INTERVISTA a ROBERT WHITAKER, insieme al Collettivo Antipsichiatrico Antonin ARTAUD a Radio Wombat

  • June 3, 2019 3:24 pm

Intervista a Robert Whitaker, insieme al collettivo Artaud,  fatta a Radio Wombat il 13/10/2018

 Intervistatore  Ai microfoni di Radio Wombat Robert Whitaker ha presentato il suo libro Indagine su un’epidemia presso il CSA NexT Emerson. Qui con noi i compagni e le compagne del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud. Iniziamo dal libro: può spiegarci in breve di che cosa si tratta?

Robert  Il libro analizza come negli ultimi trentacinque anni abbiamo seguito una storia in cui i disordini mentali venivano trattati esclusivamente con i farmaci. In realtà, l’aumento del loro uso vede, contestualmente, anche quello dei disordini mentali stessi.

Intervistatore  Questo chiaramente è un paradosso, quali sono i motivi?

Robert  Ce ne sono diversi. Il numero delle persone che vengono diagnosticate come affette da disordine mentale è aumentato perché si sono allargati i confini delle diagnosi che dunque, includono una casistica sempre più estesa. Inoltre, gli effetti degli psicofarmaci sono stati studiati soltanto relativamente a un loro utilizzo a breve termine; ben poco sappiamo degli effetti conseguenti ad un loro uso a lungo termine, né, dunque, sappiamo se questi effetti sono positivi. Il risultato è che le malattie mentali si cronicizzano.

Intervistatore  La storia dei farmaci ci ha anche insegnato che questi si sono sempre più affinati e sono perciò divenuti sempre più selettivi nell’incidere sulla patologia. E’ questo il caso anche di quelli usati in psichiatria?

Robert  Si tratta di una mera tattica commerciale, per cui gli psicofarmaci ci vengono presentati come sempre più specifici e tali che agiscono su una particolare molecola. In realtà hanno sempre un’azione ad ampio raggio ed investono molteplici molecole; è solo un trucco commerciale.

Intervistatore  Nel suo testo viene presentata proprio come un’operazione di marketing, soprattutto quando si parla di uno squilibrio chimico.

Robert  Ci viene raccontato che lo squilibrio chimico viene risolto dai farmaci, così come l’insulina viene somministrata ai diabetici, non è così. Non è mai stato provato, ad esempio, che la schizofrenia sia provocata da uno squilibrio chimico. Questo è il problema: la storia che viene raccontata è molto diversa da quella fornita dai dati scientifici.

Intervistatore  Andando nello specifico, ci terrei a menzionare la Jassen Pharmaceutica per quanto riguarda la produzione di farmaci antidepressivi e la Eli Lilly, un’azienda americana che ha una sede importante a circa centro metri dal luogo dove è stato presentato il suo libro. Potrebbe darci delucidazioni sull’utilizzo e i rischi relativi all’uso dei principali farmaci in psichiatria?

Robert  Ogni psicofarmaco presenta dei rischi specifici e questi sono molto legati ad un suo impiego a lungo termine, che rende la malattia cronica. Ad esempio, gli antipsicotici hanno numerosi effetti collaterali come l’aumento del peso, l’alterazione del metabolismo, la riduzione delle dimensioni del cervello. Gli antidepressivi, invece, hanno un’enorme effetto sulla disfunzione sessuale; provocano anastesia, ossia irrequietezza muscolare; generano disordini gastrointestinali, comportamenti suicidi e disturbo bipolare. Per quanto riguarda l’utilizzo degli psicofarmaci su minori, vediamo verificarsi episodi psicotici ossessivo-compulsivi, alterazione dell’umore e della pressione sanguigna.

Intervistatore  Ci ha spiegato, durante la presentazione del libro, che il boom degli psicofarmaci è iniziato nel 1980 negli Stati Uniti e che attraverso un processo che ci può raccontare di nuovo si è diffuso in tutto il mondo.

Robert  La narrazione dello “squilibrio chimico” comincia negli anni ’80, quando fu pubblicata dagli psichiatri americani la 3° edizione del Manuale DSM, nel quale la depressione, ad esempio, e altri disordini mentali, venivano catalogati come vere e proprie malattie mentali. Anziché considerare questi disturbi come episodi circoscritti, causati dai problemi normali della vita, vennero diagnosticate come patologie permanenti e questo incrementò tantissimo la vendita dei medicinali. Presto tale approccio si diffuse ovunque, attraverso l’organizzazione di convegni ai quali venivano invitati, dietro ricompensa, medici da tutto il mondo e dove venivano pubblicizzati i successi degli psicofarmaci. Questi stessi medici venivano poi pagati dalle ditte farmaceutiche per diventare a loro volta consulenti e diffondere la propaganda della storia degli psicofarmaci; ebbe inizio la globalizzazione e la grande produzione degli psicofarmaci. E’ stata una storia di grande successo.

