PISA: venerdì 29/09 ASSEMBLEA PUBBLICA per PARLARE dei MALTRATTAMENTI AVVENUTI ALLA STELLA c/o Newroz ore 18

  • September 22, 2023 10:19 pm

VENERDI’ 29 SETTEMBRE c/o Spazio Antagonista NEWROZ in via Garibaldi 72 a Pisa

ASSEMBLEA PUBBLICA per PARLARE dei MALTRATTAMENTI AVVENUTI ALLA STELLA MARIS di Montalto di Fauglia
Il 3 Ottobre 2023 presso il Tribunale di Pisa si terrà l’ennesima udienza, dopo tanti rinvii, per i gravi fatti avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione STELLA MARIS. Si tratta del più grande processo in Italia per maltrattamenti a persone con disabilità.

INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE

ore 18 proiezione reportage “LA STORIA DI MATTIA- Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia” prodotto dalla RAI a cura di Maria Elena Scandaliato. Sarà presente l’autrice

ore 18:30 ASSEMBLEA PUBBLICA APERTA

a seguire APERICENA

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

antipsichiatriapisa@inventati.org

PISA: venerdì 3/10 PRESIDIO sotto il Tribunale in SOLIDARIETA’ alle VITTIME dei MALTRATTAMENTI alla Stella Maris

  • September 17, 2023 10:08 pm

VERITA’ SUGLI ABUSI ALLA STELLA MARIS, SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME DEI MALTRATTAMENTI !
Il 3 Ottobre 2023 alle ore 14 saremo ancora una volta davanti al Tribunale di Pisa dove si terrà una nuova udienza per i maltrattamenti avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione STELLA MARIS. In questa ulteriore udienza dovrebbero venire sentiti gli imputati, se non ci sarà l’ennesimo rinvio funzionale evidentemente al raggiungimento della prescrizione.

Nell’estate del 2016, in seguito alla denuncia dei genitori di un giovane ospite, la struttura è stata posta sotto controllo con l’installazione di microcamere e, dopo tre mesi di intercettazioni, la Procura di Pisa, avendo prove evidenti (segnalate anche da alcune lettere anonime di dipendenti che denunciavano abusi e insabbiamenti di prove), ha configurato l’ipotesi di reato per maltrattamenti.
Tra gli ospiti della struttura, ricordiamo Mattia, morto successivamente nel 2018 per soffocamento, in seguito al blocco della glottide dovuto a un prolungato e eccessivo uso di psicofarmaci; vicenda per la quale è in corso un altro processo penale.
Il processo per maltrattamenti sta andando avanti da più di 5 anni con estrema lentezza: le udienze sono troppo diradate se si considera l’elevatissimo numero di persone invitate a testimoniare. Si tratta, infatti, del più grande processo sulla disabilità in Italia che nel periodo della pandemia (caso unico nella storia della giustizia pisana) è stato ospitato nel Palazzo dei Congressi di Pisa.

Al momento gli imputati sono 15, tra essi le due dottoresse che gestivano la struttura e il Direttore Sanitario della Stella Maris. Due imputati sono usciti di scena: un operatore che ha patteggiato la pena e il Direttore generale Roberto Cutajar che, avendo scelto il rito abbreviato, è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, poi è stato assolto nel processo d’appello. 

I genitori e i tutori e altri testimoni già ascoltati hanno riportato le violenze subite dai ragazzi di Montalto e documentate dalle videoregistrazioni che testimoniano 208 episodi di violenza in meno di quattro mesi, una violenza –quindi- non episodica ma strutturale.
Come ha scritto nella sua relazione il Consulente Tecnico, Professor Alfredo Verde, chiamato a relazionare sui fatti avvenuti: “Leggendo gli atti del presente procedimento abbiamo rinvenuto sicuramente la menzione di una lunga tradizione di abuso e violenza da parte degli operatori, radicata negli anni, e in parte tollerata, in parte ignorata della direzione delle strutture”. Ed ancora: “In queste situazioni si sviluppano degenerazioni in cui la violenza e la sopraffazione divengono gli strumenti usati ogni giorno, e l’istituzione perde le sue caratteristiche terapeutiche per divenire un luogo meramente coercitivo e afflittivo”.
Per questi motivi e per onorare tutte le vittime degli abusi psichiatrici che ancora vengono perpetrati ai danni di persone private della libertà personale, non in grado di difendersi da sole, riteniamo che sia opportuno che l’opinione pubblica segua con attenzione le vicende di questo processo. Invitiamo tutti e tutte a partecipare al
PRESIDIO in SOLIDARIETA’ alle VITTIME dei MALTRATTAMENTI
MARTEDI’ 3 OTTOBRE ORE 14 presso il Tribunale di Pisa in Piazza della Repubblica

