SABATO 28 GENNAIO GIORNATA ANTIPSICHIATRICA a BOLOGNA e IMOLA
SABATO 28 GENNAIO GIORNATA ANTIPSICHIATRICA
BOLOGNA
Alle 10:00 presidio a Bologna davanti al carcere della Dozza per portare il nostro calore e la nostra solidarietà alle detenutə, e per contestare la così detta “Articolazione Tutela Salute Mentale” (ATSM) – sezione psichiatrica presente a Bologna unicamente all’interno del femminile – oltre che la recente sezione “nido”, istituita accanto.
IMOLA (Spazio autogestito Brigata Prociona)*
Alle 13:30 pranzo a cura del Vascello Vegano a sostegno della biblioteca antipsichiatrica del Collettivo Strappi
Alle 18:00 presentazione del libro “Divieto di Infanzia. Psichiatria, controllo e profitto”. “Attualmente a scuola sono sempre di più i bambini che hanno diagnosi psichiatriche. L’attuale tendenza dell’insegnamento e della pedagogia è quella di farsi coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qualvolta una bambina o bambino disturba o contrasta i programmi formativi.” Ne parliamo con gli autori Chiara Gazzola e Sebastiano Ortu.
Alle 20:00 cena benefit per la nuova Cassa di solidarietà e mutuo soccorso antipsichiatrica
Alle 21:30 “The Jackson Pollock” live, duo Garage Punk dal sound esplosivo!
* Per raggiungere il Brigata in via Riccione 4 a Imola : dalla stazione uscire sul retro (lato via Serraglio) svoltare alla prima a sinistra (via Cesena) dopodichè la prima a destra è via Riccione.
MORTO UN OPG SE NE FA UN ALTRO: SABATO 28 GENNAIO GIORNATA ANTIPSICHIATRICA a BOLOGNA e IMOLA
MORTO UN OPG SE NE FA UN ALTRO
Siamo una rete di collettivi antipsichiatrici e singole persone da anni impegnate sul territorio a contrastare il ruolo sempre più ingombrante che la psichiatria si vede riconoscere all’interno della società, e i meccanismi attraverso i quali si espande sempre più capillarmente e trasversalmente al suo interno come strumento di controllo sociale.
Il 28 gennaio alle 10:00 saremo in presidio a Bologna davanti al carcere della Dozza per portare il nostro calore e la nostra solidarietà alle detenutə, e per contestare la così detta “Articolazione Tutela Salute Mentale” (ATSM) – sezione psichiatrica – presente a Bologna unicamente all’interno del femminile. Nonostante infatti gli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) siano ufficialmente chiusi dal 2015, all’interno delle carceri italiane continuano ad essere presenti “repartini psichiatrici” per contenere e sedare quelle recluse e quei reclusi che non si adattano al contesto carcerario, che esprimono disagio, difficoltà emotive o squilibri durante la detenzione.
Perché esistono ancora sezioni psichiatriche in carcere se gli OPG sono stati chiusi?
Nel 2014 chiusi gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) il Ministero della Giustizia con una circolare del D.A.P. (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) ha istituito le A.T.S.M. (Articolazioni Tutela Salute Mentale).
Bisogna sapere che la legge 81/2014 riserva agli autori di reato dichiarati “incapaci di intendere e di volere per infermità mentale” – definiti “folli rei” – un iter giudiziario diverso da quello destinato ai comuni, che prevede le Residenze sanitarie per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), istituite, appunto, dopo la chiusura degli OPG. In questo iter giudiziario la pericolosità sociale di derivazione manicomiale la fa ancora da padrona, ma non tutti però finiscono nelle Rems. Nello specifico le Articolazioni Tutela Salute Mentale sono sezioni istituite nelle carceri per quelle detenute e quei detenuti con una valutazione psichiatrica sopravvenuta alla detenzione, quindi successiva al giudizio – definiti “rei folli” – e che non possono perciò accedere alle Rems, che prevedono inoltre già di per sé lunghe lista di attesa.
Cambiano le parole ma non la sostanza, morto un OPG se ne fa un altro
Le Articolazioni Tutela Salute Mentale sono luoghi di annichilimento della personalità che esasperano la sofferenza della detenzione con l’isolamento prolungato, la contenzione psicologica, fisica e farmacologica. Si tratta di strutture che non solo non hanno nulla di “terapeutico” ma che nascono proprio per la necessità dell’istituzione penitenziaria di contenere e sedare le intemperanze dei ristretti in relazione al contesto detentivo. Voragini su cui non vogliamo siano spenti i riflettori.
