
Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni – diagnosi-etichetta e cura farmacologica – crediamo che rivendicare il diritto all’autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi “riappropriarsi” della follia e della molteplicità di maniere per affrontarla, elaborandola in maniera autonoma.
Siamo contro l’obbligo di cura e contro il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), non condanniamo a priori l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
antipsichiatriapisa@inventati.org
artaudpisa.noblogs.org
335 7002669
via San Lorenzo 38 56100 Pisa
MARCO CAVALLO ESISTE ANCORA? Speciale di Sicilia Libertaria per i 40 anni di legge 180
MARCO CAVALLO ESISTE ANCORA? 40 anni dalla Legge 180.
speciale SICILIA LIBERTARIA luglio/agosto 2018 http://www.sicilialibertaria.it
RICOVERI,RICATTI, REPRESSIONE
Con articoli di Chiara Gazzola, di Giuseppe Bucalo (Soccorso Viola) e del collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud. Sotto il nostro contributo.
L’Italia è l’unico paese al mondo dove dal 1978 con la legge 180 i Manicomi sono stati aboliti. Ma la riforma del sistema psichiatrico si è rivelata più verbale che materiale: ai cambiamenti formali non sono seguite differenze sostanziali delle condizioni di vita dei soggetti internati. Quello che è certo è che la rivoluzione psichiatrica all’italiana ha riguardato solo i luoghi della psichiatria, ma non i trattamenti e le logiche sottostanti. La legge 180 non ha impedito alla psichiatria di riorganizzarsi intorno al paradigma biologico e a ridurre le pratiche alternative ad un ruolo di secondo piano rispetto alle terapie farmacologiche.
L’uso massiccio di sostanze e un corredo di narrazioni consolatorie hanno permesso alla psichiatria di mitigare l’impatto sociale del crollo del modello segregazionista e ripresentarsi quale garante credibile del controllo, confinando lo scandalo dei manicomi dentro una storia passata. Ma ad oggi nei 320 reparti psichiatrici, gli SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura e solo in una ventina di essi non si usa la contenzione meccanica) e nelle oltre 3200 strutture psichiatriche residenziali e centri diurni sul territorio in molti casi si sono conservati i dispositivi e gli strumenti propri dei manicomi, quali il controllo del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla contenzione.
La legge Basaglia mantiene dunque inalterato il principio di manicomialità, in base al quale chiunque può essere arbitrariamente etichettato come “malato mentale” e quindi rinchiuso. Lo stesso Franco Basaglia, che è scomparso nel 1980 solo due anni dopo l’entrata in vigore della legge 180, mise spesso in guardia rispetto a facili entusiasmi dovuti alla chiusura dei manicomi, considerando tale traguardo, non sufficiente ad alterare quei meccanismi di delega sociale conferita alla psichiatria come il controllo e il contenimento dei comportamenti giudicati disturbanti: ”E’ una legge transitoria, fatta per evitare il referendum e perciò non immune da compromessi politici. Attenzione quindi alle facili euforie. Non si deve credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi del malato di mente con il suo inserimento negli ospedali tradizionali. La nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano al corpo, è come se volessimo omologare i cani alle banane”.
Se l’articolo 32 della Costituzione garantisce il diritto alla libera scelta del luogo di cura e quindi la volontarietà degli accertamenti sanitari, con la legge 180 e la successiva 833/78 non si sono chiusi gli OPG (Ospedali psichiatrici Giudiziari) oggi trasformati in REMS (Residenze Esecuzione Misure di Sicurezza) e non si è vietato pratiche disumane come la contenzione meccanica e l’elettroshock. Invece si stabiliscono dei casi in cui il ricovero può essere effettuato indipendentemente dalla volontà dell’individuo: è il caso del TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e dell’ ASO (accertamento sanitario obbligatorio).
La legge stabilisce che il TSO può essere eseguito solo se sussistono tre condizioni: l’individuo presenta alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; l’individuo rifiuta la terapia psichiatrica; l’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero.
Subito ci troviamo di fronte ad un problema: chi stabilisce lo “stato di necessità” della cura psichiatrica, l’urgenza dell’intervento terapeutico? E, in che modo si dimostra che il ricovero ospedaliero è l’unica soluzione possibile? Risulta evidente che le condizioni di attuazione di un TSO rimandano di fatto al giudizio arbitrario di uno psichiatra, giudizio cui generalmente il sindaco, che dovrebbe insieme al giudice tutelare agire da garante del paziente, di norma non si oppone.
