MILANO domenica 7 maggio: incontro/dibattito “OLTRE LA CONTENZIONE” c/o Cascina Torchiera Senz’acqua

  • April 23, 2023 12:14 am

nell’ambito della tre giorni che ci sarà a MILANO dal 5 al 7 maggio “CONTATTO” organizzata da Brigata Basagliac/o Cascina Torchiera Senz’acqua  DOMENICA 7 MAGGIO alle ore 11:30 ci sarà un incontro/dibattito “Oltre la contenzione” linee comuni contro carcere, TSO e CPR con Assemblea Antipsichiatrica, Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud, Rete Mai più lager – NO ai CPR

Per il programma e info sulla tre giorni: https://www.brigatabasaglia.org/contatto-23/

24h di STAFFETTA RADIOFONICA ANTICARCERARIA Sabato 22 Aprile

  • April 20, 2023 4:26 pm

Sabato 22 aprile dalle 8 del mattino fino alle 20 e poi in replica dalle 20 alle 8 di domenica ci sarà  una staffetta radiofonica anticarceraria su 5 radio di movimento. Da sempre pensiamo che non si può vivere in un mondo di galere, da sempre lottiamo per abbatterle queste galere, giorno dopo giorno. Questa necessità è ancora più forte in questo periodo grazie anche allo sciopero della fame di Alfredo Cospito che ha centrato nel 41bis e nell’ergastolo due forme di tortura dello stato carcerario. Per rilanciare la sua lotta e non far cadere i riflettori. Come collettivo Artaud faremo un’intervento, alle ore 16 su Radio OndaRossa, su carcere, psichiatria, Rems, contenzione meccanica e farmacologia.

 

SABATO 22 APRILE STAFFETTA RADIOFONICA ANTICARCERARIA 
Radio Ondadurto (che trasmetterà dalle 8 alle 10.30),
Radio Blackout (h.10.30-13),
Radio Wombat (13-15.30),
Radio Ondarossa (15.30-18)
Radio Eustachio (18-20),

e con Radio  Ciroma, Radio Spore, Radio Neanderthal, Radio Gramma, Radio Città Pescara e Radio Quar che manderanno dei contributi e rimanderanno il segnale. Vogliamo dare un segnale forte, unitario contro tutti i carceri! Sintonizzatevi sullo streaming di queste radio e telefonate al numero unitario 06491750 per lanciare un messaggio anche a chi si trova al di là di queste galere. Rompiamo questi muri. 

PROSSIMA ASSEMBLEA del Collettivo Artaud LUNEDì 24 APRILE

  • April 18, 2023 10:16 pm

Vi informiamo che l’ ASSEMBLEA del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud prevista per martedì 25 aprile 2023 non sarà effettuata. L’ASSEMBLEA si terrà regolarmente lunedì 24 Aprile 2023 allo stesso orario 21:30 presso lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a Pisa.

Per ulteriori informazioni telefonateci al 335 7002669 oppure contattateci via mail a antipsichiatriapisa@inventati.org

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

LINK INTERVISTA a Radio ONDAROSSA: Medicalizzazione, controllo e profitto all’interno della scuola pubblica

  • April 10, 2023 8:49 pm

http://www.ondarossa.info/redazionali/2023/04/medicalizzazione-controllo-e-profitto

A partire da libro “Divieto d’infanzia. Psichiatria, controllo, profitto” di Chiara Gazzola e Sebastiano Ortu, come collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud, abbiamo parlato a Radio OndaRossa della tendenza all’interno della scuola pubblica di un aumento di certificazioni sancite per catalogare ogni difficoltà dell’età evolutiva che inducono alla prevaricazione dell’approccio clinico danneggiando la relazione educativa. Quali le possibilità di opposizione alla diffusione degli screening e a obiettivi formativi che limitano la libertà professionale degli insegnanti? Quali le alternative per i genitori?