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

PISA venerdì 29/09 ASSEMBLEA PUBBLICA sui MALTRATTAMENTI AVVENUTI ALLA STELLA MARIS di Montalto di Fauglia

  • September 5, 2023 10:02 pm

APPELLO a PARTECIPARE all’ASSEMBLEA PUBBLICA sui MALTRATTAMENTI AVVENUTI ALLA STELLA MARIS di Montalto di Fauglia


Il 3 Ottobre 2023 presso il Tribunale di Pisa si terrà l’ennesima udienza, dopo tanti rinvii, per i gravi fatti avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione STELLA MARIS. Si tratta del più grande processo in Italia per maltrattamenti a persone con disabilità. Sono coinvolte 23 famiglie, gli imputati sono 15 tra operatori, dottoresse che gestivano la struttura e il Direttore Sanitario della Stella Maris.

Nell’estate del 2016, in seguito alla denuncia dei genitori di un giovane ospite, la struttura è stata posta sotto controllo con l’installazione di microcamere. Dopo tre mesi di intercettazioni, la Procura di Pisa, ha configurato l’ipotesi di reato per maltrattamenti basandosi sui materiali video accumulati.
I genitori, i tutori e altri testimoni già ascoltati dal Tribunale hanno riportato le violenze subite dai ragazzi di Montalto e documentate dalle videoregistrazioni: 208 episodi in meno di quattro mesi, una violenza –quindi- non episodica ma strutturale.

Tra gli ospiti della struttura vittime dei maltrattamenti, ricordiamo Mattia, morto nel 2018 per soffocamento, in seguito al blocco della glottide dovuto a un prolungato ed eccessivo uso di psicofarmaci; vicenda per la quale è in corso un altro processo penale.

L’Istituto scientifico – Ospedale specializzato – Centro di assistenza Stella Maris si occupa di assistenza e cura dei disturbi e delle disabilità dell’infanzia e dell’adolescenza. La Stella Maris di fatto è un’istituzione privata convenzionata con il pubblico gestita dalla Curia di San Miniato e finanziata con soldi pubblici dalla Regione Toscana, che nonostante la gravità degli abusi non ha ritenuto opportuno costituirsi come parte civile al processo.

Riteniamo importante che nella nostra città si discuta di questi gravi avvenimenti, messi in sordina dai media nazionali.

Per questo motivo invitiamo tutte le realtà che da anni si impegnano nelle lotte sociali, in difesa della sanità pubblica e tutte le persone interessate che possono arricchire il dibattito con le loro esperienze personali a partecipare all’ASSEMBLEA PUBBLICA che si terrà VENERDI’ 29 SETTEMBRE presso lo Spazio Antagonista Newroz in via Garibaldi 72 a Pisa.

*Ore 18 proiezione reportage “LA STORIA DI MATTIA- Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia” prodotto dalla RAI a cura di Maria Elena Scandaliato. Sarà presente l’autrice

*ore 18:30 ASSEMBLEA PUBBLICA APERTA

a seguire APERICENA

INVITIAMO TUTTE/I A PARTECIPARE ANCHE AL PRESIDIO in SOLIDARIETA’ alle VITTIME dei MALTRATTAMENTI che si terrà MARTEDI’ 3 OTTOBRE ORE 14  presso il Tribunale di Pisa in Piazza della Repubblica

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

documento dell’ Assemblea Rete Antipsichiatrica: IN QUESTO PAESE I MORTI NON SONO TUTTI UGUALI

  • September 4, 2023 4:25 pm

IN QUESTO PAESE I MORTI NON SONO TUTTI UGUALI

Nessuna morte lascia indifferenti, e l’omicidio della dottoressa Barbara Capovani ci ha colpito profondamente. Una morte sul lavoro e un femminicidio, ennesimi di una serie troppo lunga. Un omicidio efferato. Per noi dei collettivi antipsichiatrici, che da anni assistiamo attivamente le vittime dell’abuso psichiatrico e ne denunciamo pubblicamente e convintamente gli eccessi e le storture, la spaventosa morte della psichiatra pisana ha rappresentato un momento di riflessione profonda. Le righe che seguono rappresentano dunque un doveroso approfondimento frutto del nostro confronto interno.

Perché questo terribile evento deve giustamente far riflettere sotto diversi punti di vista.

Senza minimizzare in alcun modo la specificità della violenza perpetrata e subita, non possiamo fare a meno di contestualizzare quanto accaduto all’interno dell’effetto amplificatore di una violenza sistemica che permea l’intera istituzione psichiatrica. Il sistema psichiatrico è strutturalmente fondato su dispositivi oppressivi mascherati da “cura” che circolano nascostamente in tutte le relazioni, pronti a scatenarsi alternativamente sui soggetti – sempre i più deboli, per un motivo o per l’altro – che lo attraversano, almeno finché non viene denunciata pubblicamente ed esplicitamente affrontata.

