MEMORIE DAL TSO di Sarah Postit Destefanis
Riceviamo e pubblichiamo MEMORIE DAL TSO Dalla ferita al cerotto o dal cerotto alla ferita?
di Sarah Postit Destefanis
MEMORIE DAL TSO
Dalla ferita al cerotto o dal cerotto alla ferita?
ESTRATTO N.1
La vita.
Sono nata il 26 Ottobre del 1994, in un ospedale alle porte di Torino, Chieri, una città che da piccola mi pareva sempre simile alle fortezze medievali anche se non è che ne sapessimo molto della sua storia all’interno della nostra famiglia… eravamo solo io e mia mamma.
Vivevamo in una casetta al limite del bosco, proprio come si leggeva nelle storie di Cappuccetto Rosso, delle sue angherie con i lupo cattivo, ma sempre sotto la protezione della nonna…mi sentivo un po’ così, contando però che il mio cappuccio è sempre stato tendente al nero. Si perché devi sapere che la mia storia in realtà arriva da molto più lontano, io arrivo anche dall’Africa… lo stato, anche se a me piacerebbe avere la possibilità di non chiamarlo tale, è il Sudan, una terra gremita da problemi sociali da che si ha memoria…lotte, conflitti per i diritti civili, morte, profughi…e mio padre era uno di questi.
Lui però era stato fortunato perché la sua famiglia essendo ricca gli aveva potuto permettere di scappare in uno dei paesi più sicuri ( o securitari?) del mondo degli anni ‘80: la Cina. Ed è lì che si sono incontrati e separati…ed è da lì che inizia la storia vera…
Mia madre è una donna che fino ai miei dieci anni amavo alla follia.
Bella, o almeno per me lo era…sarà che era la mia e quindi era per forza bella, bionda, occhi azzurri intensi, una bella voce che ti svegliava al mattino con dolcezza e calma perché era in grado di vedere le angherie del mondo ma abile nel trasformarle in bellezza quotidiana….dai piccoli gesti, alle carezze, al bacio prima di lasciarti a scuola perché ‘’no li, io non ci voglio stare perché voglio stare a casa con te’’ …’’io devo lavorare Sarah, non posso stare con te, quindi vai adesso e alle quattro e mezza viene il nonno…’’. Tutti i giorni era così e io tutti i giorni pensavo a quanto fosse ingiusto che noi tuttu subissimo questo. Ma non ‘era altro da fare che rassegnarsi alla condizione e cercare delle vie alternative almeno per renderlo bello.
Un giorno tornai a casa, era già il tempo delle ultime volte alle elementari, quando sta per iniziare il tempo delle medie, e notai il lei una sorta di cambiamento…come se una maledizione fosse scesa sulla nostra casa e avesse distrutto tutto quello che avevamo creato: fiori, piante, bellezza, musica, amore. La casa era distrutta, i miei ricordi non sono più nitidi da quella volta, e lei era come se si si fosse trasformata…
Lei fumava, beveva, fumava, beveva e lavorava e avanti così per anni, anni e anni con tanto di violenza data e ricevuta..ed è quel giorno che ho scoperto cosa volesse dire davvero dipendere da un qualcosa, di come le cosiddette sostanze possono cambiarti la vita, di come se non lotti tutto può andare perso. Le fumava, beveva, straparlava e poi se provavo a dire anche solo mezza cosa, ‘’occhio, giù botte’’…perchè la causa vera del suo malessere, o meglio, così lei diceva, ero io…io che la allontanavo da quella vita sociale che lei tanto amava, dagli affetti perché era obbligata a lavorare fuori dall’Italia e da quella tranquillità che forse a fatica lei si era costruita… ho indagato fino ad un certo punto sul perché di questo, ma poi, ho capito di non essere la persona giusta per comprenderlo…
Più si andava avanti con la sua ,e la mia di conseguenza, di età, più la sua consapevolezza diminuiva e la mia aumentava in quel range o mondo proibito delle sostanze, non solo come espedienti ma anche come pratica quotidiana del qualunque essere umano sulla terra… il mio interesse per quel mondo nasce quindi non solo da questo, ma anche e soprattutto dal ragionare sui tabù che la nostra epoca ha creato non solo a riguardo di questo, ma anche e soprattutto a riguardo di quelle che sono le pratiche per ovviare a certe problematiche mentali o non.
