LIVORNO sab11 GIUGNO LOCANDINA presentazione “LA GUERRA CHE FINGIAMO NON CI SIA”

  • June 5, 2022 10:42 pm

LIVORNO SABATO 11 GIUGNO c/o TEATRO OFFICINA REFUGIO in via Scali del Refugio 8 alle ore 18 il Teatro Officina Refugio e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud presentano:

LA GUERRA CHE FINGIAMO NON CI SIA” di Maria Rita Prette edizioni sensibili alle foglie sarà presente l’autrice

Dal capitolo La guerra sta arrivando:

In questa guerra che fingiamo non ci sia possiamo intravedere anche un confronto degli Stati dotati di bombe atomiche per il controllo del territorio. Se l’Iraq, la ex-Iugoslavia e l’Afghanistan sono stati palestinizzati dagli eserciti occidentali senza incontrare una resistenza da parte di altre potenze nucleari, stiamo vedendo che, per esempio, sulla pelle dei siriani sembra essersi innescato un gioco che ricorda quel confronto militare “per interposta persona” che ha caratterizzato il conflitto Usa-Urss nel dopoguerra. Certo il confronto attuale ha poco a che vedere con la Guerra fredda. L’Urss non esiste più e la maggioranza dei Paesi del Patto di Varsavia è oggi allineata nella Nato a guida statunitense. Tuttavia la Russia resta una potenza nucleare che, al pari della Cina, non intende (né può) essere palestinizzata. 

Per questo alle guerre a carattere neo-coloniale e razzista, a cui ci hanno abituato gli Stati occidentali in questi ultimi trent’anni, di tanto in tanto si affiancano allarmi su possibili inneschi di scontri che potrebbero assumere anche un carattere nucleare, nell’area del Pacifico come su suolo europeo. Una dimensione che evoca guerre meno asimmetriche di quelle a cui stiamo assistendo, più propriamente interne a quello che storicamente si è definito come un capitalismo a vocazione imperiale, che quindi si espande e tende a fagocitare tutto ciò che trova sul suo cammino. Riguardo alla tensione presente fra gli Stati Uniti e la Russia si dirà perciò che si tratta di uno scontro tra forze imperialiste e borghesie nazionaliste,180 ma si potrebbe anche vedervi un conflitto tra potenze nucleari di tipo imperialista, per garantirsi ciascuna zone d’influenza. (Anche la Cina e la Russia sono interessate all’Africa, dopotutto).

Quel che interessa qui è portare l’attenzione sul fatto che le potenze nucleari non possono essere “palestinizzate” come si fa ormai tranquillamente con gli Stati meno organizzati industrialmente e militarmente, e che non dispongono di bombe atomiche. Sembra pertanto utile gettare uno sguardo su queste tensioni intra-capitalistiche. 

«Negli ultimi quindici anni gli Stati Uniti hanno alimentato la corsa agli armamenti nucleari, cercando di acquisire un netto vantaggio strategico sulla Russia. Ciò viene confermato dalla stessa Federazione degli scienziati americani: per mezzo di rivoluzionarie tecnologie, gli Stati Uniti hanno triplicato la capacità distruttiva dei loro missili balistici da attacco nucleare. Allo stesso tempo […] hanno schierato un sistema globale di “difesa missilistica” per neutralizzare la capacità russa di rispondere a un first strike [il cosiddetto “primo colpo”] nucleare. Sulla scia dell’espansione della Nato a Est, hanno installato siti missilistici in Romania e in Polonia, mentre altri sistemi di lancio (di missili non solo intercettori ma anche da attacco nucleare) sono su diciotto navi da guerra dislocate in aree vicine al territorio russo».