GENOVA 2 APRILE: INCONTRO con il COLLETTIVO ARTAUD c/o Libera Collina di CASTELLO

  • March 24, 2023 9:54 pm

nell’ambito della tre giorni che ci sarà a GENOVA dal 31 marzo al 2 aprile “LUNA Luce nella notte illumina la rotta” dedicata a Irene

DOMENICA 2 APRILE

c/o Libera Collina di Castello alle ore 15

ci sarà un INCONTRO con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

BOTTE a una PAZIENTE nel REPARTO di PSICHIATRIA di PISA

  • March 23, 2023 9:43 pm

Apprendiamo dal quotidiano Il Tirreno che un infermiere del reparto di psichiatria dell’ospedale Santa Chiara di Pisa sarebbe stato condannato ad un anno per aver preso a botte una paziente nel gennaio 2017.

https://www.iltirreno.it/pisa/cronaca/2023/03/11/news/pisa-botte-a-una-paziente-psichiatrica-infermiere-condannato-a-un-anno-1.100258550

Addirittura nell’articolo, uscito in data 11 marzo 2023, si riporta la presunta diagnosi psichiatrica fatta in adolescenza alla signora etichettata come una persona disturbata, agitata e aggressiva.

Fra le motivazioni della condanna all’infermiere ci sono abuso di mezzi di correzione per aver picchiato la paziente; si legge: “Prima gli schiaffi in faccia, poi un calcio all’addome con tanto di capelli tirati in un corpo a corpo”. Dall’articolo si apprende anche che la donna era stata legata su una poltrona con una cinghia.

Sia l’infermiere sia l’azienda ospedaliera in sede processuale si sono giustificati dicendo che la donna era aggressiva.

Dal racconto della vittima : “Quando intervennero le infermiere ero a terra con l’infermiere che mi teneva per i capelli e loro sono sopraggiunte e gli dicevano “basta, basta”. Lui mi prese per i capelli e iniziò a strattonarmi, mi fece cadere a terra tenendomi sempre per i capelli e cominciò a darmi degli schiaffi molto forti…Era molto agitato, era in uno stato molto aggressivo e mi ha dato anche un calcio nello stomaco».

Vogliamo ricordare che quando si svolge un lavoro di cura non si dovrebbe perdere la pazienza, né soprattutto esercitare violenza verso le persone con cui lavori. Ci è difficile credere alla teoria delle mele marce, sappiamo che le prassi psichiatriche sono spesso coercitive piuttosto che rivolte all’ascolto della persona e il ricorso a dispositivi manicomiali (obbligo di cura, contenzione fisica, meccanica e chimica) è purtroppo sempre più diffuso.

Ad oggi in Italia abbiamo 329 reparti psichiatrici, gli SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) e circa 3200 strutture psichiatriche residenziali e centri diurni sul territorio dove in molti casi si sono conservati gli strumenti propri dei manicomi, quali il controllo del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla contenzione e l’elettroshock. Ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche (obbligo di cura, contenzione meccanica e farmacologica, internamento) deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità. Nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica. Ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali e penitenziarie italiane.

Un altro inganno del sistema psichiatrico sta nel credere che un Trattamento Sanitario Obbligatorio duri in fondo solo sette giorni, o quattordici nel caso peggiore. La verità è che il TSO implica una coatta presa in carico della persona da parte dei Servizi di salute mentale del territorio che può durare per decenni. Una volta entrato in questo meccanismo infernale, una volta bollato con l’infamia della malattia mentale, il paziente vi rimane invischiato a vita, costretto a continue visite psichiatriche e soprattutto, a trattamenti con farmaci obbligatori pena un nuovo ricovero. Per i ricoverati in TSO e considerati “agitati” si ricorre ancora all’isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento chimico a cui si è sottoposti. Ecco come l’obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente la reclusione in una struttura, ma si trasformi nell’impossibilità di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto sfruttato come strumento di ricatto e repressione.

Continueremo a lottare con forza contro ogni forma di manicomio e di coercizione (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale. Uno concreto percorso di superamento delle pratiche psichiatriche passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non etichettante, senza pregiudizi e non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà, di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

Link intervista Radio BlackOut a Sebastiano Ortu e Chiara Gazzola sulla medicalizzazione nelle scuole

  • March 16, 2023 9:32 pm

Questo sotto è il link per ascoltare l’intervista fatta a Radio BlackOut
da Sebastiano Ortu e Chiara Gazzola sulla medicalizzazione nelle scuole.
Che le diagnosi siano in aumento nell’età evolutiva non è un mistero:
ma le comunità scientifiche ed educative si interrogano sulle cause,
le cure e le conseguenze di un fenomeno che caratterizza fortemente il nostro tempo...

https://radioblackout.org/podcast/medicalizzazione-nelle-scuole-del-14-03-2023/

Gazzola e Ortu sono autori di “Divieto d’infanzia. Psichiatria, controllo e profitto” BFS edizioni, 2018

LETTERA dal 41BIS: FUCILATEMI!