Direzione e medici all’interno delle ATSM possono mettere in atto proroghe in modo estremamente violento e discrezionale (30 giorni prorogabili che possono tradursi in mesi di isolamento), questo nonostante sulla carta, a seguito della sentenza 99/2019 della Consulta, sia prevista la possibilità che il giudice possa disporre che, la persona che durante la detenzione manifesti una “grave malattia di tipo psichico”, venga curata fuori dal carcere e quindi concederle, anche quando la pena residua sia superiore a 4 anni, la misura alternativa della detenzione “umanitaria” o in “deroga”, come già previsto per le persone detenute con gravi malattie fisiche.
Il carcere-manicomio
L’ambiente carcerario può essere terribilmente nocivo per coloro che sono sfornitə di strumenti adeguati. Le difficoltà evidenti di una vita “libera” fatta di precarietà, impoverimento di beni materiali, reti sociali e di conseguenza di qualità del vivere, depauperano anche quelle risorse soggettive utili ad affrontare l’impatto con una quotidianità come quella carceraria. Gli addetti ai lavori denominano con “sindrome da prigionizzazione” le profonde difficoltà, l’alienazione e la sofferenza che la detenzione può comportare. La solitudine, la fatiscenza strutturale degli ambienti, gli spazi freddi e ristretti, l’alto numero di reclusə, l’insalubrità del cibo, l’assenza di acqua e docce adeguate, gli psicofarmaci a profusione e, se va bene, la tachipirina per ogni esigenza, l’impossibilità ad accedere a prevenzione, visite specialistiche, nonché a seguire i propri percorsi terapeutici, esasperano la reclusione causando fragilità, menomazioni e patologie che spesso dal carcere si protraggono anche dopo la scarcerazione. Condizioni dove l’eccezione non è tanto la ‘malasanità’ ma trovare medici non conniventi con le guardie. Il non rispetto del principio di territorialità inoltre rende ancora più dura l’esperienza della detenzione. Una quotidianità carceraria che oltre ad essere priva di dignità umana è, post pandemia e post rivolte, sempre più soggetta a soprusi di ogni tipo: dalla potenziata discrezionalità di ogni singola Direzione carceraria e Sanitaria, all’abuso di potere delle guardie penitenziarie. Senza considerare che il timore dei contagi e delle conseguenti politiche di gestione da parte delle Direzioni continua a rappresentare una fonte di ansia per chi è reclusə, oltre che uno strumento di vessazione e ricatto. Non adattarsi può tradursi in chiusura in sé stessi nel tentativo estremo di individuare una via di fuga. Come “fughe”, in fondo, sono spesso i numerosi suicidi e i moltissimi gesti autolesivi che ogni giorno si susseguono nelle patrie galere. Nel 2022 sono state 84 le persone detenute che hanno scelto il suicidio e chissà quante l’hanno tentato. E questi sono i numeri ufficiali, spesso in difetto. Numeri che si uniscono ai segni indelebili lasciati dalle torture fisiche e psichiche, nonchè dai processi, seguiti alle rivolte del marzo 2020, rivolte soppresse con la morte di almeno 14 detenuti (quelli di cui si hanno riscontri ufficiali) e con le violentissime mattanze che non possiamo nè vogliamo dimenticare, un grido rimasto inascoltato. Le disposizioni decise dall’amministrazione penitenziaria per “arginare” il pericolo dei contagi si tradussero nel 2020 nel totale isolamento delle persone detenute dal resto del mondo. Una quotidianità rinchiusa nelle celle, sempre però sovraffollate, poiché tutte le attività furono sospese. Niente colloqui con i familiari, impediti gli ingressi a qualsiasi operatore esterno. I criteri che caratterizzano il regime del 41bis furono estesi, di fatto, a tutte le sezioni presenti nelle carceri, così come la stessa norma prevede qualora lo Stato lo ritenga opportuno. In piena emergenza sanitaria, infatti, si decise di sottoporre interi reparti a molte delle rigide regole previste per questo regime piuttosto che adottare soluzioni volte alla riduzione del sovraffollamento e quindi ai rischi di contagio, sull’onda del più bieco e cinico giustizialismo che da anni caratterizza le politiche dei governanti di questo paese. In questi mesi il 41bis, regime di totale isolamento e di deprivazione sensoriale, da sempre presentato dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA) e dai maggiori organi di informazione come lo “strumento più efficace nella lotta alla mafia”, ha rivelato la sua vera essenza: una tortura normata. E ciò è stato possibile grazie alla drammatica scelta del compagno Alfredo Cospito che ha definito la quotidianità all’interno di quelle sezioni “una tomba per vivi” ed ha intrapreso, dal 20 ottobre 2022, uno sciopero della fame ad oltranza contro il 41bis e l’ergastolo ostativo, due “abomini del sistema penitenziario”.