LIVORNO sab 11/06 presentazione di “LA GUERRA CHE FINGIAMO NON CI SIA” c/o Teatro Officina REFUGIO

  • June 1, 2022 11:07 pm

LIVORNO SABATO 11 GIUGNO c/o TEATRO OFFICINA REFUGIO in via Scali del Refugio 8 alle ore 18

il Teatro Officina Refugio e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud presentano:

LA GUERRA CHE FINGIAMO NON CI SIA” di Maria Rita Prette edizioni sensibili alle foglie

sarà presente l’autrice

Un’istituzione che si è nominata in modi diversi e che si avvale di strumenti tecnologici così avanzati da permettere, per la prima volta nella storia dell’umanità, di sedere in una stanza simile alle sale per videogiochi, e con un clic uccidere persone dall’altra parte del pianeta. Un’istituzione che, privatizzandosi, si è trasformata in un’attività produttiva e commerciale, e in quanto tale viene alimentata, esportata e resa permanente. Contemporaneamente i corpi delle persone in carne ed ossa che sotto le bombe perdono ogni giorno la vita vengono rimossi dalla coscienza collettiva, come se non facessero parte della specie umana. Gettare uno sguardo sui dispositivi di queste nuove forme della guerra può rendere i cittadini maggiormente consapevoli delle scelte che i governi e gli Stati stanno facendo in loro nome. E forse, chissà, indurli a smettere di fingere che questa guerra non ci sia. Un libro che analizza le nuove forme delle guerre – dai droni ai contractor, dai soldati potenziati alla cyberwar – a cui l’Italia ha partecipato negli ultimi trent’anni, intravede i rischi di un confronto militare su suolo europeo e porta l’attenzione sui dispositivi, quanto mai attuali, della propaganda per costruire nell’opinione pubblica una cultura della guerra.

Teatro Officina Refugio e Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

INTERVISTA a RADIO BLACKOUT sull’ENNESIMA MORTE PER CONTENZIONE MECCANICA in REPARTO PSICHIATRICO

  • May 26, 2022 10:44 pm

Sotto il link per sentire l’intervista che abbiamo fatto a Radio BlackOut, come collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud, per parlare dell’ennesima morte per contenzione meccanica avvenuta il 7 maggio 2002 in un reparto psichiatrico a Monterotondo (Roma).

L’uomo, italiano di 36 anni, era ricoverato da alcuni giorni in SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) e proveniva da una comunità terapeutica privata e accreditata, la Reverie di Capena; sembra non fosse in Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Al momento della sua morte era legato e sembra che fosse stato anche sedato, due condizioni che possono indurre la morte.

L’intervista inizia al minuto 48.

https://radioblackout.org/podcast/tutta-n-ata-storia-del-17-5-2022/

“IL ROVESCIO DELLA GUERRA. Psichiatria militare e “terapia elettrica” durante il Primo conflitto mondiale”

  • May 22, 2022 10:35 pm

È uscito “IL ROVESCIO DELLA GUERRA. Psichiatria militare e “terapia elettrica” durante il Primo conflitto mondiale” di Marco Rossi edizioni Malamente. Con una prefazione del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud. Sotto il link, la sinossi del libro e la nostra prefazione.

https://edizionimalamente.it/catalogo/il-rovescio-della-guerra/

La Prima guerra mondiale, con le sue dimensioni estreme, vide l’irruzione massiva di feriti “dentro”, invalidi con corpi apparentemente integri: per la psichiatria fu uno sterminato campo di studio e sperimentazione. Nella convinzione che per curare la mente bisognasse intervenire con forza sul corpo, le pratiche messe in atto contemplavano un vero catalogo di supplizi, compresa la cosiddetta terapia elettrica, intesa sia come strumento di cura per le nevrosi di guerra che come mezzo per smascherare i simulatori. D’altra parte, ogni soldato sofferente era visto e trattato come un presunto simulatore, quindi come un traditore della patria; specularmente, ogni insubordinato era guardato alla stregua di un malato di mente. L’orizzonte della cura si andò così perdendo, oscurato dall’ideologia nazionalista e dal militarismo. Il rovescio della guerra restituisce alla memoria a lungo negata gli orrori subiti dai soldati al fronte e nei manicomi: carne da macello sacrificata per gli affari del capitale. Allora come oggi, per molti di questi sopravvissuti più sensibili o fragili – vincitori o vinti – non resta che una vita da “scemi di guerra”.