  • February 19, 2023 10:01 pm

Pur se datata ci sembra attuale e interessante pubblicare la Lettera aperta al Presidente della Repubblica da un condannato all’ergastolo che per 28 anni è stato recluso ininterrottamente in 41 bis. La lettera è stata resa pubblica dall’associazione Yairaiha e messa in rete da Osservatorio Repressione a luglio 2020.

Lettera dal 41bis: Fucilatemi!

Alla S.V. Illustrissima affinchè intervenga a far eseguire la condanna inflittami dalla Corte d’Assise di Catania e Milano cioè la condanna a morte nascosta dietro la parola ERGASTOLO, con FINE PENA 9999, cioè FINE PENA MAI!

Chiedo che la condanna venga eseguita perchè dopo 29 anni, di cui 28 passati al 41 bis, SONO MORTO già tante di quelle volte che non lo sopporto più; ogni volta che lo rinnovano muoio; quando guardo gli occhi dei miei figli, dei miei cari, di mia moglie penso che la condanna a morte è anche per loro.

E non voglio che muoiano tutte le volte lo rinnovano con scuse banali e senza fondamento, per questo chiedo di morire.

No, non intendo impiccarmi o suicidarmi perchè l’ho visto fare tante di quelle volte che non voglio pensarci.

Siete voi che dovete eseguire la sentenza perciò chiedo che venga eseguita tramite fucilazione nel cortile dell’istituto, così la facciamo finita perché, dopo 29 anni, non voglio più morire tutti i giorni, voglio morire una sola volta perché non basta che tu stia scontando l’ergastolo, non basta che lo sconti pure con la tortura del 41 bis, c’è anche la cattiveria. Che so..sei un 41 bis? Non puoi farti nemmeno un uovo fritto. È questa la lotta alla mafia?

Tu hai preso 30 anni (senza uccidere nessuno) per estorsione ed associazione? Con l’art. 4 bis li sconti tutti senza benefici; ma se tu hai ucciso un bambino, lo hai violentato, sconti 20 anni e niente 41 bis, niente restrizioni. Questo è lo stato italiano! Che so, rubi un tonno per fame? Sconti dai 3 ai 5 anni; poi c’è chi ruba milioni di euro, quelli vanno a Rebibbia in attesa dei domiciliari! E sono peggio dei mafiosi perchè loro hanno giurato fedeltà allo stato. No sig. Presidente, non sono un santo, sono, o meglio, ero, un delinquente. Ma sono 10 anni che ho dato un taglio a tutto per amore dei miei figli e dei miei cari. Ma ciò non è servito a niente perché le procure non vogliono che tu dia un taglio al passato, o ti penti o sei sempre un mafioso da sfruttare tutte le volte che fanno un blitz sfruttando il nome tutte le volte che fanno un blitz sfruttano il tuo nome per dare più risalto per dare più peso al blitz e tu ci vai di mezzo solo perché un megalomane fa il tuo nome; non vogliono nemmeno che i tuoi figli lavorano perché vogliono che seguono le “orme del padre”, se trovano lavoro vanno dal datore di lavoro e gli dicono che stanno facendo lavorare il figlio di un mafioso. Se non lavorano dicono che non lavorano. Ma, ringraziando Dio, i miei figli lavorano tutti, lavori umili, ma lavorano, e fanno sacrifici per venirmi a trovare. Se chiedo la fucilazione lo faccio anche per loro, per non dargli più problemi.

Sa cosa vuol dire ricevere una telex che dice che tua figlia è ricoverata in fin di vita, vedi se puoi telefonare? No al 41 bis non posso chiamare; ho un solo colloquio al mese o una telefonata. Se avevo ucciso un bambino non ero “mafioso”, non avevo 4 bis, allora si, assassino di bambini se ricevevo un telex tipo “mamma ha la febbre”, allora potevo telefonare, chiedere colloqui e tutto.