Nel corso degli ultimi anni numerose sono state le morti violente sia all’interno dei reparti psichiatrici sia durante gli interventi delle forze dell’ordine nell’attuare i TSO (Trattamenti Sanitari Obbligatori). Doveroso ricordare alcuni dei casi più dolorosi: Giuseppe Casu legato al letto per una settimana nel SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) di Cagliari nel 2006. Francesco Mastrogiovanni legato 87 ore nel SPDC di Vallo della Lucania nel 2009. Mauro Guerra morto nel luglio 2015 in provincia di Padova ucciso da un carabiniere mentre cercava di sottrarsi a un TSO illegittimo e illegale. Andrea Soldi morto soffocato durante un TSO ad opera di tre vigili urbani in presenza di uno psichiatra a Torino nell’agosto del 2015. Elena Casetto, una ragazza di 19 anni bruciata viva perché legata a un letto nel SPDC di Bergamo nell’agosto 2019. Matteo Tenni, aprile 2021, che per non essersi fermato a un posto di blocco, non avendo con sè la patente, viene ucciso sotto casa davanti agli occhi della madre da un colpo di arma da fuoco sparato dai carabinieri, nonostante fossero a conoscenza che Matteo era seguito dai servizi psichiatrici sul territorio. Nello stesso anno, nel mese di dicembre, Wissem Abdel Latif muore dopo essere stato legato più di 100 ore in un corridoio del reparto psichiatrico dell’ospedale San Camillo di Roma. Fino alla recentissima morte di Simone Di Gregorio che, ad agosto del 2023 a San Giovanni a Teatino, corre nudo per strada e muore in ambulanza dopo che i carabinieri gli sparano (“…per far calmare l’uomo…”) ben due volte con il taser e gli viene somministrata una dose di psicofarmaci.

L’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

Tali drammatici episodi avrebbero dovuto suscitare clamore e dibattiti, ma così non è stato, quasi fossero persone di serie B. Ci domandiamo perché i giornali, le televisioni e la maggior parte degli operatori e del personale sanitario che lavora nei servizi di salute mentale non prenda posizione contro i metodi coercitivi e manicomiali che hanno portato a tali violente morti.

Nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica. Ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali e penitenziarie italiane.

Oltre al ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica, continua ancora oggi a prevalere in molti servizi psichiatrici un atteggiamento violento, custodialistico e l’impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali: obbligo di cura, porte chiuse, grate alle finestre, sequestro dei beni personali, limitazione e controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini. Ad oggi in Italia abbiamo 329 reparti psichiatrici, gli SPDC e circa 3200 strutture psichiatriche residenziali e centri diurni sul territorio dove in molti casi si sono conservati gli strumenti propri dei manicomi, quali il controllo del tempo, dei soldi, l’obbligo delle cure, il ricorso alla contenzione e l’elettroshock. Ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock (praticato anche nei reparti SPDC, come quello dell’ospedale Santa Chiara di Pisa) rimane una terapia invasiva, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche come il TSO, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. Il percorso di superamento dell’elettroshock e di tutte le pratiche non terapeutiche (obbligo di cura, contenzione meccanica e farmacologica, internamento) deve essere portato avanti e difeso in tutti i servizi psichiatrici, in tutti i luoghi e gli spazi di cultura e formazione dove il soggetto principale è una persona, che insieme ai suoi cari, soffre una fragilità. Siamo convinti che ci siano persone, tra coloro che operano all’interno delle strutture sanitarie, che si rifiutano di essere complici di questo sistema di oppressione e che preferiscono slegare piuttosto che contenere, ascoltare piuttosto che mettere a tacere con i farmaci, essere solidali con chi si sottrae alle logiche di competizione. Sono loro che vorremmo al nostro fianco.

Altre violenze quotidiane all’interno delle tante strutture psichiatriche pubbliche o private convenzionate disseminate nel territorio nazionale sono meno eclatanti ma ugualmente oppressive: i colloqui con lo psichiatra spesso sono troppo brevi, giusto il tempo per darti la terapia e senza la possibilità di essere ascoltati o di esprimere i dubbi e le difficoltà. Si è obbligati a frequentare i servizi psichiatrici e costretti ad assumere psicofarmaci spesso per il resto della vita, proprio come un “diabetico prende l’insulina”. Inoltre la possibilità di ricevere un piccolo stipendio induce le persone, in carico ai centri d’igiene mentale, ad accettare spesso lavori umilianti, sottopagati, ripetitivi e poco stimolanti. L’unico interesse della psichiatria non sembra essere quello dichiarato della “cura”, ma la progressiva cronicizzazione del malessere: tutte le altre discipline mediche hanno come obiettivo la dimissione del malato, il sistema psichiatrico, invece, ti prende in carico a vita.