Generale, l’uomo fa di tutto.

Può volare e può uccidere.

Ma ha un difetto: può pensare.

(B. Brecht)

Continua la collaborazione con Marco Rossi, di cui da tempo apprezziamo il lavoro di indagine storica. In questa sua ricerca – avviata assieme – ricostruisce come durante la Prima guerra mondiale, quindi prima dell’invenzione dell’elettroshock, la corrente elettrica fosse stata già utilizzata sui soldati degli eserciti europei «per il trattamento delle nevrosi di guerra, oltre che per smascherare presunti simulatori». Siamo quindi di fronte alla prima affermazione, sul piano psichiatrico, della corrente elettrica come strumento di “cura” e disciplinamento. Durante il Primo conflitto mondiale migliaia di persone furono internate nei manicomi. La psichiatria militare rifiutava però di riconoscere nella guerra la causa delle psiconevrosi dei soldati, che erano considerate effetti collaterali che si manifestavano in individui “predisposti”. Al periodo bellico e all’uso della corrente Al periodo bellico e all’uso della corrente faradica sui soldati, seguiranno gli anni della sperimentazione di nuove terapie da shock consistenti nell’infliggere volontariamente un trauma, ritenendo che il controllo e la gestione dello shock così provocato potesse portare a risultati terapeutici. Nei manicomi, nelle cliniche psichiatriche universitarie e religiose, così come successivamente nei lager, si perfeziona l’induzione di stati di incoscienza con l’utilizzo delle più svariate sostanze e procedure. Dal 1917 al 1935 si introducono in psichiatria la malarioterapia, la «cura del sonno a permanenza» tramite iniezione ciclica di barbiturici, lo shock insulinico e la terapia convulsiva mediante iniezioni di Cardiazol. Ma è nel 1938 che la corrente elettrica si insedia ufficialmente tra gli strumenti di “cura” psichiatrici; a Roma, Cerletti sperimenta, prima sui maiali e poi sulle persone, l’ultima delle terapie da shock: l’elettroshock. Nonostante la brutalità di tali pratiche, tanto il coma insulinico come la convulsione da Cardiazol si diffusero immediatamente. Lo stesso avvenne poi per l’elettroshock, tuttora utilizzato e largamente praticato nel mondo e anche in Italia, dove sono sedici i centri, fra pubblici e privati, in cui viene utilizzata su circa trecento persone l’anno la cosiddetta terapia elettroconvulsivante (TEC).1 Dolore e terrore erano nei primi decenni del Novecento parte fondamentale delle pratiche psichiatriche di investigazione e recupero; ma ancora oggi queste non hanno mutato la loro essenza violenta e si manifestano attraverso la coercizione, l’obbligo di cura, la contenzione meccanica e farmacologica. Il Disturbo da stress post traumatico (PTSD) è un concetto che è stato sviluppato in un contesto di guerra per descrivere l’esperienza del soldato. Si è evoluto in vari modi attraverso la «sindrome cardiaca del soldato», la «nevrosi da spavento», lo «shock da granata» e la «stanchezza in battaglia». Negli anni Settanta, il dsm iii (il Manuale statistico e diagnostico, terza revisione) ridefiniva il ptsd per tener conto delle reazioni dei veterani della guerra in Vietnam.2 Oggi è considerato come la possibile risposta di un soggetto a un evento critico abnorme (terremoti, incendi, nubifragi, attentati, azioni belliche, incidenti stradali, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di cui si è stati testimoni, etc.). Al ptsd si risponde con trattamenti psico-farmacologici dagli esiti spesso letali. Tra i soldati statunitensi in Afghanistan, sono più quelli che si suicidano una volta ritornati a casa (a volte dopo aver sterminato anche la famiglia), che quelli morti in combattimento.3 Analogamente, in Ucraina tra i reduci di guerra è stato segnalato un aumento di psicofarmaci del 170%. Con la stessa diagnosi di ptsd e il medesimo trattamento vengono gestiti i traumi delle vittime civili: antidepressivi e antipsicotici nei campi profughi, negli hotspot, neiCIE (Centri di identificazione ed