Il rifiuto delle cure è praticamente l’unica delle condizioni a poter essere invalidata, ma è frequente che il ricovero prosegua anche se il paziente non rifiuta le cure.
Il ricovero, durante il quale si sottosta ad un regime terapeutico imposto, ha una durata di 7 giorni e può essere effettuato solo all’interno di reparti psichiatrici di un ospedale pubblico; deve essere disposto con provvedimento dal sindaco del comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da un medico psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al giudice tutelare operante sul territorio il quale lo deve notificare e, entro 48 ore, convalidare o meno. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il TSO venga rinnovato oltre i 7 giorni.
Se in teoria la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche necessarie per effettuare il TSO vengono aggirate, nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti vengono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e spesso seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti di cui gode il ricoverato. Molto spesso prima arriva l’ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico (SPDC) e poi viene fatto partire il provvedimento.
Diffusa è la pratica di mascherare tramite pressioni e ricatti, i TSO con ricoveri volontari. Spesso il paziente viene trattenuto dopo lo scadere del TSO in regime di TSV (trattamento sanitario volontario) senza essere messo a conoscenza del fatto che può lasciare il reparto, oppure, persone che si recano in reparto in regime di TSV vengono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. L’ASO funziona come trampolino di lancio per portare la persona in reparto, dove verrà poi trattenuta in regime di TSV o TSO a seconda della propria accondiscendenza agli psichiatri.
Tutto questo è frutto non solo delle potere medico-psichiatra, ma anche delle pressioni e intimidazioni più o meno dirette che le persone subiscono in ambito familiare e sociale.
Per i pazienti ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre ancora al”isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Molto spesso il depot (la puntura intramuscolo bisettimanale o mensile) è un metodo invasivo vissuto come un’intrusione forzata che comporta indesiderabili effetti collaterali, tra i quali grave rallentamento delle capacità cognitive e confusione mentale, che non si devono strumentalmente considerare sintomi patologici ma esclusivamente effetti della terapia psichiatrica somministrata per depot. Inoltre la “comodità” per il CIM (Centro Igiene Mentale) dell’iniezione mensile, rispetto alla terapia per somministrazione orale, non giustifica l’esposizione del paziente a effetti indesiderati tanto violenti, fisicamente rischiosi e psicologicamente devastanti. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento chimico a cui si è sottoposti.
Ecco come l’obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente la reclusione in una struttura, ma si trasformi nell’impossibilità di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto sfruttato come strumento di ricatto e repressione.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
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INTERVISTA su Radio Wombat con il Collettivo Artaud
su Radio Wombat intervista/chiaccherata con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud: dalla cronaca nera locale alla prassi psichiatrica; Salvini vuole riaprire manicomi, mai chiusi, nel 40° della legge Basaglia; anche a Firenze la sperimentazione per il Taser; l’omicidio di Jefferson Tomala e i falsi miti della coercizione poliziesca e psichiatrica.
sotto il link radio Wombat dove trovate una intervista/chiaccherata alla trasmissione stampa rassegnata 026 2-8 luglio
https://wombat.noblogs.org/2018/07/09/stampa-rassegnata-026-2-8lug/
https://wombat.noblogs.org
DI STATO SI MUORE ANCORA! BASTA TSO CON LE FORZE DELL’ORDINE!
DI STATO SI MUORE ANCORA! BASTA TSO CON LE FORZE DELL’ORDINE!
Di pochi giorni fa è la notizia della morte di Jefferson Tomalà, un giovane 21enne di origini ecuadoriane, ucciso nel corso di un intervento effettuato dalle forze di polizia nella sua abitazione a Genova, a seguito di una chiamata da parte della madre del ragazzo, la quale ha chiesto aiuto perché Jefferson minacciava di togliersi la vita. Non è chiaro se le forze dell’ordine fossero intenzionate a contattare i medici per valutare la possibilità di un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio); quel che è certo è che l’unica ambulanza arrivata sul posto ha potuto solo raccogliere la sua salma, perché un agente della polizia ha esploso contro Jefferson ben cinque colpi. Infatti gli agenti, una volta intervenuti, hanno spruzzato sul viso di Jefferson dello spray urticante: comprensibilmente questo gesto, anziché calmarlo, lo ha agitato; con il coltello che prima impugnava minacciando di uccidersi, Jefferson ha allora ferito un poliziotto e per questo viene ammazzato, colpito più volte, ad altezza d’uomo, davanti alla madre, in una stanza in cui erano presenti 8 persone e in cui magari sarebbe stato possibile operare in modo diverso per tutelare il poliziotto ferito senza sparare ripetutamente a Jefferson. Il Ministro dell’interno si è dichiarato “vicino al poliziotto” che ha ucciso Jefferson, il quale avrebbe “fatto il suo dovere”; il capo della Polizia Gabrielli ha anche annunciato che presto i poliziotti avranno in dotazione i Taser (le pistole elettriche).