Altro discorso riguarda le fallimentari politiche sanitarie e i trent’anni di continui tagli che hanno reso i pronto soccorsi e gli altri reparti ospedalieri sempre più simili a catene di montaggio: tempi stretti, ricette e farmaci (obbligatori nei Centri di Salute Mentale). C’è sempre meno attenzione alle relazioni e all’empatia verso le persone in difficoltà.

E non è un caso che, mentre si taglia la sanità, la Regione Toscana preveda lo stanziamento di 5 milioni di euro per ampliare la già esistente REMS (Residenza Sanitaria per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) di Volterra. Occorre sapere che la legge 81/2014 riserva agli autori di reato dichiarati “totalmente o parzialmente incapaci di intendere e di volere per infermità mentale” – definiti “folli rei” – un iter giudiziario diverso da quello destinato ai detenuti comuni, che prevede le REMS, istituite, appunto, dopo la chiusura degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari). In questo iter giudiziario la pericolosità sociale di derivazione manicomiale la fa ancora da padrona. Con le REMS viene infatti ribadito il collegamento inaccettabile cura-reclusione riproponendo lo stigma manicomiale. Ci si collega a sistemi di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri, ricostituendo in queste strutture tutte le caratteristiche dei manicomi. La proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente sanitarie, consegna agli psichiatri la responsabilità della custodia, ricostituendo in concreto il dispositivo cura-custodia, e quindi responsabilità penale del curante-custode. Tradotto significa l’inizio di un processo di reinserimento sociale infinito, promesso ma mai raggiunto, legato indissolubilmente a pratiche e percorsi coercitivi, obbligatori e contenitivi. Il manicomio non è una struttura è un criterio. Non è solo una questione di dove e come lo fai, se c’è l’idea della persona come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre un manicomio. Il problema resta l’isolamento del soggetto dalla realtà sociale per la sua incapacità di adattamento nei confronti di un mondo su cui nessuno muove mai alcuna questione e che nessuno mette mai in discussione. Sarebbe essenziale superare il modello di internamento, non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Non tutti però finiscono nelle REMS. Nelle carceri sono state istituite le Articolazioni Tutela Salute Mentale per quelle detenute e quei detenuti con una valutazione psichiatrica sopravvenuta alla detenzione, quindi successiva al giudizio – definiti “rei folli” – e che non possono perciò accedere alle REMS, che prevedono inoltre già di per sé lunghe lista di attesa. Le Articolazioni Tutela Salute Mentale sono luoghi di annichilimento della personalità che esasperano la sofferenza della detenzione con l’isolamento prolungato, la contenzione psicologica, fisica e farmacologica. Si tratta di strutture che non solo non hanno nulla di “terapeutico” ma che nascono proprio per la necessità dell’istituzione penitenziaria di contenere e sedare le intemperanze dei ristretti in relazione al contesto detentivo. Voragini su cui non vogliamo siano spenti i riflettori. Veri e propri manicomi all’interno delle carceri.

E poi c’è l’abuso di psicofarmaci all’interno dei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) che, come testimoniato da più parti, vengono profusi anche con il cibo senza che le persone siano, quindi, consapevoli di assumerli. Lì non è previsto alcun consenso così che, addormentati e storditi, non diano fastidio, non avanzino richieste e accettino le terribili condizioni di vita all’interno di quei luoghi, pregni del più becero razzismo. Condizioni che il Ministro Piantedosi ha definito “non gradevoli”. Non staremo qui ad entrare in modo dettagliato in cosa esattamente consista questa non gradevolezza. Ci sono diverse fonti da cui poter attingere informazioni a riguardo.

Ciò che vogliamo sottolineare è che tutti questi luoghi di detenzione, prima o poi, apriranno le loro porte facendo uscire soggetti ormai assuefatti e dipendenti da psicofarmaci e assolutamente debilitati dal loro uso. Una folla di persone, ora sì, malate e comunque non certo in salute considerate le conseguenze psico-fisiche provocate dal protrarsi dell’assunzione di quei farmaci.

Siamo ben lontani, quindi, dalle facili strumentalizzazioni e prese di posizione (articoli, trasmissioni, dichiarazioni di esponenti politici o dei “soliti esperti”) molto discutibili che hanno cavalcato la notizia della tragica fine della psichiatra pisana. Alcuni, in nome della sicurezza e del controllo sociale, sono giunti addirittura a chiedere la riapertura dei manicomi. Non sono mancati neanche attacchi alla Legge 180 e ai movimenti antipsichiatrici critici verso i sempre più frequenti abusi nell’ambito della salute mentale. Molti difensori del modello organicista hanno cercato di sfruttare questa tragedia per screditare coloro che mettono in seria discussione il modello psichiatrico coercitivo.