espulsione). Per le donne kurde yazide disperate per la perdita di figli e parenti, si aprono le porte dei manicomi turchi. Simile dramma viene vissuto dai bambini palestinesi della striscia di Gaza, costretti a vivere fin dalla nascita in quella prigione a cielo aperto su cui le multinazionali delle armi sperimentano sempre nuovi ordigni. Il 90% di loro soffre di disturbi psicologici; purtroppo molte fra le tante ONG(Organizzazioni non governative) occidentali che operano nella striscia si limitano a importare tout court diagnosi e cure farmacologiche come da DSM v. Un orribile quanto reale paradosso che rivela, oggi come allora, l’inganno e la strategia che vi stanno dietro: curare il sintomo, cioè la persona “disturbata”, piuttosto che intervenire sulle reali cause del disturbo, cioè la guerra, l’occupazione militare, i bombardamenti, l’embargo, la fame, la chiusura delle frontiere e le disuguaglianze sociali. Negli odierni conflitti, come in quelli del secolo scorso, non si è mai cessato di usare e di osservare i soldati come cavie per sperimentare gli effetti di nuove sostanze utili da un lato a potenziare l’efficacia del combattente, dall’altro a ridurre lo stress e l’eventuale “rimorso” che ciascun essere umano prova nell’uccidere un suo simile. Per tale scopo vengono assunte le cosiddette go pills prima di azioni di guerra di lunga durata e le no go pills prescritte al ritorno da tali azioni per “resettare” la propria coscienza e “normalizzare” la propria vita.4 In tutte le nazioni, da sempre, l’industria militare riceve enormi finanziamenti che le permettono di anticipare e utilizzare le nuove scoperte scientifiche di almeno un decennio rispetto al successivo utilizzo civile. È un trend tanto più pernicioso con l’avvento dell’era cibernetica e del capitalismo digitale. Le nuove strategie militari prevedono non solo l’utilizzo di sostanze psicoalteranti, ma anche di esoscheletri che aumentano le prestazioni fisiche del soldato e l’applicazione al corpo di personal status monitor che dovrebbero consentire, attraverso l’utilizzazione di tecnologie di neuro imaging di visualizzare regioni del cervello in modo da guidare i processi cognitivi e decisionali. L’assunzione, da remoto, del controllo di un soldato è già resa possibile, per esempio, dai caschi che vengono fatti indossare ai piloti dei caccia f35. Il comando giunge in automatico al pilota senza essere avvertito, perché utilizza sensori e arriva direttamente al cervello tramite il casco. 5Anche per tutto ciò la psichiatria militare riveste un ruolo sempre più importante e ha avuto un grande incremento: le odierne imprese militari comportano l’utilizzo di stuoli di psichiatri al seguito delle truppe. Un segnale allarmante di come una disciplina medica, basata da sempre su esami diagnostici inesistenti, stia sempre più allargando i suoi confini. Guerre, controllo psichiatrico mascherato da intervento umanitario e business delle multinazionali del farmaco, sono un pericoloso mix che dovrebbe renderci più vigili su ciò che il futuro prossimo sembra riservarci. Il rovescio della guerra ha il grande pregio di restituire alla memoria – a lungo negata – gli orrori subiti dai soldati al fronte e nei manicomi: carne da macello sacrificata per gli affari del Capitale. Allora come oggi, per molti dei sopravvissuti più sensibili o fragili (vincitori o vinti), una vita da “scemi di guerra”.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

per info:

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

Note:

1 Gianna Milano, In Italia si usa l’elettroshock su 300 persone, 24 ago. 2017<https://espresso.repubblica.it/inchieste/2017/08/24/news-in-italia-300-malati-vengono-curati-con-l-elettroshock-1.308370>

2 Cfr. Samah Jabr, Sumud. Resistere all’oppressione, Roma, Sensibili alle Foglie, 2021

3 Cfr. Afghanistan: morti più soldati americani per suicidio (30.177) che in combattimento (2.312), 18 ago. 2021, <https://www.peacelink.it/conflitti/a/48700.html>.