Intervistatore  Storia che vede, tra l’altro, due anni prima del 1980, l’apparizione della Legge Basaglia in Italia; legge che ha portato avanti principi piuttosto diversi da quelli del marketing farmaceutico. Oggi possiamo dire che i vari sistemi sanitari, compreso quello italiano, hanno accolto più i principi farmaceutici piuttosto che quelli promossi da Basaglia. La domanda è: come poter contrastare questa tendenza? Come poter offrire alternative alla semplice assunzione di farmaci? Quali alternative ci sono?

Robert  Quando parliamo di alternative bisogna anche analizzare per quale tipo di pazienti. Ad esempio, i pazienti che vengono ospedalizzati per grandi eventi psicotici e poi fatti uscire. Ci sono esempi di trattamenti diversi: nel nord della Finlandia è in uso la pratica del dialogo aperto; negli anni Settanta negli Stati Uniti esisteva un  programma chiamato “Soteria” che prevedeva che le persone affette da disordini mentali venissero alloggiate in appartamenti e poi seguite da operatori che se ne prendevano cura. In questi casi si è potuto verificare un notevole abbassamento della violenza.

 

Interventi

 

Collettivo Artaud Faccio parte del Collettivo Antipsichiatrico di Pisa. Rispetto la Legge Basaglia, che, in effetti, è stata rivoluzionaria in Italia e – ci ha detto anche Whitaker – è stata considerata come un esempio in molte nazioni. Tuttavia, il messaggio di Basaglia purtroppo è stato molto superato e questo lo vediamo anche nella nostra pratica come Collettivo. C’è da dire che è vero che i manicomi come grandi luoghi concentrazionali sono stati chiusi, ma sono state aperte trecentoventi SPDC, Reparti Psichiatrici di Diagnosi e Cura, all’interno degli ospedali, dove le persone vengono trattate con sistemi che riproducono quelli del manicomio. Così come nelle tremiladuecento (forse più, ormai) strutture pubbliche e private convenzionate. Possiamo dunque dire che se sono stati chiusi i grandi luoghi, tuttavia il manicomio si è diffuso. Lo vediamo ad esempio nelle scuole e con i migranti, ai quali spesso vengono applicate etichette psichiatriche e diagnosi. Assistiamo, insomma, ad una medicalizzazione sempre più diffusa.

Intervistatore  Se, dopo la Legge Basaglia, abbiamo teso a diminuire la contenzione fisica, è aumentata, invece, quella di tipo farmacologico. Tutto questo si può considerare come un processo che va nella direzione di una minor contenzione oppure no?

Collettivo Artaud  Dipende: la contenzione meccanica dovrebbe ormai essere superata, ma quella farmacologica non è da meno. Francamente, se dovessi scegliere, forse preferirei la prima. Quello a cui dovremmo arrivare è proprio il superamento della contenzione stessa. Oggi Whitaker ci spiegava come poterlo fare, descrivendo alcuni esempi di dialogo e di ascolto, perché, in effetti, i conflitti vengono dall’esterno. E’ inutile <e fuorviante> ricondurre sempre il problema alla persona: si tratta spesso di conflitti che gli individui hanno con la società, con la famiglia, negli ambienti di lavoro. A volte ci sono momenti di caduta, di depressione e se interviene la psichiatria entriamo in un girone infernale dal quale, poi, è difficile uscire, perché la maggior parte degli psichiatri ritiene che la malattia mentale sia come il diabete, ossia qualcosa per cui curarti per tutta la vita. Questo è “l’inganno psichiatrico” del quale parlava Whitaker oggi.

Collettivo Artaud Vorrei solo ricordare che in questo Paese sono trecentoventi i reparti psichiatrici ospedalieri (Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura) dove, nell’80% dei casi, si usa ancora la contenzione meccanica, quindi questo tipo di intervento non è stato affatto superato; legare al letto una persona è considerato ancora uno strumento terapeutico. La contenzione chimica rimane un problema; si fanno ancora elettroshock.

Intervistatore  Vorrei fare l’avvocato del diavolo: ci troviamo all’interno di un sistema che denuncia di non avere grandi risorse e la cura delle malattie psichiatriche viene spesso demandata a strutture private, le quali hanno dunque, a tutti gli effetti, carattere aziendale; per cui tendono ad utilizzare metodi meno dispersivi, meno costosi, anziché creare un ambiente interno che faciliti la guarigione. Parliamo di problemi teorici, ma non dobbiamo dimenticare le difficili condizioni concrete, come quella di un ridottissimo numero di operatori che devono occuparsi di molti pazienti. In queste condizioni, ove non venisse praticata la contenzione, verrebbe messa a rischio la sicurezza sul luogo di lavoro. Quindi, tutto deve cambiare, non solo l’approccio terapeutico.