Per noi non si tratta di costruire altre sezioni o “repartini”, ma di svuotare quelli già esistenti
Quelli che parlano solo di sovraffollamento nelle prigioni sono gli stessi che le hanno riempite con le loro leggi razziste e liberticide: oltre il 35% della popolazione detenuta è in carcere per violazione della legge sulle droghe, circa il 30% della popolazione carceraria fa uso di sostanze o ha problemi di dipendenza che spesso esordiscono o si cronicizzano/acutizzano proprio durante la detenzione (alla faccia del tanto declamato “recupero sociale”). Questo grazie a leggi come la Fini/Giovanardi, la Bossi/Fini, la Cirielli, le leggi sulla sicurezza volute da Minniti e Salvini. Politiche repressive il cui bersaglio non è certo il grande narcotraffico – un giro miliardario che allo Stato e alle sue mafie fa evidentemente comodo così – ma, come sempre, chi non ha documenti, mezzi di sostentamento, reti sociali o non è spendibile in termini di profitto. Una caccia alle streghe che conferma la funzione primaria del carcere come strumento di governo e gestione delle diseguaglianze e del conflitto sociale, volto al mantenimento dell’ordine attuale, fatto di sfruttati e sfruttatori. Una guerra a bassa intensità affinché il processo di accumulazione capitalista proceda senza soluzioni di continuità, che mira a spostare il limite di tolleranza delle sfruttate e degli sfruttati, sempre un po’ più in là. Quando qualcuno prova a rompere questo monopolio, restituendo un’infinitesimale parte della violenza statale viene duramente repressə, come avvenuto dopo le rivolte del marzo 2020.
Bologna: il repartino psichiatrico femminile con la sezione “nido” accanto
A Bologna l’Articolazione Tutela Salute Mentale prevede cinque posti e coinvolge unicamente il femminile. La collocazione isolata degli ambienti e il numero esiguo delle recluse previste conferma gli aspetti di segregazione che caratterizzano la sezione. Ad oggi nonostante diverse pressioni per la chiusura dell’articolazione non solo questa è ancora aperta ma addirittura millantata sui giornali come esempio “pragmatico” da seguire ed estendere.
Nel 2020/2021 lavori di ristrutturazione ne avevano comportato la chiusura provvisoria, quindi il trasferimento delle detenute presenti in quel momento in “articolazioni analoghe fuori regione”. Tra queste vogliamo ricordare Isabella P., 37 anni, accusata di furto, estorsione e minaccia a pubblico ufficiale, morta il 15 febbraio 2021 nel carcere femminile di Pozzuoli a causa delle massicce dosi di psicofarmaci somministratele e dei trattamenti ricevuti. Sarebbe dovuta uscire nel 2026, era alla sua settima carcerazione. Era considerata una detenuta difficile. A 18 anni aveva subito il suo primo Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Gli stessi lavori di ristrutturazione che hanno visto trasferire Isabella hanno portato all’inaugurazione, a luglio 2021, della nuova “sezione nido”, tre celle adiacenti all’articolazione salute mentale per detenute madri con bambini fino a tre anni. Il Garante dei detenuti ha dichiarato di sentirsi “preoccupato” per l’apertura di questa sezione accanto ai locali dell’articolazione psichiatrica, dai quali, giorno e notte, uscirebbero “grida e lamenti”. Purtroppo nonostante la legge 62 del 2011 indichi in questi casi di favorire gli arresti domiciliari e /o la creazione di case famiglia protette, ad oggi rimane assente un concreto interessamento per il superamento anche di questi istituti.
Per questo invitiamo tuttə sabato 28 gennaio a Bologna e a Imola, per una giornata di lotta antipsichiatrica, approfondimento e scambio.
Assemblea antipsichiatrica
SABATO 28 GENNAIO GIORNATA ANTIPSICHIATRICA
Bologna
Alle 10:00 presidio a Bologna davanti al carcere della Dozza per portare il nostro calore e la nostra solidarietà alle detenutə, e per contestare la così detta “Articolazione Tutela Salute Mentale” (ATSM) – sezione psichiatrica presente a Bologna unicamente all’interno del femminile – oltre che la recente sezione “nido”, istituita accanto.
Imola (Spazio autogestito Brigata Prociona)*
Alle 13:30 pranzo a cura del Vascello Vegano a sostegno della biblioteca antipsichiatrica del Collettivo Strappi
Alle 18:00 presentazione del libro “Divieto di Infanzia. Psichiatria, controllo e profitto”.“Attualmente a scuola sono sempre di più i bambini che hanno diagnosi psichiatriche. L’attuale tendenza dell’insegnamento e della pedagogia è quella di farsi coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qualvolta una bambina o bambino disturba o contrasta i programmi formativi.” Ne parliamo con gli autori Chiara Gazzola e Sebastiano Ortu.