ESTRATTO N.2
La fuga.
Ad un certo punto a qualcuno di voi verrà in mente la domanda: perché non se n’è andata?
…l’ho fatto.
‘’quando avrai 18 anni potrai decidere per te stessa’’ era la frase altisonante…presa alla lettera. Andare via, cambiare casa, la solitudine, ciò che portava benefici da quel mondo, me stessa e basta. Ma questo non riusciva a tenermi lontana da quel pensiero di tornare a casa e trovarmela lì, anche se appunto, ero sola. Non è bastato e sarebbe stato così ancora per un po’… Perchè la questione è andata fuori da quei cosiddetti confini ‘’self-space’’ , è arrivata perfino in Cina perchè l’altra se ne stava laggiù a lavorare sempre, tra un viaggio e l’altro…facendomi catapultare in un dirupo di dubbi, sia nei confronti altrui,e quindi anche, nei miei stessi.
E come gestisci questo problema da una parte all’altra del mondo quando già l’hai fatto di persona, non è servito a nulla e non si è arrivati ad una conclusione?
Come reagisci al ricatto di quell’essere umano che mina ormai da sempre alla tua salute psico-fisica?
Come fai quando ti rendi conto che è tua madre a causare tutto? SCAPPI. Con il panico.
Ed è quello che è successo a me nel 2016 a seguito di uno dei numerosi episodi violenti all’interno della cosiddetta ‘’famiglia’’…chi mi conosce sa cosa intendo…
Sono seguiti altri due TSO, uno nel 2018 dopo mesi di soprusi sul lavoro con episodi chiarissimi di mobbing e non solo; e poi l’ultimo nel 2019…pochi e chiarissimi mesi fa a seguito di un’episodio chiave che per i curiosi sarò lieta di raccontare credendo che questo non sia il luogo per andare a fondo delle mie questioni personali perché tanto ho capito che ai piani alti non interessa…
Ai piani bassi però?
La questione ragazzi è molto semplice a parer mio: chiunque viva una situazione di ri-strettezza fisica, psicologia, logica e quindi pratica nella quotidianità cercherà sempre una via di fuga. Goffman, Focault e altr* consideravano le istituzioni totali, ovvero tutte le strutture ‘’sopra’’ il cittadino, come lo stato, il sistema carcerario o quello psichiatrico per esempio de-leggitimanti sia nei sistemi sia nelle pratiche, e questo è considerevole se si fa riferimento a casistiche come la mia, o come quella di molt* altr* che hanno subito in silenzio alcune decisioni prese a priori senza appunto, andare a fondo nella storia personale di ognuno di noi.
Perchè l’individuo nel mondo contemporaneo ha necessità di evasione?
Perchè il nichilismo abbattuto su di noi sta provocando questo?
Chi o cosa è causa e quindi provoca conseguenze?
Perchè succede proprio a lui/lei/loro?
Come possiamo ovviare a questi problemi senza crearne altri più gravi?
Ecco…queste sono le domande che in tre anni di abusi ho potuto constatare in me stessa, nei numerosi ‘’trip’’ che questo sistema mi ha gentilmente concesso, in un modo o nell’altro e considerate che la mia definizione di base senza variazione di linguaggio è immigrata di seconda generazione, malata mentale, perché bipolare.
O meglio… così loro credono…
perchè alla fine Goffman e la truppa (vorrei sottolineare che la politica è importante qui, ma non è una e una sola soltanto in questa lotta) hanno proprio ragione…e lo dicevano negli anni ‘70 all’avvenire di tutte quelle pratiche mediate e mediatiche che è stata l’inizio del neo-liberismo e degli ipotetici problemi con uno sguardo sul futuro sì ipotetico ma possibilmente reale.
E’ palese quanto sia importante per comprendere unire storie, cause e quindi conseguenze per rendere il fenomeno sensato. Questa ricerca si pone come obiettivo il voler mettere luce su questi aspetti.
ESTRATTO N.3
La critica.
Da piccola mi dicevano sempre che avrei potuto fare l’avvocato, a me è sempre piaciuto pensare di fare quello che avrei voluto fare quando sarebbe stato il momento di decidere.