Collettivo Artaud  La Legge 180 non ha impedito il riorganizzarsi della psichiatria in base al paradigma biologico, riproponendo la centralità degli squilibri chimici, quando invece dovremmo approcciarci alle persone. Conseguentemente interventi come la psicoterapia non vengono presi in considerazione. Le persone sono diverse le une dalle altre, perciò  la terapia deve essere specifica e differenziata e basata sull’ascolto delle rispettive problematiche. Si tende, invece, a dare una risposta unica per tutti, il farmaco, che chiaramente costa meno, fa guadagnare le multinazionali ed è di semplice utilizzo. Invece, l’intervento differenziato, di tipo pedagogico e sociale, che agisce sul contesto della persona, è una spesa in termini di soldi, tempo e formazione, ma è quello efficace, se davvero vogliamo evitare di cronicizzare i disturbi mentali. Queste persone, poi, rimangono in carico al Servizio Sanitario Nazionale e quindi sono comunque un costo.

Intervistatore  Abbiamo compreso che l’approccio farmacologico non può essere l’unico e il principale per affrontare il problema della salute mentale. Può comunque essere uno degli strumenti?

Robert  Il problema è che gli psicofarmaci sono usati come soluzione primaria e a lungo termine; se invece fossero utilizzati saltuariamente, per tranquillizzare i pazienti nei momenti di estrema difficoltà, per sedare l’ansia, per indurre a dormire e quindi facendone un uso a breve termine, allora il loro utilizzo sarebbe efficace. Solo un piccolo numero di persone presenta effetti positivi dopo l’uso a lungo termine degli psicofarmaci, perché comunque questi non curano la malattia.

Intervistatore  Analizzando gli aspetti che fanno sì che una persona stia bene, secondo il concetto di salute che si è esteso al benessere fisico, psicologico e sociale, possiamo dire che i bisogni che presenta una persona con problemi mentali e quelli di una che non ce li ha non sono poi così diversi?

Robert  Sì. In questo modo possiamo davvero cambiare la storia, perché, anziché vedere una persona che soffre  per una malattia, cerchiamo di modificare l’ambiente intorno a lei e cambiare la sua vita. Una dieta sana, l’esercizio fisico, dormire regolarmente, una vita sociale positiva, avere una vita significativa: queste condizioni possono davvero creare un “cerchio positivo” intorno alle persone.

Intervistatore  E di questo “cerchio positivo” beneficia di più la persona che ha un problema di salute mentale o la comunità che lo circonda?

Robert  Aiuteremmo entrambi. Infatti, se costruiamo una società in cui gli adulti e i bambini stanno bene, allora tutti ne trarranno beneficio. Una società nella quale ci sono tantissimi casi di disordini mentali è un campanello d’allarme, come un canarino in una miniera. Vuol dire che c’è qualcosa che non funziona.

Collettivo Artaud  Come Collettivo, vorrei proprio denunciare quello che sta succedendo nella nostra società. Senz’altro è una società che crea disagio: i modelli che ci vengono dati non aiutano certo a ritrovare se stessi e dunque a vivere bene la vita. Lo vediamo anche nella pratica del Collettivo, dove abbiamo attivato un telefono di ascolto ormai da molti anni e abbiamo ricevuto centinaia di chiamate. Possiamo dire che la maggior parte dei problemi che le persone hanno vengono dalla famiglia. La famiglia è spesso origine di disagio e questo si può ben comprendere perché in un ambiente ristretto come quello di una casa in cui una persona, ad esempio, è costretto a vivere con familiari con i quali non va d’accordo, si possono generare gravi conflitti. Un altro esempio lo troviamo nell’ambiente carcerario, dove ormai si dice che la maggior parte dei detenuti soffre di turbe psichiche; è questa un’ulteriore testimonianza del fatto che dove c’è una reclusione, una chiusura, c’è anche il rischio dell’insorgere delle malattie mentali, che però non sono reali patologie psichiche quanto piuttosto sociali, ossia indotte dal setting in cui una persona vive. Altra testimonianza è quello che sta accadendo in molti Paesi come la Palestina: nella Striscia di Gaza tutti i medici denunciano che il 90% dei bambini soffre di malattie mentali da PTSD (disturbo da stress post-traumatico), una nuova patologia che è stata introdotta per definire lo stress che chiunque può avere vivendo in un luogo dove ci sono bombardamenti da ormai dodici anni. E’ ovvio che un bambino sviluppa dei problemi, ma certo questa non è malattia mentale, quanto piuttosto la reazione alle condizioni difficilissime in cui vive. E quindi non è con gli psicofarmaci che si può intervenire, come fanno molte OGN guidate dal Manuale Diagnostico Americano 5, nel quale sempre più comportamenti vengono medicalizzati (credo che siamo a quota trecentoventi).