Alle 20:00 cena benefit per la nuova Cassa di solidarietà e mutuo soccorso antipsichiatrica
Alle 21:30 “The Jackson Pollock” live, duo Garage Punk dal sound esplosivo!
* Per raggiungere il Brigata in via Riccione 4 a Imola : dalla stazione uscire sul retro (lato via Serraglio) svoltare alla prima a sinistra (via Cesena) dopodichè la prima a destra è via Riccione.
MOMENTANEA INTERRUZIONE del TELEFONO. SARA’ NUOVAMENTE ATTIVO da VENERDì 13 GENNAIO
Per motivi tecnici il telefono antipsichiatrico del collettivo Artaud non sarà funzionante fino a venerdì . Sarà nuovamente attivo a partire dalla tarda mattinata di venerdì 13 gennaio. Ci scusiamo per il momentaneo disagio.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
TSO Guida Pratica all’Autodifesa
TSO Guida Pratica all’Autodifesa
COSA PUÒ FARE CHI È DENTRO
COSA PUÒ FARE CHI È FUORI
TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO
Il T.S.O. è un provvedimento sanitario di carattere eccezionale che limita la libertà personale di chi vi è soggetto ed è regolato da una precisa normativa che ne definisce i limiti, gli ambiti di applicazione, le procedure e le possibilità di tutela e di difesa dei cittadini. La legge
di riferimento è la 833/78 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, precisamente l’articolo 33, 34 e 35.
PISA: 14/01 parliamo di CARCERE e LIBERTA’ con Beppe Battaglia c/o S.A. Newroz
PISA SABATO 14 GENNAIO 2023 c/o Spazio Antagonista NEWROZ in via Garibaldi 72
alle ore 17:30 il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud organizza il dibattito:
PARLIAMO DI CARCERE E LIBERTA’ insieme a Beppe Battaglia
autore dei libri:
LE TRE LIBERTA’
LA LIBERTA’ HA LE ALI
entrambi editi da Sensibili alle Foglie
a seguire APERICENA
per info:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
Il PROSSIMO SPORTELLO D’ASCOLTO CI SARA’ MARTEDI’ 10 GENNAIO
Vi informiamo che lo SPORTELLO D’ASCOLTO ANTIPSICHIATRICO previsto per martedì 3 gennaio 2023 non sarà effettuato. Lo SPORTELLO si terrà regolarmente martedì 10 gennaio 2023 allo stesso orario , dalle ore 15:30 alle 18:30 presso la nostra sede in via San Lorenzo 38 a Pisa. Per eventuali urgenze e per fissare eventuali incontri telefonateci al 335 7002669 oppure contattateci via mail a antipsichiatriapisa@inventati.org
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
PISA 14 GENNAIO 2023: PARLIAMO DI CARCERE E LIBERTA’ con Beppe Battaglia
PISA SABATO 14 GENNAIO 2023 c/o Spazio Antagonista NEWROZ in via Garibaldi 72 alle ore 17:30
il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud organizza il dibattito:
PARLIAMO DI CARCERE E LIBERTA’ insieme a Beppe Battaglia
autore dei libri: LE TRE LIBERTA’ e LA LIBERTA’ HA LE ALI entrambi editi da Sensibili alle Foglie
a seguire APERICENA
per info:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
LE TRE LIBERTA’
“La nozione liberatoria è una concezione, un modo di guardare la galera. Guardarla individuando i punti deboli dell’organizzazione carceraria e i punti forti dell’ingegno collettivo dei reclusi. Guardarla in funzione dell’evasione. La libertà che si conquista mettendo insieme un saper fare collettivo. Tante mani che lavorano insieme”. Partendo da qui si sviluppa il racconto di un’evasione dal carcere di Favignana, nel lontano 1975. Un’evasione il cui piano viene sventato, ma vissuta come l’esperienza più bella e liberatrice della sua vita nella percezione di uno dei suoi protagonisti…
LA LIBERTA’ HA LE ALI
il libro racconta la storia del primo aereo costruito in carcere dall’ingegno di un gruppo di reclusi e un maestro artigiano. Il Social Flight One (primo volo sociale) è stato realizzato nell’ambito del progetto ‘Le ali della libertà’…
FIRENZE: Domenica 4 dicembre presentazione di “IL ROVESCIO DELLA GUERRA”
DOMENICA 4 DICEMBRE c/o CSA NexT EMERSON
in via di Bellagio a FIRENZE alle ore 17.30
il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud presenta:
IL ROVESCIO DELLA GUERRA. Psichiatria Militare e “terapia elettrica” durante la Prima guerra mondiale di Marco Rossi edizioni Malamente.
