VOLANTINO del Collettivo Antipsichiatrico SenzaNumero sulla MORTE di ELENA in SPDC a Bergamo
riceviamo e volentieri pubblichiamo…
“Perché piangete la morte, se fate di tutto per soffocare la vita?”
Sabatino Catapano
Il 13 agosto a Bergamo, nell’azienda ospedaliera Papa Giovanni XXIII, divampa un incendio nella torre 7, nel reparto di psichiatria. Medici ed infermieri provvedono ad evacuare i pazienti rinchiusi in quel reparto ed in quelli adiacenti mettendosi in salvo. Qualcuno però non riesce a fuggire né viene tratta in salvo: si tratta di Elena, una ragazza di 19 anni ricoverata nel reparto di psichiatria. Nel comunicato dell’azienda ospedaliera, si dice che “la camera di degenza è stata completamente invasa dal denso fumo e delle fiamme” e che “la paziente era stata bloccata pochi istanti prima dell’incendio, a causa di un forte stato di agitazione, dall’équipe del reparto” e ciò ha reso impossibile un intervento che potesse salvarle la vita. Tra le righe si dice anche che forse l’incendio è partito proprio da quella stanza…Elena quindi è morta legata ad un letto, contesa. Come Franco Mastrogiovanni e come forse tanti altri di cui neppure conosciamo il nome.
Potremmo, come fanno in tanti, ricercare con dovizie di particolari il perché fosse stata legata e da quanto tempo, perché il personale medico ed infermieristico sia ricorso a questo provvedimento (ritenuto di estrema ratio), perché non stessero monitorando il reparto tramite le numerose telecamere di cui sono ampiamente dotati, inoltre prendere la sua cartella e capire perché si trovava in quel reparto e a quali trattamenti farmacologici fosse sottoposta…insomma, potremmo scavare, ricercare, indagare, alla ricerca della “verità” che ci mostri i parametri precisi dell’accaduto. Noi questo compito lo lasciamo ad altri (giornalisti, avvocati, pubblici ministeri ,giudici, ecc) e ci soffermiamo su un’altra verità. Quella che ci palesa che la contenzione, come l’elettroshock, il ricovero coatto (TSO), le terapie farmacologiche invasive ed incontrollate e svariate altre applicazioni violente e coercitive non sono un’eccezione, ma la pratica costante della psichiatria dalle sue origini sino ad oggi. Cambiano le leggi (la legge 180 è una delle leggi considerate all’avanguardia da tutta la psichiatria democratica italiana e non), cambiano i luoghi (i manicomi chiudono ed aprono Spdc e REMS), si aggiornano medici ed infermieri eppure i morti di psichiatria continuano ad aumentare. Psichiatri e professionisti del settore gridano a gran voce che tutto ciò non è violenza, è terapia, è la soluzione adottata, nel rispetto del paziente, per salvaguardare la sua salute e la Salute in senso più ampio, nel bene della collettività. Questo principio, ammantato di grossa levatura morale, può quindi servire nel caso in cui la nostra rabbia diventi eccessiva, oppure se siamo stanchi di vivere e vogliamo di nostra volontà abbandonare questo mondo, oppure perché siamo “diversi”, “fuori luogo”, “non normali” o bambini agitati o semplicemente stranieri. La psichiatria ha il dono, con il suo giudizio supremo, di porre opportuni rimedi ad ogni problema. Peccato che questi problemi e queste soluzioni abbiano un solo punto di vista che li giustifichi: quello della pseudo scienza psichiatrica. Ribadiamo ancora a gran voce che non c’è riforma o “giustizia” che possa porre fine a tutto ciò, se non la volontà di eliminare il pre-giudizio psichiatrico e tutti i luoghi nei quali viene formulato, riproposto ed applicato in maniera assolutamente indiscriminata. Perché siamo convinti, e la storia e le cronache anche recenti ce lo dimostrano, che nessuno/a può sentirsi estraneo/a a tutto ciò e dire “a lei/lui si..ma a me no…”. Ecco, sappiamo, anche per esperienza diretta, che quel lui e quella lei possiamo essere io, tu che stai leggendo, noi o chiunque tra le persone a noi vicine e care.
Ed è quindi con il pensiero rivolto ad Elena, Franco, Andrea, Giuseppe, Alda e tanti e tante altri/e che ribadiamo ancora una volta
NO ALLA PSICHIATRIA, NO ALLE SUE PRATICHE MORTIFERE, CHIUDIAMO I REPARTI
PER LA RETE SOCIALE E LA LIBERA ESPRESSIONE DEGLI INDIVIDUI
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO- ROMA