Intervistatore  La difficoltà economica è uno dei fattori che sviluppa disagio mentale?

Collettivo Artaud  Certo, lo vediamo, ad esempio, con i migranti, che spesso sono vittime della psichiatria, perché è più semplice trattarli con i farmaci piuttosto che intervenire sulle cause del loro disagio. Tra l’altro denunciavo che la Regione Toscana ha ricevuto un finanziamento di un milione di euro proprio per trattare le vittime da tortura. In realtà poi vediamo che novecentocinquantamila di questi euro sono stati destinati ai dipartimenti di salute mentale per curare con i farmaci coloro che arrivano dalle guerre. E’ il connubio tra controllo e business che rende la psichiatria così pericolosa.

Intervistatore  Questa era la testimonianza di un attivista del Collettivo Antonin Artaud, che ha sede a Pisa; presenteranno il libro di Robert nei prossimi giorni.

Collettivo Artaud Sì, domani sarà a Modena, lunedì a Pisa, poi andrà a Roma, presso l’altro Collettivo, il Collettivo “Senza Numero”. Siamo molto orgogliosi di aver organizzato questo tour per l’Italia nei vari Collettivi e Telefoni Viola che si occupano di contrastare il potere psichiatrico. Facciamo sportello di ascolto due volte al mese per le persone che si sentono abusate dalla psichiatria. Siamo stati invitati il 18 ottobre alle Oblate nell’ambito della Quarantennale delle celebrazioni della Legge Basaglia, dove ci confronteremo anche con psichiatri e personaggi istituzionali; siamo ben contenti di andare a dire la nostra a partire dalle nostre pratiche. Il 25 ottobre in Polveriera siamo stati invitati a parlare del teaser, la pistola elettrica usata per la prima volta a Firenze su una persona che poi, guarda caso, è stata ricoverata con un TSO.

Intervistatore  Questa era l’ultima domanda che volevo porre a voi e a Robert, proprio riguardo a questo fatto che uno strumento di repressione viene usato su persone con disabilità psichica, come nel caso, appunto, del ragazzo ventiquattrenne fiorentino, che era uscito dal reparto di psichiatria di santa Maria Nuova nove giorni prima. E’ stato colpito con il teaser dai carabinieri perché – così dicono loro – era nudo e infastidiva alcune persone.

Collettivo Artaud Questo episodio ha colpito molto anche noi. Ci ha chiamato una persona che aveva conosciuto questo ragazzo prima del ricovero in TSO; era chiaramente un ragazzo in difficoltà che non ha trovato un aiuto nella nostra società ed è finito così. Ci colpisce in particolar modo l’utilizzo del taser perché, come Collettivo, abbiamo scritto un libro sull’elettroshock e su come si è arrivati ad usare la corrente elettrica sul corpo umano. Il taser ci fa paura, ancor più in mano alle forze dell’ordine.

Intervistatore  In Italia è in uso da pochissimo tempo, ma negli Stati Uniti so che ha già fatto diversi morti.

Robert Ci sono stati numerosi casi in cui è stata chiamata la polizia in presenza di persone che manifestavano disturbi psichiatrici. La situazione veniva risolta con l’uso del taser, che provocava la morte per soffocamento. Questo anche durante le marce pubbliche. Si stanno introducendo programmi di training per la polizia, affinché venga educata a un comportamento meno violento. Come sapete, negli Stati Uniti non solo viene usato il taser, ma si spara anche.

OPUSCOLO sul TASER

  • June 2, 2019 9:58 pm

Taser: arma ad impulsi elettrici. Storia, introduzione in italia, autodifesa

link per scaricare opuscolo sul  Taser:

“TASER. Arma a impulsi elettrici Storia, introduzione in Italia, autodifesa.”
Marzo 2019

Per condividere esperienze, riflessioni, critiche:
taser@riseup.net

LINK intervista a radio BlackOut sull’uso del Taser in psichiatria

  • May 28, 2019 5:24 pm

sotto il link per sentire l’intervista fatta a radio BlackOut, come collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, sul Taser utilizzato contro un uomo ricoverato nel reparto di psichiatria dell’ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze il 12 maggio scorso.

Bello Come una Prigione Che Brucia [20 maggio 2019]

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669 Via San Lorenzo 38 56100 Pisa

STOP ELETTROSHOCK! STOP TASER!