4 Cfr. Alessandro De Pascale, Guerra & droga, Roma, Castelvecchi, 2017

5 Cfr. Renato Curcio, Identità cibernetiche, Roma, Sensibili alle foglie, 2020.

FIRENZE 21/05: INCONTRO CON RENATO CURCIO c/o Cpa Fi-sud

  • May 8, 2022 9:31 pm

SABATO 21 MAGGIO al CPA FIRENZE SUD in via di villamagna 27/a
Il Cpa Firenze sud e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Presentano:

INCONTRO CON RENATO CURCIO

dalle ore 17 e 30 – Proiezione del video con Renato Curcio
MAGNIFICHE SORTI E PROGRESSIVEun documentario di TODOMODO

Renato Curcio, socio-analista, cofondatore delle Brigate Rosse e prigioniero nelle carceri italiane per più di vent’anni, esplora l’isola di Santo Stefano e L’Ergastolo, carcere panottico ivi presente, ora completamente abbandonato, analizzando le analogie tra le istituzioni totali e la Rete.

https://todomodofilms.wordpress.com/filmografia/magnifiche-sorti-e-progressive/

a seguire presentazione del nuovo libro di Renato Curcio, edito da Sensibili alle Foglie uscito a marzo 2022

IL CAPITALISMO CIBERNETICO. DOPO IL PANOTTICO, OLTRE LA SORVEGLIANZA”
La riorganizzazione digitale del modo di produzione capitalistico impone una nuova forma di potere caratterizzata da un indissolubile intreccio dell’economia, della politica e dell’azione militare sotto le insegne dell’intelligenza artificiale. Il confronto con le forme di potere fino ad oggi dominanti – il potere panottico, lo Stato d’eccezione, il potere strumentalizzante – sintetizzato nel concetto di capitalismo cibernetico.

A seguire DIBATTITO

Alle ore 21 CENA SOCIALE

Cpa Firenze sud e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

 

PISA: ven 13/05 presentazione di “HANNO LEGATO LA ZIA LIA” c/o Newroz

  • April 30, 2022 9:48 pm

PISA VENERDì 13 MAGGIO 2022 c/o lo Spazio Antagonista NEWROZ
in via Garibaldi 72 alle ore 17:30 il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud presenta:

HANNO LEGATO LA ZIA LIA” di Sonia Ambroset Edizioni Sensibili Alle Foglie
sarà presente l’autrice

STRAPPI. Riflessioni Antipsichiatriche” Un opuscolo collettivo

a seguire APERICENA

L’esperienza della contenzione fisica
Il dialogo con la zia Lia, legata al letto in un reparto di medicina in ospedale, costringe l’autrice a entrare in contatto con quanto vissuto nel corso della propria vita professionale e tenuto per molti anni sotto silenzio. L’esperienza della contenzione fisica viene infatti narrata attraverso gli incontri con esseri umani reali, pazienti, operatori, familiari e attraverso l’incursione nei saperi e nelle pratiche che sono state prodotte nel corso del tempo. La storia della zia Lia, al pari degli spunti autobiografici dell’autrice, si sviluppa tra le pagine a testimonianza dell’unicità, e al contempo dell’ordinarietà, delle vite di ciascuno di noi. Vite che chiedono di essere vissute e lasciate andare con la dignità che meritano.

