ANTIPSICHIATRIA A CANAPISA 2011
Come collettivo antipsichiatrico contrastiamo la logica proibizionista che alimenta la medicalizzazione di massa e favorisce l’espandersi della psichiatria; motivo per cui anche quest’anno partecipiamo alla manifestazione/ street parade antiproibizionista CANAPISA che si terrà a Pisa sabato 28 maggio in piazza S.Antonio alle ore 17 portando le nostre istanze antipsichiatriche e ribadendo con forza il diritto a manifestare e ad esprimere le proprie opinioni.
PSICOFARMACI: DROGHE LEGALI OBBLIGATORIE
Oggi  l’istituzione psichiatrica continua ad essere uno strumento di  esclusione e controllo, ed ha enormemente ampliato il suo bacino  d’utenza aumentando di anno in anno il numero delle “malattie mentali”  da curare, ossia dei comportamenti “devianti” da uniformare. Tra questi  rientra il consumo di sostanze psicoattive, che, se in passato era  considerato un vizio, un piacere, oggi diviene sintomo di un disagio da  trattare con cure psichiatriche, trasformando un problema sociale in una  questione sanitaria. Grazie al decreto Fini-Giovanardi ed alle nuove  proposte di legge in materia psichiatrica, si è rafforzato il legame  proibizionismo-psichiatria ed i consumatori di sostanze illegali sono  diventati merce per le multinazionali farmaceutiche e per l’industria  del recupero e della riabilitazione sulla base di una doppia diagnosi  che li vede “malati mentali” in quanto drogati e “drogati” a causa della  loro malattia mentale. 
Nonostante si dimostri proibizionista nei  confronti di chi consuma volontariamente sostanze, la psichiatria  diffonde sul mercato molecole psicoattive e somministra trattamenti  farmacologici che, oltre ad essere spacciati ipocritamente come  “terapeutici”, sono spesso introdotti coercitivamente nel corpo! 
Gli  psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della  sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni,  rallentano i percorsi cognitivi e ideativi contrastando la possibilità  di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione  del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali  classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le  loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti  da un medico e commercializzate in farmacia.
Siamo contro l’obbligo  di cura, infatti non siamo a priori contro l’utilizzo di psicofarmaci ma  pensiamo che spetti all’ individuo deciderne in libertà e  consapevolezza l’assunzione. Sentiamo pertanto l’esigenza di contrastare  ancora una volta il perpetuarsi di tutte le pratiche psichiatriche e di  smascherare l’interesse economico che si cela dietro l’invenzione di  nuove malattie per promuovere la vendita di nuovi farmaci. Il fine  contenitivo di tali sostanze è evidente: la distribuzione di  psicofarmaci è oramai prassi diffusa anche all’interno di altre  istituzioni totali. Nei CIE (centri identificazione ed espulsione) gli  psicofarmaci vengono spesso somministrati sia nascosti negli alimenti  che forzatamente. E’ emblematica la storia, avvenuta ad inizio maggio  2011, di un detenuto (nel CIE  di Bologna) a cui sono stati dati 40 mg  (800 gocce) di Tavor, (un fortissimo ansiolitico comunemente utilizzato  per trattare l’ansia e l’insonnia). Considerato che la dose consigliata  dal produttore oscilla tra gli 1 e i 4 milligrammi, risulta chiaro che  una somministrazione di 40 milligrammi non rientri in un approccio  terapeutico ma sia bensì finalizzata alla contenzione chimica; usata al  fine di convincere il detenuto a prendere un aereo che l’avrebbe  rimpatriato. Le carceri italiane favoreggiano l’uso diffuso, abituale  (tre volte al giorno) ed indiscriminato di sedativi, soprattutto  benzodiazepine, per tenere a bada attraverso le cure psichiatriche i  detenuti, che, pur non facendo uso di stupefacenti , vengono così  indirizzati  verso la psicofamacologia. Invece di avere come fine  primario la salute dei detenuti, i medici diffondono l’uso di  psicofarmaci, che permette di controllare chimicamente l’umore, di  lenire l’ansia della carcerazione. L’istituzione carceraria si serve  della psichiatria  per stemperare il conflitto, e garantirsi così un più  semplice controllo della massa dei detenuti, costretti a subire gravi  situazioni di degrado e sovraffollamento.
Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud- Pisa 
antipsichiatriapisa@inventati.org / www.artaudpisa.noblogs.org