  • May 27, 2019 6:50 pm

STOP ELETTROSHOCK! STOP TASER!

L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti , non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto.

Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza?

È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione?

Basta chiamarla terapia per renderla legittima?

Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?

Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?

In Italia, sul finire degli anni novanta, i presidi sanitari dove era possibile praticare l’elettroshock erano nove – sei pubblici e tre privati. Venne presentata una campagna, “Sdoganare l’elettroshock”, dai più illustri psichiatri organicisti aderenti all’AITEC (Associazione Italiana Terapie Elettroconvulsive), che principalmente chiedeva due cose: un aumento dei presidi autorizzati tale che si potesse coprire la richiesta di una struttura ogni milione di abitanti e la promozione di iniziative culturali tese ad una rivalutazione di quella che era la percezione pubblica dell’elettroshock. Fu così che gli apparati politici italiani intervennero in materia predisponendo, per la prima volta, un percorso teorico e normativo che identificasse delle linee guida condivise tra apparati istituzionali pubblici e privati e le richieste della psichiatria.

In Italia, e non solo, negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.

 

Nel 2011 le strutture ospedaliere coinvolte, cioè quelle che hanno eseguito almeno una TEC in un anno, erano 91. Nel triennio che va dal 2008 al 2010, 1.406 persone sono state sottoposte a elettroshock. La maggioranza dei trattamenti riguarda le donne, 821 contro 585 uomini, e la fascia d’età va in media dai 40 ai 47 anni. Nel 2008 i pazienti over 75 che hanno subito la TEC erano 21, l’anno dopo 39.

Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno.

I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.

Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.

Oggi l’uso dell’elettricità torna di moda e aumenta, infatti anche in Italia sono in dotazione alle forze dell’ordine le pistole elettriche. Dal 5 settembre 2018 in Italia il Thomas A. Swift’s Electronic Rifle ( TASER ) è in fase di sperimentazione in dodici città italiane. La pistola elettrica è stata usata la prima volta il 12 settembre 2018 a Firenze dai carabinieri per fermare un giovane musicista turco di 24 anni disarmato in stato di agitazione. Il ragazzo, in seguito al fermo, è stato ricoverato in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale S. Maria Nuova di Firenze.

Il Taser è considerato un dispositivo utile a garantire la sicurezza degli agenti. L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente elettrica a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. Le pistole in dotazione ai carabinieri non hanno bisogno di essere ricaricate e quindi possono sparare due colpi, ossia quatto dardi. La dotazione del Taser viene giustificata dalla non mortalità dell’arma, nonostante venga considerata dall’ONU uno strumento di tortura. Il Ministro dell’Interno Salvini, nel DDL Sicurezza ha inserito l’estensione dell’arma anche ai vigili urbani e alla Polizia ferroviaria oltre che alle altre forze di Polizia. Nella ricerca “Shock tactics” della Reuters, su 1005 casi di morte legati all’uso del Taser, ben 257 vengono ricondotti all’uso dell’arma su soggetti con “disturbi psichiatrici e malattie mentali”; mentre in 153 casi il Taser è indicato come causa o come fattore che ha contribuito alla morte.

Il fatto che il primo uso della pistola elettrica in Italia sia stato su una persona in stato di agitazione è perfettamente in linea con le intenzioni dell’azienda produttrice dell’arma, Taser International, ora AXON, che già nel 2004 riteneva la pistola elettrica “lo strumento più adatto a gestire persone emotivamente disturbate”. Ci preoccupa e allarma molto il fatto che si cominci ad usare il Taser su persone in difficoltà, in stato di agitazione o di crisi, per poi ricoverarle nei reparti psichiatrici. Ad oggi il TSO è un metodo coercitivo che obbliga il soggetto ad un trattamento farmacologico(e anche contenitivo) pesante e sradica la persona dal proprio ambiente sociale, rinchiudendola in un reparto psichiatrico, ignorando la complessità delle relazioni umane e sociali.

Infine ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

PISA: sab 1/06 PRESIDO CONTRO L’ELETTROSHOCK !!!

  • May 24, 2019 4:35 pm

NO ELETTROSHOCK!

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16  a PISA

c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

STOP ELETTROSHOCK!

L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta di corrente elettrica che passando dalla testa  e attraversando il cervello produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti , non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto.

Perché questo trattamento medico – che per stessa ammissione di molti psichiatri che lo hanno applicato e che continuano ad applicarlo – utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia e dalla scienza?

È sufficiente praticare un’anestesia totale per rendere più umana e dignitosa la sua applicazione?

Basta chiamarla terapia per renderla legittima?

Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento?

Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?