Continueremo a lottare con forza contro ogni forma di manicomio e di coercizione (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale. Un concreto percorso di superamento delle pratiche psichiatriche passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non etichettante, senza pregiudizi e non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà, di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.

Assemblea Rete Antipsichiatrica

assembleaantipsichiatrica@inventati.org

COMUNICAZIONE PAUSA ESTIVA

  • August 6, 2023 10:14 pm
Le attività del Collettivo Artaud verranno sospese per le prossime due settimane. Il telefono resta attivo 335 7002669. Le assemblee settimanali riprenderanno da martedì 22 agosto e lo sportello d’ascolto antipsichiatrico riprenderà martedì 29 agosto . Per eventuali urgenze e per fissare eventuali incontri telefonateci al 335 7002669 oppure contattateci vie mail a antipsichiatriapisa@inventati.org

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
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MOUSTAFÀ FANNANE: ENNESIMA VITTIMA DEL SISTEMA CPR

  • July 30, 2023 9:12 pm

MOUSTAFÀ FANNANE: ENNESIMA VITTIMA DEL SISTEMA CPR
ovvero una morte sospetta per abuso di psicofarmaci dopo la detenzione in un Centro Per il Rimpatrio

Il 19 Dicembre 2022 a Roma è venuto a mancare Moustafà Fannane, classe 84, originario della città marocchina di Fqih Ben Salah. Ennesima morte sospetta per abuso di psicofarmaci.

Moustafà era giunto in Italia nel 2007, come molti suoi conterranei alla ricerca di un futuro migliore, e per un periodo di tempo aveva svolto una vita regolare fatta di lavoro al fine di aiutare la famiglia in Marocco in grave difficoltà economica. Descritto dai suoi conoscenti come persona gentile e educata, nel 2014 comincia ad avere delle difficoltà, perde il lavoro e l’alloggio. Come se non bastasse in questa situazione drammatica e precaria nel 2015 viene raggiunto da un decreto di espulsione, circostanza che non sarebbe mai stato in grado di affrontare dal punto di vista legale viste le condizioni in cui versava.

Nel 2019 viene trattenuto per sei mesi presso i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Roma e Torino. Nell’estate 2020 nonostante la sua condizione di disagio psicologico e socio-economico verrà nuovamente condotto nel CPR. Molti residenti, nel quartiere Torpignattara a Roma dove viveva, hanno giudicato tale misura del tutto ingiusta e inappropriata nei confronti di una persona che aveva bisogno di cure e sostegno. Nell’agosto 2022 viene nuovamente arrestato e condotto nuovamente nel CPR. Verrà ritenuto idoneo a rimanere recluso. Durante questo ultimo trattenimento, in contatto con una sua conoscenza lamenterà di essere affetto da un gonfiore a carico del volto di cui non sa spiegare il motivo, circostanza notata poi da molte altre persone una volta uscito le quali sono rimaste molto sorprese dalle sue condizioni definite come qualcosa di simile a un abuso di psicofarmaci, apatia, pallore. Nella documentazione rilasciata dal centro ai legali dei familiari non risultano fogli di dimissioni, pertanto dopo 3 mesi di terapia basata sulle 25 – 50 gocce giornaliere di Diazepam, Moustafà viene rilasciato senza nessuna indicazione terapeutica o prescrizione di visita specialistica. Verrà rinvenuto in strada privo di sensi e troverà la morte nell’ospedale Vannini a sole tre settimane dal rilascio dal CPR.