Quindi, ipoteticamente, anche mai.
C’era la pubblicità (credo che il canale del digitale anche se non ho la televisione da almeno cinque anni sia tipo il 27) dove la signora e il signorotto locale d’alta borghesia provavano i materassi…ecco…quella era la cosa che mi ispirava.
Non fare nulla forse, o forse, decidere per me stessa senza vincoli su chi essere. Tolto che le aveva i tacchi e io non li porto mai, lui era pelato e abbastanza falso e boh, erano proprio persone che non consideravo degne di ascolto, televisivo tanto meno… sarà che le percepivo ‘’lontane’’ da me in tutti gli aspetti, ma anche perché forse mi rendevo conto di quanto il mondo circostante non fosse quello. Era la televisione, era uno schermo, ma in quello schermo io ci vedevo la metafora del mondo intero. Un mondo vuoto, dove per vendere una pentola ti agghindi a festa manco fosse capodanno per creare soldi nelle tasche delle persone che poi però, non rimangono mica alle persone!
E bene…il comunismo è sempre stato di casa, ma davvero mi volete dire che questa cosa è sensata?
Davvero siamo così scemi, falsi, ipocriti e a volte…ingenui?
Il Je Accuse di questo estratto è la semplice prova del fatto che sicuramente anche a te che stai leggendo sarà capitato ogni tanto (spero) di farti queste domande…spero perché capito, da lì a dare del pazzo a qualcun* è un attimo!! E quell’attimo può essere fatale per alcun* e indifferenza totale per altr*.
Al momento non c’è ben chiarezza nonostante la legge Basaglia e le numerose lotte di quali siano effettivamente le pratiche migliori per portare avanti questa questione…perchè attenzione, non dimentichiamoci che il focus di questo discorso è il REPARTINO, da cui però si possono imparare molte cose…
da lì a dare del malato mentale ad una persona per dei comportamenti ‘’stravanganti’’, ‘’fuori dalla NORMA’’, ‘’speciali’’, ‘’esuberanti’’ nei limiti che essi non siano nocivi per se stessi o per gli altri, non è un’argomentazione per fare di tutta l’erba un fascio e trascinare tutt* coloro i quali sono ‘’anormali’’ (che poi, di quale normalità si parla?) in un carcere normalizzato.
Questo non basta per abusare di questo potere per controllare chiunque abbia da dire o da fare qualcosa di diverso.
Questa è violenza e non si stanno trovando delle alternative nonostante ne abbiamo tutte le capacità…ma le volontà?
Appena ne avrò l’occasione mi piacerebbe raccogliere delle storie viste nei tre reparti di Roma, Rivoli e Torino per farne testimonianza di quanto in realtà questi problemi siano piuttosto comuni, anche magari per te che stai leggendo…
Voglio farlo perché credo sia di fondamentale importanza creare coesione nella critica costruttiva e de-costruente di un sistema impostato sul decoro, il benessere effimero e la spesa.
Che sia in termini di denaro che di vite umane.
O di CAPITALE SOCIALE così come ci chiamano da lassù oh popolo!
Ma sempre di capitale si parla…echecccavoli non se ne può più…ma possibile che abbiamo solo il profitto, la crescita, la curva che tende ad un infinito in un grafico dove la x e la y sono si assi, ma anche variabili insieme alla z?
E noi, ovviamente, non le consideriamo e manco per sogno consideriamo questo aspetto?
Credo sia di fondamentale importanza far luce su questo aspetto in merito alla constatazione del fatto che in TUTTE le tre realtà ci sia la mancata e constatata collaborazione di un’equipe non solo di medici psichiatri, ma anche di professionisti nella cura della persona come educatori, psicologi e psicoterapeuti.
ESTRATTO N.4
La pazzia.
eHHHHH (coro altisonante) e tu vorresti mettere in dubbio la medicina occidentale e tutti i lavori che sono stati fatti per arrivare a PROGRESSI del genere?’’
Io non metto in dubbio, io boicotto con tutta me stessa le pratiche violente come il TSO, come gli abusi in divisa, come il ‘’eh ma dovevamo contenerlo/a!’’ utilizzate per curare o meglio ridimensionare le persone.