In Italia, sul finire degli anni novanta, i presidi sanitari dove era possibile praticare l’elettroshock erano nove – sei pubblici e tre privati. Venne presentata una campagna, “Sdoganare l’elettroshock”, dai più illustri psichiatri organicisti aderenti all’AITEC (Associazione Italiana Terapie Elettroconvulsive), che principalmente chiedeva due cose: un aumento dei presidi autorizzati tale che si potesse coprire la richiesta di una struttura ogni milione di abitanti e la promozione di iniziative culturali tese ad una rivalutazione di quella che era la percezione pubblica dell’elettroshock. Fu così che gli apparati politici italiani intervennero in materia predisponendo, per la prima volta, un percorso teorico e normativo che identificasse delle linee guida condivise tra apparati istituzionali pubblici e privati e le richieste della psichiatria.

In Italia negli ultimi anni si tende a incentivare l’utilizzo delle terapie elettroconvulsive, non solo come estrema ratio ma anche come prima scelta. Per esempio nel trattamento delle depressioni femminili entro i primi tre mesi di gravidanza, poiché ritenuto meno pericoloso degli psicofarmaci nei primi periodi di gestazione umana. Anche per quanto riguarda ipotetici problemi di depressione post partum  la TEC viene addirittura pro-posta quale terapia adeguata e meno invasiva per le neo mamme rispetto agli psicofarmaci o ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio.

Nel 2011 le strutture ospedaliere coinvolte, cioè quelle che hanno eseguito almeno una TEC in un anno, erano 91. Nel triennio che va dal 2008 al 2010, 1.406 persone sono state sottoposte a elettroshock. La maggioranza dei trattamenti riguarda le donne, 821 contro 585 uomini, e la fascia d’età va in media dai 40 ai 47 anni. Nel 2008 i pazienti over 75 che hanno subito la TEC erano 21, l’anno dopo 39.

Oggi i centri clinici dove si fa l’elettroshock sono 16 e i pazienti all’incirca 300 l’anno.

I meccanismi di azione della TEC non sono noti. Per la psichiatria «rimane irrisolto il problema di come la convulsione cerebrale provochi le modificazioni psichiche» e «non è chiaro quali e in che modo queste modificazioni (dei neurotrasmettitori e dei meccanismi recettoriali) siano correlate all’effetto terapeutico» (G. B. Cassano, Manuale di Psichiatria). Ma per chi subisce tale trattamento la perdita di memoria e i danni cerebrali sono ben evidenti e possono essere rilevati attraverso autopsie e variazioni elettroencefalografiche anche dopo dieci o venti anni dallo shock.

Ciò che resta di certo, quindi, è la brutalità, la totale mancanza di validità scientifica e l’assenza di un valore terapeutico comprovato.

Ci teniamo, quindi, a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.

 COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

CIAO SABATINO…CI MANCHERAI!

  • May 23, 2019 7:29 pm

CIAO SABATINO…CI MANCHERAI!

Sabatino Catapano ci ha lasciato…
abbiamo conosciuto la sua esperienza di reclusione e un pezzo della sua vita leggendo
il suo libro “il sopravvisuto”; dove racconta l’orrore del carcere e del manicomio.
abbiamo conosciuto la sua umanità vestito da Pulcinella, in spettacoli contro il pre-giudizio psichiatrico…

Sabatino ti porteremo sempre con noi e nelle nostre lotte….

il collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

LINK intervista a radio Wombat al collettivo Artaud su Taser, Elettroshock, Rems ecc…

  • May 21, 2019 3:49 pm

https://wombat.noblogs.org/2019/05/21/stampa-rassegnata-066-13-19mag/

QUESTO è il link per sentire l’intervista fatta a Radio Wombat, come collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, su:

-Taser: un’altra vittima. Ancora scariche elettriche su un utente psichiatrico;

– l’Elettroshock;

– gli Abusi e Soprusi della coercizione e le Rems;

– Canapisa

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669 Via San Lorenzo 38 56100 Pisa

PISA: sab 1/06 PRESIDIO NO ELETTROSHOCK !

  • May 18, 2019 12:59 pm

NO ELETTROSHOCK!

PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16  a PISA

c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

 COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org

COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org

NO ALL’USO DEL TASER NEI REPARTI PSICHIATRICI !! NO AL TASER!  NO AI TSO CON LE SCOSSE ELETTRICHE!!!

  • May 15, 2019 8:48 am

NO ALL’USO DEL TASER NEI REPARTI PSICHIATRICI!

NO AL TASER!  NO AI TSO CON LE SCOSSE ELETTRICHE!!!