La morte di Jefferson – perché, anche in assenza camici, è pur sempre la morte di una persona che aveva bisogno di calma e supporto, avvenuta per mano di persone che esercitano il proprio potere con forza e coercizione – ci ricorda ancora una volta quella di Mauro Guerra, ucciso con uno sparo da parte un carabiniere il 29 luglio 2015 a Carmignano di Sant’Urbano mentre cercava di fuggire per sottrarsi a un TSO, e quella di Andrea Soldi, strangolato su una panchina di piazzale Umbria dalle forze dell’ordine durante un TSO, il 5 agosto del 2015 a Torino. Per la morte di Andrea, si è concluso poche settimane fa il processo; sono stati condannati a un anno e otto mesi per omicidio colposo i tre vigili autori della cattura (Enri Botturi, Stefano Del Monaco e Manuel Vair) e lo psichiatra Pier Carlo Della Porta dell’Asl che ha richiesto il TSO Poco più di un anno e mezzo per aver ucciso un uomo. Basta fare un confronto con le pene di oltre 4 anni che lo stesso tribunale ha inflitto ad alcuni imputati NO TAV che si opposero alla distruzione di un territorio per un progetto inutile quanto oneroso. La psichiatria da anni teneva sotto stretto controllo Andrea, assoggettandolo alle sue cure tramite depot (la puntura intramuscolo bisettimanale o mensile). Tante volte Andrea aveva cercato di liberarsi da questa trappola, di riprendere in mano la propria vita e le proprie scelte: per questo aveva subito una decina di trattamenti obbligatori, fino all’ultimo che l’ha portato alla morte.
Il regime terapeutico imposto dal TSO ha una durata di 7 giorni e può essere effettuato solo all’interno di reparti psichiatrici di ospedali pubblici. Deve essere disposto con provvedimento del Sindaco del Comune di residenza su proposta motivata da un medico e convalidata da uno psichiatra operante nella struttura sanitaria pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di TSO, il Sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio, il quale deve notificare il provvedimento e decidere se convalidarlo o meno entro 48 ore. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il TSO sia rinnovato oltre i 7 giorni. La legge stabilisce che il ricovero coatto può essere eseguito solo se sussistono contemporaneamente tre condizioni: l’individuo presenta alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, l’individuo rifiuta la terapia psichiatrica, l’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero.
Subito ci troviamo di fronte ad un problema: chi determina lo “stato di necessità” e l’urgenza dell’intervento terapeutico? E in che modo si dimostra che il ricovero ospedaliero è l’unica soluzione possibile? Risulta evidente che le condizioni di attuazione di un TSO rimandano, di fatto, al giudizio esclusivo ed arbitrario di uno psichiatra, giudizio al quale il Sindaco, che dovrebbe insieme al Giudice Tutelare agire da garante del paziente, di norma non si oppone.
Per la persona coinvolta l’unica possibilità di sottrarsi al TSO sta nell’accettazione della terapia al fine di far decadere una delle tre condizioni, ma è frequente che il provvedimento sia mantenuto anche se il paziente non rifiuta la terapia. Se, in teoria, la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e dietro il rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa. Con grande facilità le procedure giuridiche e mediche vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti del ricoverato.
Molto spesso prima arriva l’ ambulanza per portare le persone in reparto psichiatrico e poi viene fatto partire il provvedimento. La funzione dell’ASO (Accertamento Sanitario Obbligatorio) è generalmente quella di portare la persona in reparto, dove sarà poi trattenuta in regime di TSV o TSO secondo la propria accondiscendenza agli psichiatri.