Sarà presente l’autore
FIRENZE 4/12 presentazione di: “IL ROVESCIO DELLA GUERRA” di Marco Rossi c/o CSA NexT Emerson
DOMENICA 4 DICEMBRE c/o CSA NexT EMERSON
in via di Bellagio a FIRENZE alle ore 17:30
il collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud presenta:
IL ROVESCIO DELLA GUERRA. Psichiatria Militare e “terapia elettrica” durante la Prima guerra mondiale di Marco Rossi edizioni Malamente.
Sarà presente l’autore
La Prima guerra mondiale, con le sue dimensioni estreme, vide l’irruzione massiva di feriti “dentro”, invalidi con corpi apparentemente integri: per la psichiatria fu uno sterminato campo di studio e sperimentazione. Nella convinzione che per curare la mente bisognasse intervenire con forza sul corpo, le pratiche messe in atto contemplavano un vero catalogo di supplizi, compresa la cosiddetta terapia elettrica, intesa sia come strumento di cura per le nevrosi di guerra che come mezzo per smascherare i simulatori. D’altra parte, ogni soldato sofferente era visto e trattato come un presunto simulatore, quindi come un traditore della patria; specularmente, ogni insubordinato era guardato alla stregua di un malato di mente. L’orizzonte della cura si andò così perdendo, oscurato dall’ideologia nazionalista e dal militarismo. Il rovescio della guerra restituisce alla memoria a lungo negata gli orrori subiti dai soldati al fronte e nei manicomi: carne da macello sacrificata per gli affari del capitale. Allora come oggi, per molti di questi sopravvissuti più sensibili o fragili – vincitori o vinti – non resta che una vita da “scemi di guerra”.
MEMORIE DAL TSO di Sarah Postit Destefanis
Riceviamo e pubblichiamo MEMORIE DAL TSO Dalla ferita al cerotto o dal cerotto alla ferita?
di Sarah Postit Destefanis
MEMORIE DAL TSO
Dalla ferita al cerotto o dal cerotto alla ferita?
ESTRATTO N.1
La vita.
Sono nata il 26 Ottobre del 1994, in un ospedale alle porte di Torino, Chieri, una città che da piccola mi pareva sempre simile alle fortezze medievali anche se non è che ne sapessimo molto della sua storia all’interno della nostra famiglia… eravamo solo io e mia mamma.
Vivevamo in una casetta al limite del bosco, proprio come si leggeva nelle storie di Cappuccetto Rosso, delle sue angherie con i lupo cattivo, ma sempre sotto la protezione della nonna…mi sentivo un po’ così, contando però che il mio cappuccio è sempre stato tendente al nero. Si perché devi sapere che la mia storia in realtà arriva da molto più lontano, io arrivo anche dall’Africa… lo stato, anche se a me piacerebbe avere la possibilità di non chiamarlo tale, è il Sudan, una terra gremita da problemi sociali da che si ha memoria…lotte, conflitti per i diritti civili, morte, profughi…e mio padre era uno di questi.
Lui però era stato fortunato perché la sua famiglia essendo ricca gli aveva potuto permettere di scappare in uno dei paesi più sicuri ( o securitari?) del mondo degli anni ‘80: la Cina. Ed è lì che si sono incontrati e separati…ed è da lì che inizia la storia vera…
Mia madre è una donna che fino ai miei dieci anni amavo alla follia.
Bella, o almeno per me lo era…sarà che era la mia e quindi era per forza bella, bionda, occhi azzurri intensi, una bella voce che ti svegliava al mattino con dolcezza e calma perché era in grado di vedere le angherie del mondo ma abile nel trasformarle in bellezza quotidiana….dai piccoli gesti, alle carezze, al bacio prima di lasciarti a scuola perché ‘’no li, io non ci voglio stare perché voglio stare a casa con te’’ …’’io devo lavorare Sarah, non posso stare con te, quindi vai adesso e alle quattro e mezza viene il nonno…’’. Tutti i giorni era così e io tutti i giorni pensavo a quanto fosse ingiusto che noi tuttu subissimo questo. Ma non ‘era altro da fare che rassegnarsi alla condizione e cercare delle vie alternative almeno per renderlo bello.