Sappiamo bene che sono gli psicofarmaci lo strumento principale di gestione delle persone recluse nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio dei migranti. Antiepilettici, antipsicotici, antidepressivi e metadone: “servono per stordire donne e uomini in modo che mangino di meno, restino più tranquilli e resistano di più al sovraffollamento, nelle gabbie in cui vengono stipati. All’ente gestore gli psicofarmaci costano meno del cibo e permettono di riempire maggiormente i CPR e allungare il tempo di permanenza di ciascun migrante nella struttura, in modo da aumentare i guadagni”. Presso i CPR “non sono previste attività, le giornate sono tutte uguali; un operatore ci ha raccontato che gli psicofarmaci sono usati per stordire le persone così “mangiano di meno, fanno meno casino, rivendicano di meno i loro diritti”. La spesa per gli psicofarmaci è altissima mentre la tutela della salute all’interno dei CPR non è affidata a figure specialistiche che lavorano per il Ssn bensì da assunti da enti gestori che mirano a risparmiare”. Sui numeri: rispetto all’esterno, su una popolazione di riferimento simile, la spesa in antidepressivi, antipsicotici e antiepilettici nella struttura di via Corelli a Milano è di 160 volte più alta, al CPR di via Brunelleschi a Torino 110, a Roma 127,5, a Caltanissetta 30 e a Macomer 25. Addirittura a Roma, in cinque anni, sono state acquistate 154.500 compresse di Buscopan su un totale di 4.200 persone transitate. In media, 36 pastiglie a testa quando un ciclo ‘normale’ ne prevede al massimo 15. A Torino la spesa in Clonazepam (Rivotril) dal 2017 al 2019 è di 3.348 euro, quasi il 15% del totale (22.128 euro) mentre a Caltanissetta tra il 2021 e il 2022 sappiamo che sono state acquistate 57.040 compresse: 21.300 solo nel 2021, a fronte di 574 persone trattenute. Significa mediamente 37 a testa. Anche a Milano il Rivotril rappresenta la metà del totale della spesa in psicofarmaci con 196 scatole acquistate in soli cinque mesi.1

Questa triste vicenda dai molti punti ancora oscuri ci invita a interrogarci come sia stato possibile che una persona in difficoltà come Moustafà sia potuto essere stato soggetto a numerosi arresti e trattenimenti presso dei CPR; se le Istituzioni abbiano mai realmente provato a fare qualcosa per questa persona. Ci domandiamo anche se il rispetto e la tutela della salute dei reclusi dentro i CPR siano garantiti a partire dalle visite mediche.

Per il momento per la morte di Moustafà è stato aperto un procedimento presso la Procura di Roma. Ci auguriamo che venga fatta chiarezza sulle reali cause del decesso di Moustafà che cercava solo una vita migliore.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
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1https://altreconomia.it/rinchiusi-e-sedati-labuso-quotidiano-di-psicofarmaci-nei-cpr-italiani/

UN GIORNO TIPO NELLA RESIDENZA PSICHIATRICA AD ALTA PROTEZIONE. “CURA”, O “CONTENIMENTO”?

  • July 26, 2023 5:53 pm

Riceviamo e pubblichiamo questo scritto su come i reclusi in una residenza psichiatrica ad alta protezione trascorrono le giornate. Sotto il link dove potete trovare il racconto con i disegni.

http://anatasio.altervista.org/una-giornata-nella-residenza-psichiatrica-ad-alta-protezione-cura-o-contenimento/?doing_wp_cron=1690315647.2039849758148193359375

UN GIORNO TIPO NELLA RESIDENZA PSICHIATRICA AD ALTA PROTEZIONE. “CURA”, O “CONTENIMENTO”?

Come sono trascorse le giornate dai detenuti in una residenza psichiatrica ad alta protezione? E’ presto detto; sebbene la detenzione in ospedale sia assai meglio rispetto a quella sperimentata in carcere, la vita in una struttura psichiatrica forense, è essenzialmente sonno e attesa. Una estenuante attesa di ciò che forse arriverà mai più per nessuno dei detenuti: il ritorno alla vita “normale”.

Le strutture psichiatriche ad alta protezione, più che dei luoghi di cura, sembrano cronicari senza via d’uscita. I servizi di salute mentale di zona, muovono intense resistenze a riprendere in cura sul territorio il folle una volta che questo è entrato nel circuito forense. Vi sono folli detenuti nel circuito forense da 4, 8 o 12 anni, talvolta a causa di reati bagatellari.

Tra le 08:00 e le 08:30 c’è la sveglia. Si può fare la doccia, cambiarsi d’abito, e riordinare il letto. Alle 08:30 noi detenuti siamo ammassati nel locale di disimpegno dell’area notte, per essere quindi tradotti nei locali dell’area giorno. Osservarci deambulare attraverso il cortile del comprensorio medico è patetico. Ci spostiamo alla spicciolata, ciondolando e strascicando i piedi, come un gruppo sparuto di folli dimenticati dal mondo. I ventri, prominenti come botti, ballonzolano su piedi che paiono sfuggire la presa del terreno come se sferici, oscillando attaccati a gambette che paiono di gomma. Ci muoviamo muti, tristi, contriti e avviliti, come vergognosi della nostra misera condizione. La struttura ci omaggia gli abiti, nel caso che noi non si abbia una famiglia che possa provvedere. Siamo ben vestiti, degli abiti sicuramente non ci possiamo lamentare! Quanto ai farmaci, il discorso è diverso: non c’è nessuno di noi che scampi i pesanti effetti collaterali degli psicofarmaci che ci somministrano con abbondanza. Questi abbracciano tutto lo spettro ammissibile: sindrome metabolica, diabete, discinesia, tremori Parkinson-simili, acatasia.