A Firenze nel reparto di psichiatria dell’ospedale Santa Maria Annunziata è stato utilizzato il Taser per sedare un uomo per poi ricoverarlo in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). L’utilizzo della pistola elettrica è stato effettuato dai carabinieri, infatti, una pattuglia è intervenuta  nell’ospedale poiché era stato segnalato un soggetto in forte stato di agitazione.

Ci chiediamo come è sia stato possibile ricorrere all’utilizzo del Taser in un reparto psichiatrico.

È il secondo utilizzo a Firenze, a due persone già conosciute dai servizi psichiatrici.

Infatti, la  pistola elettrica è stata usata la prima volta in Italia il 12 settembre 2018 sempre a Firenze e sempre dai carabinieri per fermare un giovane musicista turco di 24 anni disarmato in stato di agitazione. Il ragazzo, in seguito al fermo, è stato ricoverato in TSO presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale S. Maria Nuova.

Quando non arriveranno il medico o l’infermiere a contenere arriveranno i Taser?

Il fatto che l’uso della pistola elettrica in Italia venga fatto su più di una persona in stato di agitazione è perfettamente in linea con le intenzioni dell’azienda produttrice dell’arma, Taser International, ora AXON, che già nel 2004 riteneva la pistola elettrica “lo strumento più adatto a gestire persone emotivamente disturbate”.

Il Taser è considerato un dispositivo utile a garantire la sicurezza degli agenti. L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente elettrica a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. La pistola può anche essere premuta contro il corpo, causando dolore intenso. Le pistole in dotazione ai carabinieri non hanno bisogno di essere ricaricate e quindi possono sparare due colpi, ossia quatto dardi.

Dal 5 settembre 2018 in Italia il Taser è in fase di sperimentazione in dodici città italiane. La dotazione del Taser viene giustificata dalla non mortalità dell’arma, nonostante venga considerata dall’ONU uno strumento di tortura. Il Governo Italiano per mantenere la sicurezza dei cittadini, piuttosto che ridurre i casi di applicazione della violenza, preferisce dare alle forze dell’ordine la possibilità di sparare di più facendo meno vittime. Il Ministro dell’Interno Salvini, nel DDL Sicurezza ha inserito l’estensione dell’arma anche ai vigili urbani e alla Polizia ferroviaria oltre che alle altre forze di Polizia.

Nella ricerca “Shock tactics” della Reuters, su 1005 casi di morte legati all’uso del Taser, ben 257 vengono ricondotti all’uso dell’arma su soggetti con “disturbi psichiatrici e malattie mentali”; mentre in 153 casi il Taser è indicato come causa o come fattore che ha contribuito alla morte.

Ci preoccupa e allarma molto il fatto che si cominci ad usare il Taser su persone in difficoltà,  in stato di agitazione o di crisi, per poi ricoverarle nei reparti psichiatrici. Ad oggi il TSO è un metodo coercitivo che obbliga il soggetto ad un trattamento farmacologico pesante e sradica la persona dal proprio ambiente sociale, rinchiudendola in un reparto psichiatrico, ignorando la complessità delle relazioni umane e sociali e molto spesso ledendone i diritti.

Noi ci opponiamo a tutto ciò! Il superamento delle crisi individuali passa attraverso un percorso comunitario e non attraverso l’utilizzo di metodi repressivi e/o coercitivi che risultano dannosi alla dignità dell’individuo. Ci chiediamo perché non venga attribuito alla rete sociale il giusto valore.

 

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud – antipsichiatriapisa@inventati.org artaudpisa.noblogs.org  335 7002669 via San Lorenzo 38 56100 Pisa

CANAPISA 2019 – PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE all’ EPIDEMIA

  • May 12, 2019 10:54 am

sotto il volantino che distribuiremo come Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
alla STREET PARADE ANTIPROIBIZIONISTA CANAPISA 2019
SABATO 18 MAGGIO ore 16 zona STAZIONE

PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE ALL’EPIDEMIA!!

Anche quest’anno parteciperemo a Canapisa per sostenere la lotta antiprobizionista e ribadirne l’affinità  con quella antipsichiatrica. Rivendichiamo la libertà di scegliere per noi stessi e rifiutiamo qualsiasi forma di patologizzazione dei comportamenti, tesa a creare categorie sociali discriminate e emarginate come quelle di “drogato” e “pazzo”.

L’istituzione psichiatrica è uno dei principali strumenti che il sistema usa per ostacolare l’autodeterminazione degli individui, per arginare qualsiasi critica sociale e normalizzare quei comportamenti ritenuti “pericolosi” poiché non conformi al mantenimento dello status quo, intervenendo nel complesso ambito della sofferenza. Assistiamo oggi ad una sistematica diffusione della crisi, sia sociale, economica e personale; le cui cause vanno ricercate nella società in cui viviamo e nello stile di vita che ci viene imposto e non nei meccanismi biochimici della mente. La logica psichiatrica sminuisce le nostre sofferenze, riducendo le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova sottoposto  a sintomi di malattia e medicalizzando gli eventi naturali della vita.