Un giorno tornai a casa, era già il tempo delle ultime volte alle elementari, quando sta per iniziare il tempo delle medie, e notai il lei una sorta di cambiamento…come se una maledizione fosse scesa sulla nostra casa e avesse distrutto tutto quello che avevamo creato: fiori, piante, bellezza, musica, amore. La casa era distrutta, i miei ricordi non sono più nitidi da quella volta, e lei era come se si si fosse trasformata…
Lei fumava, beveva, fumava, beveva e lavorava e avanti così per anni, anni e anni con tanto di violenza data e ricevuta..ed è quel giorno che ho scoperto cosa volesse dire davvero dipendere da un qualcosa, di come le cosiddette sostanze possono cambiarti la vita, di come se non lotti tutto può andare perso. Le fumava, beveva, straparlava e poi se provavo a dire anche solo mezza cosa, ‘’occhio, giù botte’’…perchè la causa vera del suo malessere, o meglio, così lei diceva, ero io…io che la allontanavo da quella vita sociale che lei tanto amava, dagli affetti perché era obbligata a lavorare fuori dall’Italia e da quella tranquillità che forse a fatica lei si era costruita… ho indagato fino ad un certo punto sul perché di questo, ma poi, ho capito di non essere la persona giusta per comprenderlo…
Più si andava avanti con la sua ,e la mia di conseguenza, di età, più la sua consapevolezza diminuiva e la mia aumentava in quel range o mondo proibito delle sostanze, non solo come espedienti ma anche come pratica quotidiana del qualunque essere umano sulla terra… il mio interesse per quel mondo nasce quindi non solo da questo, ma anche e soprattutto dal ragionare sui tabù che la nostra epoca ha creato non solo a riguardo di questo, ma anche e soprattutto a riguardo di quelle che sono le pratiche per ovviare a certe problematiche mentali o non.
ESTRATTO N.2
La fuga.
Ad un certo punto a qualcuno di voi verrà in mente la domanda: perché non se n’è andata?
…l’ho fatto.
‘’quando avrai 18 anni potrai decidere per te stessa’’ era la frase altisonante…presa alla lettera. Andare via, cambiare casa, la solitudine, ciò che portava benefici da quel mondo, me stessa e basta. Ma questo non riusciva a tenermi lontana da quel pensiero di tornare a casa e trovarmela lì, anche se appunto, ero sola. Non è bastato e sarebbe stato così ancora per un po’… Perchè la questione è andata fuori da quei cosiddetti confini ‘’self-space’’ , è arrivata perfino in Cina perchè l’altra se ne stava laggiù a lavorare sempre, tra un viaggio e l’altro…facendomi catapultare in un dirupo di dubbi, sia nei confronti altrui,e quindi anche, nei miei stessi.
E come gestisci questo problema da una parte all’altra del mondo quando già l’hai fatto di persona, non è servito a nulla e non si è arrivati ad una conclusione?
Come reagisci al ricatto di quell’essere umano che mina ormai da sempre alla tua salute psico-fisica?
Come fai quando ti rendi conto che è tua madre a causare tutto? SCAPPI. Con il panico.
Ed è quello che è successo a me nel 2016 a seguito di uno dei numerosi episodi violenti all’interno della cosiddetta ‘’famiglia’’…chi mi conosce sa cosa intendo…
Sono seguiti altri due TSO, uno nel 2018 dopo mesi di soprusi sul lavoro con episodi chiarissimi di mobbing e non solo; e poi l’ultimo nel 2019…pochi e chiarissimi mesi fa a seguito di un’episodio chiave che per i curiosi sarò lieta di raccontare credendo che questo non sia il luogo per andare a fondo delle mie questioni personali perché tanto ho capito che ai piani alti non interessa…
Ai piani bassi però?
La questione ragazzi è molto semplice a parer mio: chiunque viva una situazione di ri-strettezza fisica, psicologia, logica e quindi pratica nella quotidianità cercherà sempre una via di fuga. Goffman, Focault e altr* consideravano le istituzioni totali, ovvero tutte le strutture ‘’sopra’’ il cittadino, come lo stato, il sistema carcerario o quello psichiatrico per esempio de-leggitimanti sia nei sistemi sia nelle pratiche, e questo è considerevole se si fa riferimento a casistiche come la mia, o come quella di molt* altr* che hanno subito in silenzio alcune decisioni prese a priori senza appunto, andare a fondo nella storia personale di ognuno di noi.
Perchè l’individuo nel mondo contemporaneo ha necessità di evasione?
Perchè il nichilismo abbattuto su di noi sta provocando questo?
Chi o cosa è causa e quindi provoca conseguenze?
Perchè succede proprio a lui/lei/loro?
Come possiamo ovviare a questi problemi senza crearne altri più gravi?
Ecco…queste sono le domande che in tre anni di abusi ho potuto constatare in me stessa, nei numerosi ‘’trip’’ che questo sistema mi ha gentilmente concesso, in un modo o nell’altro e considerate che la mia definizione di base senza variazione di linguaggio è immigrata di seconda generazione, malata mentale, perché bipolare.