Il paziente talvolta non viene informato di poter lasciare il reparto dopo lo scadere dei sette giorni ed è trattenuto inconsapevolmente in regime di TSV (Trattamento Sanitario Volontario); oppure può accadere che persone che si recano in reparto in regime di TSV sono poi trattenute in TSO al momento in cui richiedono di andarsene. Diffusa è la pratica di far passare, tramite pressioni e ricatti, quelli che sarebbero ricoveri obbligati per ricoveri volontari: si spinge cioè l’individuo a ricoverarsi volontariamente minacciandolo di intervenire altrimenti con un TSO.
A volte vengono negate le visite all’interno del reparto e viene impedito di comunicare con l’esterno a chi è ricoverato nonostante la legge 180 preveda che chi è sottoposto a TSO “ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno”.
Il TSO è usato, presso i CIM o i Centri Diurni, anche come strumento di ricatto quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione. Per questo ancora una volta diciamo NO ai TSO, perché i trattamenti sanitari non possono e non devono essere coercitivi e affinché nessuno più debba morire sotto le mani di forze dell’ordine al servizio degli psichiatri.
La nostra più sincera e affettuosa solidarietà alla madre e alla famiglia di Jefferson.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
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ALTRI COMUNICATI di SOLIDARIETA’ con il COLLETTIVO
Sotto altri comunicati di solidarietà con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud che ci sono arrivati ultimamente:
Ci uniamo a tutte le realtà che hanno già espresso la loro solidarietà al collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, e ai due compagni sotto processo. Molto ci lega ai compagni e alle compagne del collettivo Artaud: difficile riassumerlo in poche righe di comunicato. Quello che qui ribadiamo è che il lavoro decennale, instancabile del collettivo Artaud è stato – ed è tutt’ora – per noi più di uno stimolo alla riflessione: è uno sguardo indispensabile che scava sotto l’apparente neutralità delle istituzioni mediche e psichiatriche, è un posizionamento quotidiano, concreto e politico. Sempre al vostro fianco, con tutta la solidarietà, la stima e l’affetto che ci legano a voi.Un abbraccio collettivo
Ambulatorio Medico Popolare – Milano
_______________________________________________________________________SOLIDARIETA’ DAI TUTTI PAZZE DEL BAROCCHIO SQUAT
Ci è giunta la notizia, divulgata dal collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, che due compagni facenti parte di esso sono stati denunciati con l’accusa di aver minacciato una persona rivoltasi a loro per uscire dalle maglie della cura psichiatrica, con un certificato da presentare al medico per evitare di ricevere un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Questa volta però il medico sopra citato, ergendosi a super eroe della legalità, ha deciso di riferire alla persona in questione che queste si stavano muovendo al di fuori della legge, e per questo motivo per due compagni a fine Maggio è iniziato il processo con l’accusa di violenza privata. Il paradigma tra legalità e illegalità non ci appartiene e riponiamo piena fiducia nei modi di agire e di autogestire la lotta alla psichiatria dei compagni e delle compagne di Pisa, con tutte le difficoltà che questa scelta comporta. Per questo motivo mandiamo tutta la nostra solidarietà ai due compagni imputati e a tutto il collettivo Antonin Artaud, ricordandoci sempre la loro vicinanza e partecipazione alle giornate di lotta che abbiamo attraversato nel 2015, quando la regione Piemonte aveva scelto proprio il Barocchio per realizzare una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Un’idea “geniale” sgomberare una casa occupata da 23 anni allora, 26 adesso, in un luogo di coercizione e detenzione psichiatrica. Grazie alla lotta e alla tenacia di tutte le persone che ci hanno sostenuto tutto ciò non è avvenuto e siamo ancora qui per resistere e lottare contro ogni prigione e gabbia, fisica e mentale, ben consapevoli che se non qui, lo Stato ha costruito e costruirà altrove le proprie strutture punitive (come nel caso della REMS “Anton Martin” ubicata nella struttura del Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese, contro la quale non sono mancate le proteste) e sempre dovrà scontrarsi con la nostra posizione. Di seguito il link del collettivo Artaud di Pisa https://artaudpisa.noblogs.org/
Barocchio Squat – 7 Giugno 2018 Grugliasco
_______________________________________________________________________Solidarietà ai compagni del Collettivo Antonin Artaud di Pisa, da anni impegnati nella lotta contro la psichiatria e che per la loro solidarietà alle sue vittime ora vengono accusati ingiustamente di
violenza privata. L’ennesimo tentativo di sgretolare la resistenza di chi si oppone agli abusi della psichiatria. Abbiamo avuto il piacere di conoscere il Collettivo Antonin Artaud durante la lotta contro la REMS di Grugliasco (che non fu mai realizzata) e nei percorsi ed incontri antipsichiatrici organizzati in
Torino e dintorni. Percorsi fondamentali per smascherare l’istituzione
manicomiale che, sotto altre spoglie, continua la repressione e
l’annullamento fisico e morale di coloro, uomini e donne, considerati
non idonei, non integrabili nella società, malati.