L’evento si svolgerà seguendo le misure di prevenzione anti Covid

Per info:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

 

BOLOGNA 6-7-8 MAGGIO: A SANTE 3 giornate in ricordo di Sante Notarnicola

  • April 26, 2022 7:10 pm
BOLOGNA 6-7-8 MAGGIO: A SANTE
3 giornate in ricordo di Sante Notarnicola
come Collettivo Artaud parteciperemo al dibattito
SABATO 7 MAGGIO
c\o Ex Centrale – Via di Corticella 129
Ore 18.00
“Tavola rotonda sulle rivolte carcerarie del 2020 e presentazione del dossier sulla strage al carcere del Sant’Anna”
Partecipano: Comitato Verità e Giustizia per i morti del Sant’Anna (MO) – Associazione Bianca Guidetti Serra – Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud – Antigone Emilia Romagna

 

MODENA 20/04 presentazione di “SUMUD. Resistere all’oppressione” c/o Spazio Nuovo

  • April 10, 2022 10:40 am

MODENA MERCOLEDì 20 APRILE  c/o Spazio Nuovo in via IV novembre 40/b

alle ore 18 presentazione del libro:

SUMUD. Resistere all’oppressione. Di Samah Jabr

Ne discuteremo con:

Maria Rita Prette – Sensibili Alle Foglie

Mirca Garuti – Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila

Alberto Mari – Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

 

TRENTO: domenica 10/04 in ricordo di MATTEO TENNI dibattito: PSICHIATRIA ANTIPSICHIATRIA CHE FARE?

  • April 1, 2022 10:23 pm

10 aprile

DOMENICA 10 APRILE CAMPO NO TAV Località ACQUAVIVA SS 12 KM 367 TRENTO

PSICHIATRIA ANTIPSICHIATRIA CHE FARE?

A cura del CIRCOLO CABANA

in ricordo di Matteo Tenni…

Matteo Tenni è stato ucciso un anno fa. “Sei pazzo”, “Schiantati”, “Dovevo sparargli prima”, le concitate urla del carabiniere durante il furioso inseguimento per una infrazione al codice della strada. Per lo Stato solo un malaugurato incidente, nessun responsabile, semmai colpevole la stessa vittima. Caso chiuso. Prima dello sparo omicida Matteo ha pagato il marchio impresso d’ufficio sulla sua vita: inferiore, asociale, pericoloso. Le persone cosiddette fragili incontrano solo discriminazione ed emarginazione quando non subiscono veri abusi psichiatrici e polizieschi sempre impuniti. Tutti assolti dalla magica frase: “Era solo un matto”. Non possiamo rimanere inermi, la sola maniera per ricordare veramente Matteo.

Ore 12.00 PRANZO

Ore 14.00 DIBATTITO APERTO con la presenza e la testimonianza di collettivi e associazioni che si battono contro la contenzione e gli abusi psichiatrici

“PERNICIOSA E COERCITIVA”: contributo del collettivo Artaud su L’ALMANACCO de La Terra Trema