La psichiatria ha rimodellato, in profondità, la nostra società. Attraverso il suo Manuale Diagnostico e Statistico (DSM), la psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è. La nostra comprensione sociale della mente umana, che in passato nasceva da fonti di vario genere, ora è filtrata attraverso il DSM. Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità degli “squilibri chimici” nel funzionamento del cervello, ha cambiato il nostro schema di comprensione della mente e messo in discussione il concetto di libero arbitrio. Ma noi siamo davvero i nostri neurotrasmettitori?

Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti da un medico e commercializzate in farmacia. Siamo qui a chiedere dunque: qual’é la vera differenza fra le droghe illegali e gli psicofarmaci?

Sappiamo bene che le persone trattate con psicofarmaci aumentano la probabilità di trasformare un episodio di sofferenza in una patologia cronica. Molti coloro che ricevano un trattamento farmacologico vanno incontro a nuovi, e più gravi, sintomi psichiatrici, a patologie somatiche e a una compromissione cognitiva.

L’allargamento dei confini diagnostici favorisce il reclutamento, in psichiatria, di un numero sempre più alto di bambini e adulti. Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno una diagnosi psichiatrica e ci è stato detto che hanno qualcosa che non va nel loro cervello e che è probabile che debbano continuare a prendere psicofarmaci per il resto della loro vita, proprio come un “diabetico che prende l’insulina”.

Poiché la risposta psichiatrica è sempre la stessa per tutte le situazioni – diagnosi – etichetta e cura farmacologica – crediamo che rivendicare il diritto all’autodeterminazione in ambito psichiatrico significhi “riappropriarsi” della follia e della molteplicità di maniere per affrontarla, elaborandola in maniera autonoma.

Siamo contro l’obbligo di cura e contro il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), non condanniamo a priori l’utilizzo di psicofarmaci ma pensiamo che spetti all’individuo deciderne in libertà e consapevolezza l’assunzione.

Il TSO, la cui applicazione avviene nei reparti ospedalieri preposti (i cosiddetti SPDC), ha effetti coercitivi che vanno ben oltre le mura della stanza d’ospedale: è usato, presso i CIM o i Centri Diurni, anche come strumento di ricatto quando la persona chiede di interrompere il trattamento o sospendere/scalare la terapia; infatti oggi l’ obbligo di cura non si limita più alla reclusione in una struttura, ma si trasforma nell’impossibilità effettiva di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico per la costante minaccia di ricorso al ricovero coatto cui ci si avvale alla stregua di strumento di oppressione e punizione. Per questo ancora una volta diciamo NO ai TSO, perché i trattamenti sanitari non possono e non devono essere coercitivi e affinché nessuno più debba morire di psichiatria.

Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Il  percorso di superamento di queste pratiche e di tutte le pratiche non terapeutiche deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.

È giusto lottare anche contro trattamenti considerati obsoleti ma che invece sono ancora usati e stanno tornando di moda, come l’Elettroshock. L’elettroshock oggi viene chiamato TEC (terapia elettroconvulsiva) ma rimane la stessa tecnica inventata nel 1938 da Cerletti e Bini. Si tratta sempre di far passare la corrente elettrica per la testa di una persona, che passando attraverso il cervello, produce una convulsione generalizzata. Migliorandone le garanzie burocratiche, così come introducendo alcune modifiche nel trattamento, vedi anestesia totale e farmaci miorilassanti , non si cambia la sostanza della TEC.

A più di ottanta anni dalla sua invenzione, possiamo affermare che l’elettroshock è l’unico trattamento, che prevede come cura una grave crisi organica dei soggetti indotta a tale scopo, mai dichiarato obsoleto. Uno dei luoghi in cui l’elettroshock viene praticato è l’Ospedale Santa Chiara a Pisa. Per questo saremo lì davanti, in un presidio di contro-informazione e di denuncia di quella pratica come di altre, tutte orientate alla costruzione di un futuro che si vorrebbe fatto di persone annichilite e ammansite, non oppositive e quindi facili da gestire.

Invitiamo tutti/e a partecipare ai seguenti appuntamenti:

  • PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK

SABATO 1 GIUGNO alle ore 16 c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano

 

  • ASSEMBLEA NAZIONALE ANTIPSICHIATRICA DOMENICA 2 GIUGNO alle ore 10:30 c/o Spazio Antagonista Newroz in via garibaldi 72

 

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

via San Lorenzo 38 56100 Pisa antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669