Scriviamo questo comunicato perchè sosteniamo il loro mettersi in
gioco, da anni, non solo nella critica radicale al sistema psichiatrico
ma anche nell’aiutare coloro che cercano di uscirne. La psichiatria non ci appartiene, il corpo e la mente sono nostri e nessuno può violarli.
Un abbraccio solidale.
Fenix Occupata – Torino
Mezcal Squat – Collegno
SENTENZA PROCESSO SOLDI – COMUNICATO COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO MASTROGIOVANNI (TO)
Si è concluso ieri il processo sulla morte di Andrea Soldi, l’uomo ucciso il 5 agosto del 2015 durante un TSO. Sono stati condannati a un anno e otto mesi per omicidio colposo i tre vigili autori della cattura ( Enri Botturi, Stefano Del Monaco e Manuel Vair) e lo psichiatra Pier Carlo Della Porta dell’Asl to2 che ha richiesto il TSO. È stato fissato un risarcimento, da definire in sede civile, di 220.000 euro al padre e di 75.000 euro alla sorella.
Non crediamo nei tribunali e nella giustizia dello Stato: in galera non vogliamo vederci nessuno. Non possiamo non constatare che il collegio, pur aumentando di due mesi la condanna rispetto alle richieste del Pm, ha comminato una pena risibile. Poco più di un anno e mezzo per aver ucciso un uomo. Basta fare un confronto con le pene di oltre 4 anni che lo stesso tribunale ha inflitto ad alcuni imputati NO TAV che si opposero alla distruzione di un territorio per un progetto inutile quanto oneroso.
Lo Stato assolve se stesso e condanna duramente chi lo contrasta!
Quello stesso Stato per molti anni ha imposto il suo potere su Andrea, prima che le forze del (dis)ordine lo strangolassero sulla panchina di piazzale Umbria. La psichiatria da anni lo teneva sotto stretto controllo, assoggettandolo alle sue cure e drogandone corpo e mente per renderlo più mansueto. Tante volte Andrea aveva cercato di liberarsi da questa trappola, di riprendere in mano la propria vita e le proprie scelte: per questo aveva subito una decina di trattamenti obbligatori (TSO), fino all’ultimo che l’ha portato alla morte.
La maggior parte degli utenti psichiatrici sono pazienti (in)volontari dell’istituzione psichiatrica, come dimostrano i dati sul numero dei TSO effettuati. Della loro vita scandita dal SSN non parla mai nessuno, della prigionia vissuta all’interno dei repartini per periodi prolungati, dei continui ricatti, del degrado fisico dovuto ai farmaci, della sedazione, dell’infantilizzazione, della perdita del controllo sulla propria vita, sul proprio corpo e sul proprio pensiero, dell’invalidità indotta, dei lavori a 2euro/h concordati dai servizi.
Andrea è morto perché rifiutava le “cure”. Se pensiamo alla storia della psichiatria, costellata di atrocità, possiamo facilmente immaginare che in futuro la puntura di haldol, a cui cercava di sottrarsi, verrà vista con lo stesso sdegno con cui oggi vediamo i vecchi manicomi, i manicomi criminali, la lobotomia, le terapie da shock.
Ma al di là di una storia che si ripete e di un’istituzione totale che nel tempo è sempre riuscita a ripulirsi degli orrori perpetrati e a “riformarsi” senza cambiare la sostanza, resta il fatto che senza consenso ogni cura è una tortura, e che tutti debbano poter rifiutare le cure, se ritenute lesive della propria integrità psico-fisica o contrarie ai propri convincimenti. Tutti, quindi anche gli utenti psichiatrici. Perché, come Andrea, non sono “malati”, “schizofrenici”, ma esseri umani come noi, «perché la pazzia, amici miei, non esiste. Esiste soltanto nei riflessi onirici del sonno e in quel terrore che abbiamo tutti, inveterato, di perdere la nostra ragione» (Alda Merini)
Collettivo antipsichiatrico Francesco Mastrogiovanni – Torino
ALTRI COMUNICATI di SOLIDARIETA’ con il COLLETTIVO ARTAUD
Sotto altri comunicati di solidarietà con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud che ci sono arrivati:
Un abbraccio di solidarietà e di stima affettuosa per il vostro infaticabile e indispensabile lavoro collettivo. Sono certo che ne uscirete come sempre a testa alta e con rafforzata determinazione.