  • March 22, 2022 10:36 pm

PERNICIOSA, COERCITIVA

Siamo un Collettivo Antipsichiatrico e ci proponiamo come gruppo sociale che, costruendo
occasioni di confronto e di dialogo, vuole sostenere le persone maggiormente colpite dal
pregiudizio psichiatrico. Il nostro impegno consiste nell’osservazione e nell’analisi del ruolo sempre
più ingombrante che la psichiatria si vede riconoscere all’interno della società, ponendo particolare
attenzione alle modalità e ai meccanismi attraverso i quali essa si espande sempre più capillarmente
e trasversalmente. L’attività del collettivo si articola in due diversi piani. Un piano è innanzitutto
quello politico, attraverso le forme che sono proprie del collettivo, mentre l’altro è quello della
relazione e del sostegno alle persone che richiedono il nostro aiuto. Il lavoro di analisi e di denuncia
è accompagnato da iniziative volte alla diffusione di cultura antipsichiatrica come, ad esempio, la
presentazione di libri, opere teatrali, film, video, incontri e dibattiti.
Inoltre siamo dotati di un telefono cellulare e riceviamo, allo sportello d’ascolto antipsichiatrico
presso la nostra sede, le persone che hanno la necessità di contattarci in caso di emergenza
psichiatrica o semplicemente per confrontarsi, avere dei consigli o essere ascoltate. Allo stesso
modo veniamo interpellati da diverse persone attraverso il nostro indirizzo email.
Negli ultimi decenni la psichiatria ha radicato il suo pensiero e le sue tecniche nell’intero corpo
sociale diventando un vero e proprio strumento di controllo trasversale a varie Istituzioni e fasce
d’età. Questa tendenza si è ingrandita e rafforzata durante la pandemia. Aver vissuto un periodo
senza contatti sociali dovuto alla paura del contagio, lo stress da confinamento e la crisi economica
che sta colpendo ampi strati sociali, ha causato un incremento dei disagi psichici.
L’epidemia da Covid-19, e come è stata affrontata, ha messo in difficoltà una parte della
popolazione, generando disagi, patologie e fragilità.
Le persone che hanno sviluppato maggiormente stress dovuto alla pandemia sono le donne e gli
adolescenti. Le donne hanno patito maggiormente le conseguenze della crisi economica generata
dall’interruzione di alcune attività economiche. Hanno dovuto far fronte all’aumento del lavoro di
cura innescato da chiusure delle scuole, dei servizi dedicati all’infanzia e all’assistenza delle persone
più fragili; sono aumentate le difficoltà di trovare un equilibrio tra il lavoro retribuito e quello non
retribuito. In tutto questo non sono state aiutate economicamente, socialmente o culturalmente ma si
è registrato un aumento di diagnosi psichiatriche come depressione, disturbi bipolare e disforia di
genere.
Guardiamo anche con preoccupazione a quello che sta succedendo ai bambini e adolescenti in
ambito scolastico. Le scuole sono invase da screening neurodiagnostici, alla ricerca di presunti
disturbi che altro non sono che la legittima risposta dei ragazzi alla difficoltà del momento. Non è
lecito trasformare quanto accaduto in diagnosi, cercando disturbi neurologici che sono
semplicemente la conseguenza di una momentanea difficoltà nella crescita e nello sviluppo di
ragazzi e ragazze. Si tratta di evitare che i più piccoli vengano raggiunti da questi tentativi, proposti
nelle scuole senza alcun quadro normativo, di realizzare screening per andare alla ricerca di questi
disturbi.
L’invasione delle diagnosi psichiatriche non risparmia migranti, profughi e vittime delle nostre
guerre. Molti di loro che faticano a lasciarsi alle spalle l’orrore e a rielaborare il proprio vissuto
anziché ricevere un aiuto materiale e solidarietà umana vengono indirizzati in percorsi psichiatrici
con diagnosi di Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) con largo uso di antidepressivi e/o
neurolettici, a volte tali somministrazioni portano ad esiti infausti (episodi autolesionistici, suicidi
ecc..). Un orribile quanto reale paradosso che rivela l’inganno e la strategia che gli sta dietro: curare
il sintomo, cioè la persona “disturbata”, piuttosto che intervenire sulle reali cause del disturbo, cioè
la guerra, la mancanza di lavoro, la fame e le disuguaglianze sociali.”
Le condizioni delle carceri italiane continuano ad essere pessime: le strutture sono fatiscenti, il cibo
insalubre, le docce e acqua calda carenti e esiste un sovraffollamento perenne. A tutto questo è da
aggiungere annientamento, deprivazione, contenzione fisica, farmacologica, violenza fisica e
psicologica. La reclusione genera disagi, patologie e fragilità che spesso esordiscono in carcere e si
protraggono anche dopo la scarcerazione. Nel 2019 sono stati 53 in totale i suicidi negli istituti
penitenziari italiani (dato confermato sia dalla fonte del Dipartimento Amministrazione
Penitenziaria che da Ristretti Orizzonti) a fronte di una presenza media di 60.610 detenuti ovvero un
tasso di 8,7 su 10.000 detenuti mediamente presenti. La salute nei luoghi di reclusione è inesistente,