O meglio… così loro credono…
perchè alla fine Goffman e la truppa (vorrei sottolineare che la politica è importante qui, ma non è una e una sola soltanto in questa lotta) hanno proprio ragione…e lo dicevano negli anni ‘70 all’avvenire di tutte quelle pratiche mediate e mediatiche che è stata l’inizio del neo-liberismo e degli ipotetici problemi con uno sguardo sul futuro sì ipotetico ma possibilmente reale.
E’ palese quanto sia importante per comprendere unire storie, cause e quindi conseguenze per rendere il fenomeno sensato. Questa ricerca si pone come obiettivo il voler mettere luce su questi aspetti.
ESTRATTO N.3
La critica.
Da piccola mi dicevano sempre che avrei potuto fare l’avvocato, a me è sempre piaciuto pensare di fare quello che avrei voluto fare quando sarebbe stato il momento di decidere.
Quindi, ipoteticamente, anche mai.
C’era la pubblicità (credo che il canale del digitale anche se non ho la televisione da almeno cinque anni sia tipo il 27) dove la signora e il signorotto locale d’alta borghesia provavano i materassi…ecco…quella era la cosa che mi ispirava.
Non fare nulla forse, o forse, decidere per me stessa senza vincoli su chi essere. Tolto che le aveva i tacchi e io non li porto mai, lui era pelato e abbastanza falso e boh, erano proprio persone che non consideravo degne di ascolto, televisivo tanto meno… sarà che le percepivo ‘’lontane’’ da me in tutti gli aspetti, ma anche perché forse mi rendevo conto di quanto il mondo circostante non fosse quello. Era la televisione, era uno schermo, ma in quello schermo io ci vedevo la metafora del mondo intero. Un mondo vuoto, dove per vendere una pentola ti agghindi a festa manco fosse capodanno per creare soldi nelle tasche delle persone che poi però, non rimangono mica alle persone!
E bene…il comunismo è sempre stato di casa, ma davvero mi volete dire che questa cosa è sensata?
Davvero siamo così scemi, falsi, ipocriti e a volte…ingenui?
Il Je Accuse di questo estratto è la semplice prova del fatto che sicuramente anche a te che stai leggendo sarà capitato ogni tanto (spero) di farti queste domande…spero perché capito, da lì a dare del pazzo a qualcun* è un attimo!! E quell’attimo può essere fatale per alcun* e indifferenza totale per altr*.
Al momento non c’è ben chiarezza nonostante la legge Basaglia e le numerose lotte di quali siano effettivamente le pratiche migliori per portare avanti questa questione…perchè attenzione, non dimentichiamoci che il focus di questo discorso è il REPARTINO, da cui però si possono imparare molte cose…
da lì a dare del malato mentale ad una persona per dei comportamenti ‘’stravanganti’’, ‘’fuori dalla NORMA’’, ‘’speciali’’, ‘’esuberanti’’ nei limiti che essi non siano nocivi per se stessi o per gli altri, non è un’argomentazione per fare di tutta l’erba un fascio e trascinare tutt* coloro i quali sono ‘’anormali’’ (che poi, di quale normalità si parla?) in un carcere normalizzato.
Questo non basta per abusare di questo potere per controllare chiunque abbia da dire o da fare qualcosa di diverso.
Questa è violenza e non si stanno trovando delle alternative nonostante ne abbiamo tutte le capacità…ma le volontà?
Appena ne avrò l’occasione mi piacerebbe raccogliere delle storie viste nei tre reparti di Roma, Rivoli e Torino per farne testimonianza di quanto in realtà questi problemi siano piuttosto comuni, anche magari per te che stai leggendo…
Voglio farlo perché credo sia di fondamentale importanza creare coesione nella critica costruttiva e de-costruente di un sistema impostato sul decoro, il benessere effimero e la spesa.
Che sia in termini di denaro che di vite umane.
O di CAPITALE SOCIALE così come ci chiamano da lassù oh popolo!
Ma sempre di capitale si parla…echecccavoli non se ne può più…ma possibile che abbiamo solo il profitto, la crescita, la curva che tende ad un infinito in un grafico dove la x e la y sono si assi, ma anche variabili insieme alla z?
E noi, ovviamente, non le consideriamo e manco per sogno consideriamo questo aspetto?
Credo sia di fondamentale importanza far luce su questo aspetto in merito alla constatazione del fatto che in TUTTE le tre realtà ci sia la mancata e constatata collaborazione di un’equipe non solo di medici psichiatri, ma anche di professionisti nella cura della persona come educatori, psicologi e psicoterapeuti.