Un caro saluto, Pino Pitasi
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Con queste poche righe esprimiamo la nostra solidarietà al collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud e ai due compagni coinvolti in quella che sembra una grande montatura giudiziaria volta a screditare l’attività svolta da anni dal collettivo con impegno, passione, coerenza e correttezza.
Quello che ci lega è l’amicizia, il rispetto e la condivisione di idee e pratiche, il nostro essere posizionati a fianco di prigionieri, oppressi, “folli”, scomodi e disagiati.
Il collettivo Artaud oltre ad impegnarsi nell’analisi critica dell’istituzione psichiatrica e nell’organizzazione di iniziative di controinformazione, fornisce – tramite un telefono di ascolto e uno sportello – una rete di accoglienza e un punto di riferimento per chi attraversa un periodo difficile, nonchè un aiuto concreto contro gli abusi e le violenze delle psichiatria, senza altro scopo che il sostegno alle persone finalizzato all’autodeterminazione e alla lotta contro potere e pregiudizi.
Siamo cert* dell’infondatezza delle accuse e della scrupolosità dell’agire dei nostri amici e compagni, e siamo altrettanto cert* che nessuna aula di tribunale potrà mettere in discussione le nostre pratiche e lotte.
Un abbraccio antipsichiatrico
Collettivo antipsichiatrico Francesco Mastrogiovanni – Torino
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Scusandomi per il ritardo unisco la mia solidarietà a quella dei comunicati che ho appena letto. Questa vicenda ha sapori paradossali e testimonia quanto nessun impegno, o lotta nel sociale, sia privo di rischi e quanto la repressione possa avere risvolti inaspettati e insidiosi. Non saranno le denunce o le calunnie a fermare la nostra pratica critica al potere coercitivo della psichiatria, intesa come l’istituzione che esercita una delle forme di violenza più subdola e prettamente allineata agli intenti di ogni autoritarismo.
Chiara Gazzola
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XM24 AL FIANCO DEGLI ANTIPSICHIATRICI PISANI
Alla fine del mese di maggio è partito il processo che vede imputati alcuni attivisti del collettivo antipsichiatrico pisano “A. Artaud” e, ancora una volta, la macchina repressiva si scatenerà contro chi ha la sola colpa di stare accanto agli “ultimi“ nei percorsi quotidiani di liberazione.
Una persona, rivoltasi al Collettivo per uscire dalle maglie della psichiatria, una volta a colloquio con i medici si convince o è convinta che sia il Collettivo a rappresentare una minaccia per la sua salute e, quindi, senza alcuna reale necessità ne denuncia i membri. In questo caso per violenza privata ma, al di là del reato specifico, ciò che è in discussione sono le pratiche politiche e sociali che caratterizzano l’azione antipsichiatrica dei collettivi nel territorio. E’ facile per le autorità, sempre numerose durante i colloqui, convincere chi chiede supporto ai Telefoni Viola che siano le pratiche di liberazione ad aggravarne lo stato e non le terapie inutili e dannose che vengono somministrate o i processi di deresponsabilizzazione che rendono i pazienti totalmente privi della capacità di gestione dei propri progetti e della propria vita.
Il collettivo antipsichiatrico pisano “A. Artaud” dispone di un telefono cellulare dedicato alle persone che hanno la necessità di confrontarsi sulle questioni psichiatriche o, semplicemente, avere dei consigli ed essere ascoltate. Il sostegno diretto, tramite lo sportello o il telefono, rappresenta un impegno preciso, di cui i membri si fanno carico per stare a fianco di chi subisce abusi e violazioni di quei fondamentali diritti inalienabili sanciti dalla stessa legislazione, per lo più inapplicata, quali il diritto di informazione riguardo ai trattamenti in corso, le loro conseguenze e i loro effetti collaterali, la libertà di scelta e tanti altri.