manca personale medico e infermieristico , non si trova un banale farmaco per il mal di stomaco ma
i detenuti possono avere accesso a svariati psicofarmaci.
L’Italia è l’unico paese al mondo dove dal 1978 con la legge 180 i Manicomi sono stati aboliti. Ma
la riforma del sistema psichiatrico si è rivelata più verbale che materiale: ai cambiamenti formali
non sono seguite differenze sostanziali delle condizioni di vita dei soggetti internati. Quello che è
certo è che la rivoluzione psichiatrica all’italiana ha riguardato solo i luoghi della psichiatria, ma
non i trattamenti e le logiche sottostanti. Con la legge che ordina la chiusura degli Ospedali
Psichiatrici, che nel 1978 erano 76, si è verificata una trasformazione che ha visto sorgere tutta una
serie di piccole strutture; all’interno delle quali continuano a perpetuarsi sia l’etichetta di “malato
mentale” sia i metodi coercitivi e violenti della psichiatria. Ad oggi abbiamo 320 reparti psichiatrici,
gli SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) e circa 3200 strutture psichiatriche residenziali e
centri diurni sul territorio dove in molti casi si sono conservati i dispositivi e gli strumenti propri dei
manicomi, quali il controllo del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla contenzione e
l’elettroshock. Ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una
terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce.
Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio),
l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla
psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche
(obbligo di cura, contenzione meccanica e farmacologica, internamento) deve essere portato avanti
e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il
soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità.
Nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di
degenza che durante le procedure di TSO. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna
valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce;
offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica. Ribadiamo la
necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie,
assistenziali e penitenziarie italiane.
Un altro inganno del sistema psichiatrico sta nel credere che un Trattamento Sanitario Obbligatorio
duri in fondo solo sette giorni, o quattordici nel caso peggiore. La verità è che il TSO implica una
coatta presa in carico della persona da parte dei Servizi di salute mentale del territorio che può
durare per decenni. Una volta entrato in questo meccanismo infernale, una volta bollato con
l’infamia della malattia mentale, il paziente vi rimane invischiato a vita, costretto a continue visite
psichiatriche e soprattutto, a trattamenti con farmaci obbligatori pena un nuovo ricovero. Per i
ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre ancora all’isolamento e alla contenzione fisica,
mentre i cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a
renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si
può raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento
chimico a cui si è sottoposti. Ecco come l’obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente la
reclusione in una struttura, ma si trasformi nell’impossibilità di modificare o sospendere il
trattamento psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto sfruttato come
strumento di ricatto e repressione.
I colloqui spesso sono troppo brevi, giusto il tempo per darti la terapia e senza la possibilità di
essere ascoltati o di esprimere i dubbi e le difficoltà. Chi è obbligato a frequentare i servizi
psichiatrici e costretto ad assumere psicofarmaci è probabile che debba continuare a prenderli per il
resto della vita, proprio come un “diabetico prende l’insulina”. Inoltre la possibilità di ricevere uno
piccolo stipendio induce le persone in carico ai centri d’igiene mentale ad accettare spesso lavori
umilianti, sottopagati, ripetitivi e poco stimolanti. L’unico interesse della psichiatria non sembra
essere quello dichiarato della “cura”, ma la progressiva cronicizzazione del malessere: tutte le altre
discipline mediche hanno come obiettivo la dimissione del malato, il sistema psichiatrico, invece, ti
prende in carico a vita.
Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale e coercitivo (obbligo di cura,
trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e
ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale.
Uno concreto percorso di superamento delle pratiche psichiatriche passa necessariamente da uno
sviluppo di una cultura non etichettante, senza pregiudizi e non segregazionista, largamente diffusa,
capace di praticare principi di libertà, di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane
contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

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Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
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