ESTRATTO N.4
La pazzia.
eHHHHH (coro altisonante) e tu vorresti mettere in dubbio la medicina occidentale e tutti i lavori che sono stati fatti per arrivare a PROGRESSI del genere?’’
Io non metto in dubbio, io boicotto con tutta me stessa le pratiche violente come il TSO, come gli abusi in divisa, come il ‘’eh ma dovevamo contenerlo/a!’’ utilizzate per curare o meglio ridimensionare le persone.
Io sono contraria all’uso degli psicofarmaci senza la considerazione del trascorso personale ed individuale di ognun* di noi e sono fermamente convinta che alcune di queste pratiche vadano in qualche modo ricalcolate e rimesse in discussione.
La volontà dei piani alti ovviamente è sempre quella di ‘’preservare’’ il futuro partendo dal presente senza però considerare il passato… ‘’tieniti alle spalle quello che ti è successo…’’ ‘’ noi la tua storia non la sappiamo ‘’ (e forse neanche ci interessa?) ‘’ormai sei grande, buttati il passato alle spalle’’…
Crescere nel dolore o nella sofferenza, lor signori, crescere negli abusi e nei soprusi non significa non avere gli strumenti per andare avanti ma piuttosto avere difficoltà nel farlo e questo non può e non deve essere sanzionato o sanzionabile… le persone che ogni giorno vivono questo tipo di problematiche vanno sì aiutate, ma non con la moneta della violenza ma semmai con quella della gentilezza, mancanza riscontrata in tutti gli ambienti frequentati in questi tre anni che coinvolgono atteggiamenti sbagliati non solo di medici, ma anche degli stessi infermieri che dovrebbero essere i primi volontari nella cura dell’altro.
La violenza psicologica è a volte accompagnata da quella fisica in un contesto dove il tutto viene ribaltato secondo la logica del ‘’sano-malato’’ in cui questi termini vengono posizionati sul palco come attori principali con una dialettica narrativa nella quale non si è più sicuri di nulla se non della perdita di personificazione della persona stessa con conseguente perdita di identità progressiva…ricordo ancora i sei mesi di degenza dopo il primo incidente durante i quali per lo shock iniziale ho impiegato tutto quel tempo per ricominciare a sorridere, parlare, muovermi leggere, scrivere e fare di conto in una maniera normale…
ESTRATTO N.5
L’idea.
Questo paper si pone come obiettivo primario il voler analizzare la casistica per poi proporre una soluzione e nell’arco di questi tre anni in cui ho ricercato a lungo una risposta ai miei quesiti, posso ritenermi soddisfatta non solo di aver trovato delle idee, ma di non pensare mai che queste idee fossero bizzarre.
Se si desse la possibilità a psicologi, educatori, riabilitatori psichiatrici di permeare all’interno di queste strutture in modo tale da poter coadiuvare attività di ascolto umano ad attività ludiche come la pittura, la scrittura, la lettura, la musica, l’arte e il giardinaggio ci sarebbero degli ottimi risultati. Questo non solo perchè è bello e divertente, ma perchè tutti gli elementi elencati in precedenza sono degli ottimi catalizzatori di endorfine e serotonina che nella maggior parte dei casi sono molecole mancanti a livello biologico in tutti quei pazienti bombardati dai farmaci.
Ricordo tutti i giorni le facce sconvolte dentro il repartino, ricordo ogni giorno le lacrime delle donne che si vedevano brutte, la cattiveria degli uomini che non avevano neanche la possibilità di farsi una scappatella in pace e la vergogna sul volto dei giovani come me che sanno di non aver fatto nulla di sbagliato ma allo stesso tempo sanno di essere vittime dello stesso sistema.
Come fare per tirarsi su?
Come fare per reagire?
Io credo che il senso di comunità sia stato fondamentale in questo percorso che mi ha portata a conoscere meglio me stessa e gli altri attorno a me anche se non mi riferisco ‘’alla comunità normale’’ che starete pensando…perchè io in comunità non ci sono andata e non ci andrò dal momento che baso la mia esistenza su questo…ma ecco che invece penso a Marco (nome di fantasia) e Alessia (altrettanto nome di fantasia) che alla mia età hanno già tentato il suicidio un paio di volte e penso che tutto questo sia estremamente ingiusto. Ingiusto perchè si pensa che così facendo, ovvero portando queste persone in luoghi pseudo mistici dopo che hanno subito chissà quali ingiustizie altre, la via di salvezza sia vicina…ma come si fa a pensare a questo percorso quando ci sono già dei buchi nel mezzo della strada?
Come facciamo a passare dalla ferita al cerotto senza assicurarci che essa prima venga lavata, pulita, disinfettata e poi coperta?
Sarah Postit Destefanis