Da anni l’impegno antipsichiatrico consiste nell’osservazione e nell’analisi del ruolo sempre più pervasivo che viene riconosciuto alla psichiatria all’interno della società, ponendo particolare attenzione alle modalità e ai meccanismi attraverso i quali essa si espande sempre più capillarmente e trasversalmente. La battaglia per la difesa dei diritti umani, sistematicamente negati dall’istituzione psichiatrica, andrà avanti e i collettivi continueranno a lottare contro tutte le forme coercitive come il T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio) e per la chiusura delle REMS (Residenze Esecuzione Misure di Sicurezza).
I compagni del collettivo non saranno comunque soli: al banco degli imputati siederemo anche noi e tutte quelle che in questi anni hanno conosciuto la forza e la coerenza dei compagni dell’Artaud. Sempre al fianco di chi lotta contro i soprusi e le ingiustizie, contro l’apparato tecno-psichiatrico e i suoi sgherri di tribunale. Libertà per tutt*, sbarre per nessun*!
XM24 e Collettivo Antipsichiatrico AltreMenti – Bologna
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PODCAST LIVE 40° ANNIVERSARIO LEGGE 180
Sotto i link per ascoltare i podcast della trasmissione live che abbiamo fatto a Radio Frequenza Appennino lo scorso 13 maggio in occasione del 40° anniversario della Legge 180
https://www.frequenzappennino.com/podcast/
PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE ALL’EPIDEMIA!!
il volantino che distribuiremo come Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
alla STREET PARADE ANTIPROIBIZIONISTA CANAPISA 2018
SABATO 19 MAGGIO ore 16 P.ZZA S.ANTONIO
PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE ALL’EPIDEMIA!!
L’istituzione psichiatrica è uno dei principali strumenti che il sistema usa per ostacolare l’autodeterminazione degli individui, per arginare qualsiasi critica sociale e normalizzare quei comportamenti ritenuti “pericolosi” poiché non conformi al mantenimento dello status quo, intervenendo nel complesso ambito della sofferenza. Assistiamo oggi ad una sistematica diffusione della crisi, sia sociale, economica e personale; le cui cause vanno ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci viene imposto e non nei meccanismi biochimici della mente. La logica psichiatrica sminuisce le nostre sofferenze, riducendo le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova sottoposto a sintomi di malattia e medicalizzando gli eventi naturali della vita.
La psichiatria moderna è diventata una tecnica di repressione tramite psicofarmaci. Che bisogno c’è della camicia di forza quando oggi basta una pillola oppure una siringa?
La psichiatria ha rimodellato , in profondità, la nostra società. Attraverso il suo Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) , la psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. La nostra comprensione sociale della mente umana, che in passato nasceva da fonti di vario genere, ora è filtrata attraverso il DSM. Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità degli “squilibri chimici” nel funzionamento del cervello, ha cambiato il nostro schema di comprensione della mente e messo in discussione il concetto di libero arbitrio. Ma noi siamo davvero i nostri neurotrasmettitori?
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia. Siamo qui a chiedere dunque: qual’é la vera differenza fra le droghe illegali e gli psicofarmaci?
Sappiamo bene che le persone trattate con psicofarmaci aumentano la probabilità di trasformare un episodio di sofferenza in una patologia cronica. Molti coloro che ricevano un trattamento farmacologico vanno incontro a nuovi, e più gravi, sintomi psichiatrici, a patologie somatiche e a una compromissione cognitiva.
L’allargamento dei confini diagnostici favorisce il reclutamento, in psichiatria, di un numero sempre più alto di bambini e adulti. Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno una diagnosi psichiatrica e ci è stato detto che hanno qualcosa che non va nel loro cervello e che è probabile che debbano continuare a prendere psicofarmaci per il resto della loro vita, proprio come un “diabetico che prende l’insulina”.
Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni – diagnosi-etichetta e cura farmacologica – crediamo che rivendicare il diritto all’autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi “riappropriarsi” della follia e della molteplicità di maniere per affrontarla, elaborandola in maniera autonoma.
Siamo contro l’obbligo di cura e contro il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), non condanniamo a priori l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione.
Il TSO, la cui applicazione avviene nei reparti ospedalieri preposti (i cosiddetti SPDC), ha effetti coercitivi che vanno ben oltre le mura della stanza d’ospedale: è usato, presso i CIM o i Centri Diurni, anche come strumento di ricatto quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione. Per questo ancora una volta diciamo NO ai TSO, perché i trattamenti sanitari non possono e non devono essere coercitivi e affinché nessuno più debba morire di psichiatria.
Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669