Questa è la legge italiana!

Signor Presidente, sono 28 anni che non ho una carezza dei miei genitori, che non abbraccio i miei figli, che non tocco la mano di mia moglie, perciò mi chiedo “è questa la vita che devo fare fino alla morte”? Ed allora facciamola finita subito, FUCILATEMI!

P.S. NON RESTITUITE IL CORPO ALLA MIA FAMIGLIA, SAREBBERO PER LORO ALTRI PROBLEMI. GRAZIE

Resoconto del presidio antipsichiatrico al carcere della Dozza del 28 gennaio 2023

  • February 18, 2023 10:30 pm

Resoconto del presidio antipsichiatrico al carcere della Dozza del 28 gennaio 2023

Sabato 28 gennaio a Bologna sotto la Dozza siamo arrivate in moltissime davanti le sezioni femminili per portare il nostro calore e la nostra solidarietà alle detenute, per contestare l’articolazione tutela salute mentale e la recente sezione “nido” costruita accanto. Non abbiamo ricevuto risposte dall’interno perché la posizione più vicina alle sezioni non permette di comunicare, ma abbiamo testimonianza che le nostre voci da fuori sono riuscite ad arrivare dentro. Abbiamo condiviso con le recluse la nostra ostilità verso la sezione psichiatrica – affinché nessuna mai finisca isolata in un repartino! Inoltre, nonostante gli Opg siano stati chiusi sulla carta i reparti psichiatrici in carcere oggi rischiano di estendersi. Proprio di recente la sezione psichiatrica alla Dozza è stata millantata sui giornali come modello da allargare a tutto il carcere per la “gestione degli eventi critici” e dei “comportamenti problema” e come addirittura tutto il femminile sia stato indicato come esempio di “come dovrebbe essere il carcere”, il “carcere che funziona”. Al contrario è un’istituzione totale dove chi non si adatta al contesto, esprime disagio, difficoltà emotive o squilibri a causa della stessa reclusione rischia trenta giorni di trattamento sanitario obbligatorio prorogabili, che possono tradursi in mesi di isolamento. Abbiamo ribadito la nostra ostilità ad ogni contenzione psicologica, fisica, farmacologica, al carcere, alla psichiatria e ad ogni gabbia! Per quanto istituzioni e media tentino di mistificare la realtà, sappiamo che la quotidianità in carcere rimane impossibilità ad accedere a misure alternative, isolamento e psichiatrizzazione. Lavori e progetti sono presso che assenti, ridotti a sfruttamento e a stereotipi di genere. C’è una concreta difficoltà ad accedere a cure, visite specialistiche e a scegliere i propri percorsi terapeutici.
Abbiamo condiviso la nostra avversità alla recente sezione “nido”, costruita accanto all’articolazione tutela salute mentale in piena emergenza sanitaria, quando la direzione del carcere di Bologna al posto di scoraggiare la detenzione ha investito nell’allestimento di una sezione per detenute madri con bambini fino a tre anni.
Abbiamo condiviso l’assoluta necessità che madri e bambini stiano insieme ma fuori dal carcere e che se persino il garante ha dichiarato di sentirsi preoccupato per la vicinanza con l’articolazione psichiatrica, da dove giorno e notte uscirebbero grida e lamenti, noi siamo sconvolte, allarmate, arrabbiate, che questa condizione venga normalizzata.
Sui media di recente è stato detto che “sembra di non essere in carcere”, come se qualche ninnolo appeso e le pareti dipinte di lillà possano cancellare l’oppressione dell’isolamento e della detenzione.
Abbiamo salutato le recluse con la promessa di tornare presto, dopo di che ci siamo spostate al maschile, dove la posizione permette di comunicare con i detenuti.