Molti detenuti all’ergastolo bianco hanno la sensazione di essere caduti in un pozzo nero senza uscita. Senza prospettive di vita innanzi, è facile abbandonare ogni speranza e ogni velleità. Autostima e fiducia in se stessi crollano presto.

Negli ampi e spaziosi locali dell’area giorno, puntualmente, tra le 08:30 e le 09:30 è distribuita la colazione: latte, the, caffè d’orzo e fette biscottate. Pare di essere ad un punto di ristoro della Croce Rossa. Nell’infermeria attigua al refettorio che svolge anche funzioni d soggiorno, ci somministrano gli psicofarmaci del mattino, e scegliamo cosa mangiare per il pranzo e la cena dell’indomani. Dopo due o tre anni di reclusione, il vitto, sempre uguale a se stesso, non si gusta più: si ingurgita come per dovere. Nella struttura ospedaliera in cui siamo reclusi comunque il cibo è assai meglio di quello scadente somministrato in carcere. Abbiamo anche la possibilità di scelta tre tre diverse portate!!! Una volta alla settimana, il sabato, un gruppo di detenuti cucina per tutti i reclusi. Possiamo allora sperimentare per vitto qualcosa di diverso e saporito, di insolito e vivificante.

Tra detenuti della struttura forense ad alta protezione si tende a socializzare poco. Forse in quanto ristretti in spazi limitati e privati delle libertà, tendiamo a mantenere fra di noi detenuti la massima riservatezza.

Tra le 09.30 e le 12:00, non sappiamo cosa fare e come impegnare il tempo; assonnati e intontiti dai farmaci, deambuliamo nell’area giorno. Qualche recluso talvolta cerca di sdraiarsi a dormire sul pavimento dei locali, o d’estate sul prato, ma questo non è consentito dal regolamento. Spesso, in molti, appoggiano il capo al tavolo del refettorio, sulle braccia conserte, e dormono seduti. I meno sedati fanno qualche partita a carte, seguono qualche trasmissione televisiva, o leggono il giornale.

Diversi detenuti della comunità hanno contatti scarsi o nulli con il mondo esterno a quello reclusorio. Guardare la televisione o ascoltare musica sui cellulari sono le principali vie di evasione e di contatto con il mondo.

Alle ore 12:00 puntuale, arriva cigolando il carrello con i contenitori termici del pranzo, inviato dalla cucina dell’ospedale. Per me il pranzo è il momento più triste della giornata. Per non disturbare gli operatori che lo somministrano, siamo incolonnati davanti al gabbiotto del cibo, zitti, muti, avviliti. Una volta avuto il vitto, silenziosi trasciniamo i piedi e ci spostiamo a sedere ai tavoli del refettorio. Consumiamo il pasto in silenzio, senza parlare, e senza convivialità. Come chi deve. I farmaci mettono fame: mangiamo con fretta e voracità, ingurgitando i bocconi ma senza gustare. Alle 12:30, puntualissimi, sparecchiamo. I detenuti di turno lavano le stoviglie, puliscono tavoli e pavimento del refettorio. I detenuti che non sono di turno nelle pulizie attendono in cortile, deambulando muti su gambe che paiono molle di gomma, oppure seduti ai tavoli di plastica del cortile, ascoltando musica. Tra le 13:30 e le 14:00 ci somministrano gli psicofarmaci. Siamo quindi aggruppati sullo spiazzo asfaltato, e spinti a muoverci dagli operatori attraverso il cortile del comprensorio medico verso l’area notte, come una dolente mandria di barcollanti e tremebondi ebeti sconfitti.

Nel rapporto con il detenuto, l’operatore dedica molta energia a spiegare opportunità e necessità della reclusione. Nel disegno, una operatrice che spiega come per tornare liberi è necessario “molto tempo”.

Tra le 14:00 e le 16:00, dormiamo. Non più accasciati con la testa reclinata sulle braccia conserte appoggiate sui tavoli, ma nei comodi letti. Capita raramente di non avere sonno o di avere voglia di muoversi nella struttura, blindata e chiusa, dell’area notte. Per lo più, il soggiorno dell’area notte è quasi completamente deserto: i farmaci che ci somministrano paiono dosati per farci dormire tutti 14 ore al giorno abbondanti, nessuno escluso. Alle 16:00, a fatica, gli operatori psichiatrici ci svegliano e ci fanno scendere dai letti. Ci riuniscono nei locali di disimpegno per condurci nuovamente all’area giorno. La raggiungiamo attraverso il cortile inerbito e alberato del complesso ospedaliero. Ci muoviamo silenziosi e scuri, ombrosi, barcollanti, ancora una volta in muta attesa di qualcosa che non arriva, quale mandria dolente di umanità dolente e sconfitta.