Io sono contraria all’uso degli psicofarmaci senza la considerazione del trascorso personale ed individuale di ognun* di noi e sono fermamente convinta che alcune di queste pratiche vadano in qualche modo ricalcolate e rimesse in discussione.
La volontà dei piani alti ovviamente è sempre quella di ‘’preservare’’ il futuro partendo dal presente senza però considerare il passato… ‘’tieniti alle spalle quello che ti è successo…’’ ‘’ noi la tua storia non la sappiamo ‘’ (e forse neanche ci interessa?) ‘’ormai sei grande, buttati il passato alle spalle’’…
Crescere nel dolore o nella sofferenza, lor signori, crescere negli abusi e nei soprusi non significa non avere gli strumenti per andare avanti ma piuttosto avere difficoltà nel farlo e questo non può e non deve essere sanzionato o sanzionabile… le persone che ogni giorno vivono questo tipo di problematiche vanno sì aiutate, ma non con la moneta della violenza ma semmai con quella della gentilezza, mancanza riscontrata in tutti gli ambienti frequentati in questi tre anni che coinvolgono atteggiamenti sbagliati non solo di medici, ma anche degli stessi infermieri che dovrebbero essere i primi volontari nella cura dell’altro.
La violenza psicologica è a volte accompagnata da quella fisica in un contesto dove il tutto viene ribaltato secondo la logica del ‘’sano-malato’’ in cui questi termini vengono posizionati sul palco come attori principali con una dialettica narrativa nella quale non si è più sicuri di nulla se non della perdita di personificazione della persona stessa con conseguente perdita di identità progressiva…ricordo ancora i sei mesi di degenza dopo il primo incidente durante i quali per lo shock iniziale ho impiegato tutto quel tempo per ricominciare a sorridere, parlare, muovermi leggere, scrivere e fare di conto in una maniera normale…
ESTRATTO N.5
L’idea.
Questo paper si pone come obiettivo primario il voler analizzare la casistica per poi proporre una soluzione e nell’arco di questi tre anni in cui ho ricercato a lungo una risposta ai miei quesiti, posso ritenermi soddisfatta non solo di aver trovato delle idee, ma di non pensare mai che queste idee fossero bizzarre.
Se si desse la possibilità a psicologi, educatori, riabilitatori psichiatrici di permeare all’interno di queste strutture in modo tale da poter coadiuvare attività di ascolto umano ad attività ludiche come la pittura, la scrittura, la lettura, la musica, l’arte e il giardinaggio ci sarebbero degli ottimi risultati. Questo non solo perchè è bello e divertente, ma perchè tutti gli elementi elencati in precedenza sono degli ottimi catalizzatori di endorfine e serotonina che nella maggior parte dei casi sono molecole mancanti a livello biologico in tutti quei pazienti bombardati dai farmaci.
Ricordo tutti i giorni le facce sconvolte dentro il repartino, ricordo ogni giorno le lacrime delle donne che si vedevano brutte, la cattiveria degli uomini che non avevano neanche la possibilità di farsi una scappatella in pace e la vergogna sul volto dei giovani come me che sanno di non aver fatto nulla di sbagliato ma allo stesso tempo sanno di essere vittime dello stesso sistema.
Come fare per tirarsi su?
Come fare per reagire?
Io credo che il senso di comunità sia stato fondamentale in questo percorso che mi ha portata a conoscere meglio me stessa e gli altri attorno a me anche se non mi riferisco ‘’alla comunità normale’’ che starete pensando…perchè io in comunità non ci sono andata e non ci andrò dal momento che baso la mia esistenza su questo…ma ecco che invece penso a Marco (nome di fantasia) e Alessia (altrettanto nome di fantasia) che alla mia età hanno già tentato il suicidio un paio di volte e penso che tutto questo sia estremamente ingiusto. Ingiusto perchè si pensa che così facendo, ovvero portando queste persone in luoghi pseudo mistici dopo che hanno subito chissà quali ingiustizie altre, la via di salvezza sia vicina…ma come si fa a pensare a questo percorso quando ci sono già dei buchi nel mezzo della strada?
Come facciamo a passare dalla ferita al cerotto senza assicurarci che essa prima venga lavata, pulita, disinfettata e poi coperta?
Sarah Postit Destefanis