Appena sotto al maschile le grida di aiuto hanno iniziato ad esplodere. In moltissimi hanno subito segnalato il nome di un detenuto in protesta per l’impossibilità di accedere al lavoro “Si è cucito la bocca!! Aiutatelo!!”. Ci hanno raccontato di uno sciopero della fame e della sete di una settimana. Ci hanno detto che non solo è impossibile accedere al lavoro, ma anche allo studio e alle più elementari esigenze. Hanno denunciato l’assenza di acqua o che dai rubinetti ne esce pochissima. Hanno raccontato non solo del numero ridotto, ma anche della mancanza di fiducia verso quei pochissimi medici ed educatori presenti, letteralmente al servizio della penitenziaria.
Un recluso si è molto esposto, ha riportato che tantissimi non hanno nessuno da incontrare “Non vedono mai nessuno, non fanno colloqui con nessuno!”. Ha detto che sono letteralmente abbandonati dentro, che in moltissimi potrebbero uscire ma scontano pene oltre la detenzione perché i magistrati di sorveglianza sono in ferie, non ci sono e non scarcerano. “Non rispondono a nessuna richiesta!”, tanti hanno pene pari o inferiori a tre anni, ma a causa delle condizioni ostative non possono accedere a benefici o a misure alternative. Ha sottolineato come moltissimi rimangano dentro perché non hanno disponibilità economica per pagarsi la difesa, mentre chi ha soldi e potere riesce a ottenere sconti facilmente. Ha denunciato la presenza di persone in condizioni di fragilità psichica, disabili e gravemente malati senza cure o assistenza, che secondo lui non dovrebbero trovarsi in carcere. Gli abbiamo detto che esponendosi così tanto dalla cella avrebbe potuto avere ripercussioni, ci ha detto che erano passati, che aveva appena ricevuto un richiamo, gli avevano chiesto se era stato lui a chiamarci. Ci ha raccontato della figlia che non vede da un anno e mezzo e di aver provato anche lui “a fare la corda” (impiccarsi). Abbiamo interagito e portato tutto il calore e la solidarietà possibile.
E’ stato un presidio duro da portare a casa. Abbiamo lasciato alcuni indirizzi a cui scrivere e preso i riferimenti necessari per sostenere le gravi situazioni segnalate, con la promessa che saremmo tornate.
Continueremo a lottare contro il carcere, la psichiatria, la tortura del 41 bis e delle misure ostative, per il definitivo superamento di ogni forma di prigionia!

Assemblea Antipsichiatrica

PERUGIA sabato 4 marzo presentazione di “MORTI IN UNA CITTA’ SILENTE” c/o Circolo Island

  • February 17, 2023 3:38 pm
PERUGIA SABATO 4 MARZO 2023 c/o Circolo Island (fermata minimetrò Madonna Alta)
alle ore 18 il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud e il Circolo ISLAND presentano:
MORTI IN UNA CITTA’ SILENTE.
La strage dell’8marzo 2020 nel carcere Sant’Anna di Modena
di Sara Manzoli edizioni Sensibili alle Foglie
sarà presente l’autrice
a seguire Aperitivo e proiezione in loop del cortometraggio “Ottarde” con Filippo Timi di Olivia, Feligioni, Zanchi
Il giorno 8 marzo 2020 alle porte del primo lockdown nazionale, scoppiano rivolte in tutte le carceri della penisola. I detenuti si ribellano alla sospensione dei colloqui con i familiari, delle attività trattamentali con gli operatori esterni, e alla paura dei contagi in un luogo in cui è praticamente impossibile mantenere – quello che da lì a poco risuonerà come un mantra – il “distanziamento sociale”. Nella Casa Circondariale di Modena si conteranno nove morti, tredici in tutta Italia. Quella del Sant’Anna diventerà la rivolta carceraria che conterà più morti della storia repubblicana. A corpi ancora caldi queste morti verranno attribuite a overdose di metadone e benzodiazepine, ipotesi che verrà confermata senza un dibattimento processuale quindici mesi dopo. Morti i cui corpi freddi parlano di violenze subite, morti di cui non parlerà quasi nessuno, morti in un contesto sociale totalmente indifferente al destino dei migranti, in mare come in carcere. Solo una piccola parte di questa città decide di non tacere e dà vita al Comitato Verità e Giustizia per i morti del Sant’Anna, che fin dai primi momenti s’impegnerà a tenere alta l’attenzione su questa tragica pagina di storia cittadina e nazionale, e da cui nasce anche l’idea di questo libro.