Il gioco delle carte è uno dei pochi passatempi socializzanti praticati nella struttura forense ad alta protezione. Al gioco delle carte partecipano anche infermieri ed OSS. I detenuti della struttura forense sono comunque poco inclini a socializzare: forse per socializzare c’è bisogno di gioia e libertà!!!

Tra le ore 16:00 e ore 19:00 attendiamo nell’area giorno, senza sapere come occupare il tempo. I più intontiti dai farmaci dormono con la testa reclinata sulle braccia conserte, seduti ai tavoli del refettorio; quelli meno sedati giocano a carte, leggono il giornale o seguono spettacoli televisivi.

Nel corso dei colloqui e delle terapie di gruppo, è facile che l’argomento scelto dal “terapeuta” sia l’attualità. In questo caso è utile, per sostenere la conversazione, aver letto il giornale o guardato la televisione. Sulla vita passata dal detenuto, sulla sua vita pregresse e sulle sue aspettative di vita sono poste poche attenzioni.

Alle ore 19:00, puntuale, arriva sferragliante e tintinnante il carrello con le razioni della cena Vengono spente la televisione e tutti i dispositivi elettronici; si mangia in silenzio, ai nostri tavoli abituali, quelli decisi dagli operatori psichiatrici al nostro arrivo in struttura. Alle ore 19:30 abbiamo finito e consumato il pasto. Sparecchiamo i tavoli, e chi è di turno pulisce le stoviglie, i tavoli e il pavimento del refettorio. Alle ore 20:00 gli operatori psichiatrici della struttura ci riportano nell’area notte, dove ci somministrano gli psicofarmaci della sera e andiamo quindi a dormire.

Nell’area notte della struttura, c’è un ampio soggiorno in cui troneggia la televisione. Per chi si alza presto il mattino o che tarda ad addormentarsi la sera, è una occasione per guardare film o telegiornali in solitudine.

Dalle ore 20:00 alle ore 08:00 dormiamo nelle nostre stanza un sonno nero, greve, sudato e senza sogni, percorso come dalle scosse elettriche della discinesia tardiva, o accartocciati su noi stessi, o comunque accasciati nei letti in posizioni innaturali e bizzarre. A vederci sdraiati tutti insieme, a colpo d’occhio, sembriamo birilli lanciati per aria e lasciati cadere a terra da un gioco cosmico senza senso alcuno.

 

LINK per vedere il reportage “La STORIA DI MATTIA – Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia ”

  • July 25, 2023 9:46 pm

https://www.rainews.it/rubriche/spotlight/video/2023/07/Spotlight-del-25072023-d08c6796-2baf-4725-aec4-d6ec2d18133d.html

Questo è il link per vedere il reportage andato in onda domenica 23 luglio su Rainews24 dal titolo “La STORIA DI MATTIA – Il più grande processo per maltrattamenti ai disabili in Italia ” a cura di Maria Elena Scandaliato. Un’ indagine sulla morte di Mattia Giordani e sui maltrattamenti avvenuti nel 2016 nella struttura per disabili di Montalto di Fauglia in provincia di Pisa gestita dalla fondazione della Stella Maris.

reportage “La STORIA di MATTIA” domenica 23/07 su RaiNews24

  • July 18, 2023 10:51 pm
Domenica 23 luglio su Rainews24 alle ore 10:30 andrà in onda il reportage “La STORIA DI MATTIA” a cura di Maria Elena Scandaliato. Un’ indagine sulla morte di Mattia Giordani e sui maltrattamenti avvenuti nel 2016 nella struttura per disabili di Montalto di Fauglia in provincia di Pisa gestita dalla fondazione della Stella Maris. Da settembre verrà messo in rete e sarà disponibile sul canale RAIPLAY.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

Link VIDEO TRASMISSIONE “Il Diritto Fragile” dove abbiamo parlato dei MALTRATTAMENTI alla Stella Maris

  • June 28, 2023 10:01 pm

https://www.youtube.com/watch?v=YaXUHf4z7Lg

Questo è il link per vedere la trasmissione “il Diritto Fragile” dell’associazione Radicale “Diritti alla Follia” a cui abbiamo partecipato, come collettivo Artaud, insieme a Sondra Cerrai per parlare dei maltrattamenti avvenuti nell’estate del 2016 all’interno della struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione STELLA MARIS e della morte di Mattia Giordani.

VERITA’ SUGLI ABUSI ALLA STELLA MARIS, SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME DEI MALTRATTAMENTI!

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669